Premessa
L’8 aprile 2016 l’Agenzia delle Entrate ha pubblicato la Circolare n. 12/E (cfr. contenuti correlati), che ha “ufficializzato” i chiarimenti resi nel corso dell’incontro del 28 gennaio scorso con la stampa specializzata (Telefisco 2016), tra i quali riveste particolare importanza la risposta fornita riguardo la compilazione del quadro RW. In particolare, l’Amministrazione fiscale permette ora di considerare il rapporto finanziario estero – tipicamente un dossier titoli – come un’unica attività finanziaria, per la quale è possibile indicare in via sintetica i valori complessivi iniziale e finale, senza che rilevino le singole variazioni delle attività finanziarie che la compongono.
Tale interpretazione, tuttavia, seppur attesa da tempo, potrebbe essere una semplificazione solo a metà, in quanto lascia irrisolti sia alcuni dubbi interpretativi sia il problema dell’IVAFE.
Le criticità del passato
Occorre anzitutto ricordare che in presenza di un deposito titoli detenuto all’estero, che nel corso dell’anno è tipicamente interessato da numerose compravendite, la corretta compilazione del quadro RW imponeva di effettuare conteggi piuttosto laboriosi. La complessità derivava dal fatto che le attività di natura finanziaria che lo compongono dovevano essere valorizzate secondo i medesimi criteri utilizzati per il calcolo dell’IVAFE. A tal fine, il Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate n. 2012/72442 del 5 giugno 2012, nel prevedere che l’IVAFE – a differenza dell’imposta di bollo italiana – sia “rapportata ai giorni di detenzione”[1], richiede calcoli complessi che tengono analiticamente conto, per ogni singolo strumento finanziario, di ogni singola compravendita e del relativo periodo di possesso determinato con il metodo LIFO.
In secondo luogo, con l’introduzione dello scambio automatico delle informazioni fiscali dei conti finanziari (cd. “Common reporting standard – CRS” dell’OCSE), cui ad oggi hanno aderito a livello internazionale quasi 100 giurisdizioni tra cui figurano anche Paesi storicamente “opachi” come la Svizzera, Monaco e Liechtenstein, i dati più rilevanti oggetto di dichiarazione nel quadro RW saranno nella disponibilità dell’Amministrazione fiscale italiana. In base a tale standard, infatti, gli intermediari finanziari residenti nelle giurisdizioni partecipanti sono obbligati a raccogliere numerose e dettagliate informazioni relative ai conti finanziari e ai rispettivi titolari[2] fiscalmente residenti nelle altre giurisdizioni partecipanti, informazioni che, in seguito, sono scambiate automaticamente su base annuale tra le amministrazioni fiscali delle giurisdizioni partecipanti, permettendo a queste ultime di eseguire controlli e monitorare gli investimenti che i propri residenti detengono all’estero. La compilazione del quadro RW, quindi, diventerebbe un onere sostanzialmente inutile e potrebbe configurarsi come una misura restrittiva alla libera circolazione dei capitali – sia tra Stati UE sia tra Stati UE e Paesi terzi – espressamente vietata dal Trattato sul funzionamento dell’UE (art. 63, par. 1, del TFUE).
La semplificazione dell’Agenzia
Per far fronte alle suddette criticità, l’Agenzia è intervenuta con la Circolare in commento, dando autonoma rilevanza ai dossier titoli esteri nella misura in cui configurino un rapporto unitario di attività finanziarie. In tali casi – precisa l’Agenzia – l’adempimento dichiarativo può essere assolto compilando un unico rigo nel quale indicare il valore iniziale e quello finale del dossier rispettivamente all’inizio e alla fine del possesso, senza che rilevino le eventuali variazioni delle singole attività finanziarie che lo compongono. Ad esempio, si ipotizzi per semplicità un dossier composto da un unico titolo che, per ogni mese dell’anno, viene acquistato il primo giorno e venduto l’ultimo (risulteranno quindi 12 acquisti e 12 vendite nel corso dell’anno): in tale caso, prima occorreva compilare 12 righi indicando, per ciascun rigo, il valore di inizio possesso (costo d’acquisto del primo giorno del mese) e il valore di fine possesso (corrispettivo di vendita dell’ultimo giorno del mese) con i rispettivi periodi di possesso (31 giorni per gennaio, 28 per febbraio, etc.); ora è sufficiente compilare un solo rigo, indicando sinteticamente il valore del dossier a inizio e a fine anno, con l’indicazione di 365 giorni di possesso.
Le criticità (purtroppo) permangono
Non è chiaro, tuttavia, se le modalità di compilazione del quadro RW derivanti dalla presente semplificazione avranno effetto anche ai fini dell’IVAFE. Si spera ragionevolmente di sì, perché, se così non fosse, la semplificazione in commento sarebbe logicamente contraddittoria (oltreché sostanzialmente inutile). Inoltre, non è chiaro se il concetto di “rapporto finanziario unitario” debba comprendere, oltre agli strumenti finanziari, anche i conti correnti al servizio del dossier medesimo: un’interpretazione ragionevole dovrebbe propendere per l’esclusione dei conti, in quanto, diversamente, i medesimi sarebbero assoggettati all’imposta in misura proporzionale (2 per mille) anziché (più correttamente) a quella in misura fissa (€ 34,20).
Sarebbe opportuno, sul punto, un ulteriore chiarimento dell’Agenzia, anche in considerazione dell’avvicinarsi delle scadenze di UNICO 2016.
[1] In realtà, la norma istitutiva dell’IVAFE (art. 19, c. 20, del D.L. n. 201/2011) prevede che l’imposta sia semplicemente applicata sul valore delle attività finanziarie “al termine di ciascun anno solare”, in analogia all’imposta di bollo italiana; il Provvedimento IVAFE, pertanto, introduce un grado di dettaglio ulteriore che la norma istitutiva non richiede affatto.
[2] Sia persone fisiche sia entità (fondazioni, trust, società di sede etc.), per le quali sono oggetto di reporting anche i dati anagrafici e fiscali delle rispettive controlling persons.