1.Correva l’anno 2006 allorché, nella Relazione di valutazione su quella che era da poco divenuta la direttiva del 6 giugno 2002, n. 47 (di seguito, la Collateral Directive) relativa ai contratti di garanzia finanziaria (recepita in Italia con il decreto legislativo del 21 maggio 2004, n. 170 (di seguito, il D.Lgs. 170/04)), la Commissione – rivolgendosi al Consiglio ed al Parlamento Europeo – affermava che “è ancora troppo presto per valutare appieno se la direttiva abbia rafforzato l'integrazione e l'efficienza, sotto il profilo dei costi, dei mercati finanziari europei…”.
A circa un decennio dall’adozione della Collateral Directive è dunque lecito domandarsi se gli interrogativi esposti dalla Commissione abbiano trovato o meno una risposta e, parimenti, se gli obiettivi prefissati siano stati, anche solo parzialmente, raggiunti.
Nella prassi commerciale, l’avvento del D.Lgs. 170/04, inizialmente salutato con freddezza da parte degli operatori del diritto, registrò un lento ma progressivo aumento di interesse, con particolare riguardo alle innovazioni introdotte sul piano della costituzione e del perfezionamento delle garanzie finanziarie.
Nei mesi immediatamente seguenti l’adozione del D.Lgs. 170/04, infatti, il drafting dei security package di diritto italiano, predisposti a garanzia delle obbligazioni derivanti da operazioni finanziarie,non subì alcun tipo di mutamento.
Con la principale conseguenza che il perfezionamento dei pegni su azioni, dei pegni su conti correntie delle cessioni di crediti in garanzia continuò ad essere disciplinato come se nulla fosse cambiato, rimanendo praticamente immutate le previsioni contrattuali concernenti le relative perfection formalities (i.e., rispettivamente,(i) duplice annotazione delvincolo sul titolo e sul registro dell’emittente ovvero girata delle azioni ingaranzia, consegna dei titoli e annotazione nel libro soci, (ii) notifica alla banca depositaria e (iii) notifica e/o accettazione della cessione al debitore ceduto), tutte richieste con data certa.
Analogamente, le enforcement clauses (degli atti costitutivi di pegno) seguitarono a trovare nel combinato disposto degli articoli 2797 e 2798 cod. civ. il cardine primario intorno al quale ruotare.
Fu necessario attendere ancora qualche tempo prima che taluni riferimenti al D.Lgs. 170/04 iniziassero a fare la propria (timida) apparizione nel precipitato contrattuale dei security documents italiani.
In particolare, anche se in modo quasi indifferenziato rispetto all’oggetto del security interest, si poté notare un principio di ricezione convenzionale delle facoltà rese disponibili dalla nuova disciplina sulle garanzie finanziarielimitatamente alle sole procedure di escussione. Dal wording utilizzato, fu chiaro che i legal advisors non credettero da subito nella effettiva capacità del D.Lgs. 170/04 di innovare al preesistente quadro normativo, tant’è che l’escussione del collateral secondo le modalità consentite dal D.Lgs. 170/04 era prevista come una mera alternativa, rimessa all’insindacabile giudizio del secured creditor ovvero del security agent/common representative, rispetto all’escussioneda effettuarsi nelle forme tradizionalmente indicate. Né trovava maggiore spazio, salvo qualche sporadico richiamo al market valuedel bene gravato (talvolta rimesso alla determinazione di istituti finanziari, talaltra a quella di primarie auditing firms), la regolamentazione delle condizioni di realizzo delle attività finanziarie e dei criteri di valutazione delle stesse e delle obbligazioni finanziarie garantite,come invece richiesto dall’art. 8 del D.Lgs. 170/04.
Tali circostanze non potevano non ingenerare il dubbio che, nelle more delle prime pronunce giurisprudenziali in materia, la cautela fosse la chiave di lettura prescelta dagli operatori del diritto, non molto intenzionati ad avventurarsi su un terreno ancora così poco sicuro.
2.Dal 2004 ad oggi, il campo dei contratti di garanzia finanziaria ha formato oggetto di grande speculazione in dottrina. I contributi susseguitisi hanno ampiamente dibattuto i molteplici spunti offerti dal D.Lgs. 170/04, provvedendo a fornire le basi argomentative per il superamento di molteplici perplessità. Si pensi, a mero titolo esemplificativo, a quello che sembrava essere il principale nemico del recepimento nel nostro ordinamento del right of use e del right of substitution dell’oggetto della garanzia: il divieto di patto commissorio (art. 2744 cod. civ.); allo sdoganamento dei contratti di cessione in garanzia dei crediti come financial collateral arrangements; al riconoscimento della validità delle clausole di close-out netting; alla neutralizzazione della zero hour rule.
Se, da un lato (quello dottrinario), il D.Lgs. 170/04 sembra aver ricevuto piena cittadinanza, dagli altri (quello della prassi commerciale e quello giurisprudenziale), non può purtroppo dirsi altrettanto.
Guardando alla redazione contrattuale, infatti, non è dato riscontrare grandi cambiamenti nei testi dei documenti di garanzia, i qualisi sono di poco discostati dalle linee tracciate dai primi drafters.
Si può a ragione sostenere che l’onda delle potenzialità espresse dall’art. 2 e dall’art. 3 del D.Lgs. 170/04 non sia stata affatto cavalcata.Ci si sarebbe potuti spingere sino al punto di superare i tradizionali requisiti di perfection delle garanzie, “anche se previsti da vigenti disposizioni di legge” (come appunto recita l’art. 3 del D.Lgs. 170/04), ipotizzando forme e strumenti diversi ma pur sempre in grado di assicurare tanto la prova per iscritto del contratto di garanzia finanziaria quanto quella della prestazione della garanzia. E, invece, nella prassi commerciale continuano a riscontrarsi covenants(peraltro particolarmente gravosi per i collateral providers) come quelli che impongono – e.g., nel caso di cessione di crediti in garanzia – che la notifica della cessione sia effettuata a mezzo di ufficiale giudiziario (con conseguente obbligo di consegna della relata di notifica al collateral taker) e/o che l’accettazione da parte del debitore ceduto venga prodotta in originale e, ai fini della data certa, anche in copia conforme predisposta dal notaio.
Né, come pure sarebbe stato possibile ed auspicabile, ai fini di cui all’art. 9, lett. b), del D.Lgs. 170/04si è fatto ricorso a nuovi strumenti (quali, in via ipotetica, specifici solvency certificates da consegnarsi alla stipula del contratto di garanzia- specialmente laddove quest’ultima avvenga a distanza di tempo – in aggiunta alla documentazione normalmente richiesta come condition precedent all’erogazione dei finanziamenti ed alle usuali representations and warranties) volti a facilitare l’assolvimento dell’onere della prova della mancata conoscenza, ovvero dell’impossibilità della stessa, da parte del beneficiario all’epoca della prestazione della garanzia.
Sul versante giurisprudenziale, ciò che sicuramente colpisce è la scarna quantità di decisioni in materia. Pur spiegandosi in virtù della naturale refrattarietà di certe operazioni finanziarie a varcare la soglia dei tribunali(nonostante gli occorsi events of default), non vi è dubbio che tale dato abbia privato il D.Lgs. 170/04 di una ulteriore legittimazione della sua potente innovatività.
Tant’è che le poche pronunce che è dato rinvenire si limitano a risolvere per lo più questioni intertemporali con esclusivo riferimento ai contratti di pegno su titoli (Trib. Rimini, 27.11.2008), ribadendo quanto già previsto dal medesimo D.Lgs. 170/04 in merito alla registrazione degli strumenti finanziari sui conti degli intermediari ai sensi degli art. 30 e seguenti del decreto legislativo del 24 giugno 1998, n. 213, e l’annotazione del contante sul conto di pertinenza.
Non solo; talvolta, oltre a non rappresentare di certo un passo in avanti nell’ottica di dare piena attuazione alla normativa di cui al D.Lgs. 170/04, si rischia addirittura di avere la sensazione che si sia fatto un passo indietro.
Basti pensare che, sebbene sia pacificamente ritenuto che l’elencazione di cui all’art. 2704 cod. civ. non ha carattere tassativo, “poichéla stessa legge consente la possibilità di apprezzare come equipollente dei fatti enunciati espressamente anche un altro fatto che stabilisca in modo certo l’anteriorità della formazione del documento”, anche le decisioni che trattano del D.Lgs. 170/04 (Trib. Rovigo, 31.1.2005) sembrano non attribuire un grande rilievo a sistemi alternativi (come la prestazione di servizi postali ai sensi dell’art. 8 del decreto legislativo del 22 luglio 1999, n. 261, altrimenti conosciuta come “auroprestazione”) – non per questo meno sicuri o meno diffusi nella prassi degli affari – per l’individuazione della data (certa) di costituzione delle garanzie.
3.Da quanto illustrato pare dunque potersi trarre, inequivocabilmente, una sola conclusione: nonostante il quasi-decennio trascorsodall’adozione della Collateral Directive -riproponendo purtroppo le parole della Commissione – “è ancora troppo presto per valutare appieno se la direttiva abbia rafforzato l'integrazione e l'efficienza, sotto il profilo dei costi, dei mercati finanziari europei…”.