Il presente contributo analizza il tema delle politiche di remunerazione delle società quotate alla luce delle raccomandazioni fornite dal Comitato per la Corporate Governance in occasione del Rapporto annuale sull’applicazione del Codice di Corporate Governance.
1. Il Rapporto di corporate governance per il 2022 e le Raccomandazioni per il 2023
Il 25 gennaio 2023 il Comitato per la Corporate Governance ha approvato il Rapporto annuale relativo all’applicazione del Codice di Autodisciplina da parte delle Società quotate, il primo avente ad oggetto il nuovo Codice (ossia il Codice approvato il 31 gennaio 2020).
Il Comitato stesso ha provveduto contestualmente a formulare specifiche raccomandazioni in materia di politiche di remunerazione per l’anno 2023, volte a rafforzare le prassi e a favorire la corretta e puntuale applicazione dei principi e delle linee direttive del Codice, raccomandazioni trasmesse alle Società medesime mediante apposita lettera del Presidente del Comitato (indirizzata sia alle Società quotate aderenti al Codice di Autodisciplina che a quelle non aderenti, nella prospettiva di favorire l’estensione dell’applicazione delle relative disposizioni e prassi).
Nella lettera del Presidente, si invitano le Società a sottoporre il documento e le raccomandazioni a dibattito consiliare, con opportuni approfondimenti, dando conto della posizione delle Società in merito alle raccomandazioni stesse e alle eventuali iniziative adottate o previste per la conseguente evoluzione della governance.
In tale ambito è stata, in particolare, esaminata la materia relativa alle remunerazioni, il cui centrale rilievo nel perseguimento delle strategie aziendali è sancito a livello normativo sia di fonte primaria che di natura regolamentare: cfr. art. 123ter TUF, il quale, al comma 3bis prevede che “la politica di remunerazione contribuisce alla strategia aziendale, al perseguimento degli interessi a lungo termine e alla sostenibilità della società e illustra il modo in cui fornisce tale contributo”; con analoga impostazione, il Regolamento Emittenti prevede, all’art. 84quater, co. 2bis, che la politica in materia di remunerazione “indica come contribuisce alla strategia aziendale, al perseguimento degli interessi a lungo termine e alla sostenibilità della società ed è determinata tenendo conto del compenso e delle condizioni di lavoro dei dipendenti della società”.
Al citato tema delle remunerazioni sono dedicate le brevi note che seguono, con particolare riguardo alle raccomandazioni per l’anno 2023 in proposito formulate dal Comitato per la Corporate Governance.
2. Orizzonti di lungo periodo nelle politiche di remunerazione
Una prima raccomandazione espressa dal Comitato in materia di remunerazioni si fonda sul principio consolidato per il quale, per gli Amministratori esecutivi e per il top management, dev’essere definito un adeguato bilanciamento tra componente fissa e componenti variabili del complessivo pacchetto di compensi e retribuzioni.
E’ infatti noto e unanimemente condiviso che il trattamento economico deve tenere conto della necessità di attribuire agli Amministratori compensi adeguati, in rapporto a professionalità, competenza e impegni connessi alle funzioni oggetto della carica, e, al contempo, occorre che il pacchetto di remunerazione rifletta, altresì, l’esigenza che le prestazioni dei Manager siano funzionali alla creazione di valore nel medio-lungo termine, per gli azionisti, gli stakeholder e la Società stessa, ora anche nella logica del “successo sostenibile”, come, appunto, si esprime il nuovo Codice della Corporate Governance (v. art. 5).
In particolare, nella definizione dei parametri della remunerazione variabile, il Codice raccomanda che questi siano predeterminati, misurabili e legati in parte significativa a un orizzonte di lungo periodo (v. raccomandazione 27, lett. c) del Codice).
Nei propri indirizzi il Codice di Autodisciplina stabilisce, infatti, che la remunerazione degli Amministratori esecutivi e dei Dirigenti con responsabilità strategiche dev’essere definita in modo tale da rendere coerenti i loro interessi con il perseguimento dell’obiettivo prioritario della creazione di valore per gli azionisti nel medio-lungo termine.
I valori poc’anzi ricordati corrispondono, dunque a best practice da tempo consolidata e acquisita nel settore, ciononostante il Comitato, nel Rapporto relativo all’anno 2022, ha dovuto intervenire in argomento, avendo constatato che il 31% delle Società quotate non prevede meccanismi di remunerazione variabile legati a obiettivi di lungo termine (di cui il 19% prevede soltanto una componente variabile legata a obiettivi di breve termine e il 12% non prevede alcuna componente variabile).
Proprio in ragione della sopra detta situazione, il Comitato ha perciò ulteriormente raccomandato, in modo specifico, che le Società quotate per l’anno 2023 prevedano nelle politiche per la remunerazione componenti variabili aventi orizzonti pluriennali, in coerenza con gli obiettivi strategici della Società e con il perseguimento del successo sostenibile.
3. Parametri ESG per le remunerazioni degli Amministratori
La seconda raccomandazione su cui ci soffermiamo in questa sede – peraltro accomunata alla precedente dalla prospettiva di crescita strategica nel lungo periodo – attiene all’esigenza di attuare i parametri di remunerazione legati al perseguimento del valore della sostenibilità, elevata a principio di fondo della governance delle Quotate: l’art. 1 del Codice, sotto la rubrica Principi, prevede infatti al primo punto il precetto per cui “L’Organo di amministrazione guida la Società perseguendone il successo sostenibile”.
Principio che viene poi richiamato nell’art. 5 del Codice, laddove si prevede che la politica per la remunerazione è funzionale al perseguimento del successo sostenibile della Società; e nella già citata raccomandazione n. 27 lett. c) dello stesso Codice, laddove si chiarisce che gli obiettivi di performance, cui è legata l’erogazione delle componenti variabili, devono essere coerenti con gli obiettivi strategici della Società ed essere finalizzati a promuoverne il successo sostenibile, comprendendo, ove rilevanti, anche parametri non finanziari.
Si parla, dunque, di Environmental Social Governance e di corrispondenti obiettivi “ESG”, tema da alcuni anni e tutt’oggi di larghissima diffusione nelle sensibilità e nelle attenzioni generali sia degli operatori economici che nella pubblica opinione: i valori considerati sono, appunto, quelli inerenti alla tutela dell’ambientale (“Environmental”) riguardanti l’esigenza di favorire processi produttivi con minore impatto ambientale; quelli di sostenibilità sociale (“Social”) riferiti fra l’altro alle relazioni di lavoro, all’inclusione, al benessere della collettività nonché al rispetto dei diritti umani; il tutto coniugato con i principi di governo societario (“Governance”).
Il Comitato, nel proprio Rapporto 2022, ha in proposito osservato che l’integrazione degli obiettivi di sostenibilità dell’impresa nel lungo termine dovrebbe influire, nell’ottica di una buona governance, anche sugli obiettivi cui è parametrata almeno in parte la remunerazione variabile degli Amministratori esecutivi.
Sempre il Comitato, ha registrato un aumento dei casi in cui almeno parte della remunerazione variabile appare espressamente legata a obiettivi di performance non finanziaria, a dimostrazione della maggiore attenzione delle Imprese per l’utilizzo di criteri legati al raggiungimento di obiettivi strategici di tipo ambientale e sociale, situazione verificata soprattutto nelle Società di grandi e medie dimensioni.
Il Rapporto per l’anno 2022, peraltro, rileva che la qualità di tali obiettivi varia significativamente. Circa il 40% delle Società ha previsto chiari obiettivi: ambientali (32%) e/o obiettivi di natura sociale (di cui il 5% per obiettivi di salute e sicurezza sul lavoro o legati alla catena di fornitura; 6% per obiettivi di welfare aziendale, inclusa la diversity), mentre nel restante circa 60% dei casi le società continuano a prevedere obiettivi generici di “ESG” o di “sostenibilità” che non rispondono ai criteri di misurabilità raccomandati dal Codice per le componenti variabili.
In questo ambito si può osservare che le politiche remunerative delle Società quotate forniscono normalmente informazioni sui parametri cui è legata la remunerazione variabile, tuttavia quasi tutte le politiche fanno riferimento almeno a un indicatore di matrice contabile e in molti casi si collega l’erogazione e l’entità della remunerazione variabile anche al raggiungimento di obiettivi di business quali, ad esempio, il raggiungimento di specifici obiettivi strategici, operazioni straordinarie, di crescita o sviluppo internazionale; mentre si registra recentemente la diffusione dell’impiego di obiettivi legati alla sostenibilità, alla consumer satisfaction o al contenimento dei rischi reputazionali o legali.
Le tendenze riscontrate nella pratica vanno anche valutate tenendo a mente che, pur a fronte della larga attenzione ai principi in materia ambientale e sociale di cui s’è detto, mancano ancora consolidati standard, condivisi a livello internazionale, per la valutazione della sostenibilità e per la corrispondente determinazione di rating ESG.
Si può altresì osservare che il monitoraggio Assonime, sempre del 2022, ha riscontrato che quasi la totalità delle Società quotate aderenti al Codice dichiarano di aderire alla raccomandazione sul perseguimento del successo sostenibile e circa tre quarti di esse ha inoltre fornito informazioni sulle modalità attraverso le quali questo principio guida si declina nella governance societaria: nella maggior parte dei casi, si tratta di Società che illustrano l’integrazione degli obiettivi ambientali e sociali nelle proprie strategie o forniscono informazioni circa l’adozione di politiche o piani ambientali o sociali; alcune Società hanno inserito tale obiettivo nello scopo sociale statutario.
Sussistono, dunque, significative opportunità di attuazione e di miglioramento nella definizione degli obiettivi ambientali e sociali, con possibili aree di intervento e implementazione degli atti e delle strutture di governance che interessano un numero significativo di Società in tutte le classi dimensionali.
In particolare, tra gli elementi considerati per l’esame della concreta attitudine delle Società a perseguire il successo sostenibile, si possono valorizzare l’introduzione di competenze in materia di sostenibilità all’interno del Consiglio di amministrazione, gli incentivi ad accrescere la considerazione dei temi di sostenibilità, nonché l’istituzione di appositi comitati interni.
Inserendosi nel complessivo quadro sopra esaminato, il recente intervento del Comitato per la Corporate Governance, come detto, ha in particolare sottolineato, da un lato, l’aumento dei casi in cui almeno una parte della remunerazione variabile appare espressamente legata a obiettivi ESG, con dati in significativo aumento rispetto al passato, il che dimostra una maggiore attenzione delle Imprese per l’utilizzo di parametri di performance legati al raggiungimento di obiettivi strategici di tipo ambientale e sociale, soprattutto nelle Società di grandi e medie dimensioni; e, d’altro lato, ha però rilevato che ancora una parte significativa delle politiche preveda, accanto a concreti parametri riconducibili alla materia ambientale e sociale, altri parametri meramente generici di “sostenibilità” o “ESG”.
Il Comitato ha pertanto concluso invitando le Società quotate a compiere sforzi tesi a favorire l’indicazione di più precisi parametri ESG al fine di assicurare la misurabilità della relativa componente.
Concludendo, la raccomandazione per il 2023 espressa dal Comitato in proposito è, quindi, fondata sulle considerazioni sopra dette e si esprime mediante l’invito a prevedere meccanismi di incentivazione del CEO e di altri Amministratori esecutivi legati a obiettivi di sostenibilità, fornendo, anche al riguardo, chiare indicazioni degli specifici obiettivi da raggiungere.