La questione di diritto controversa
Il curatore può o meno esercitare la facoltà concessagli dall’art. 72 l.fall. di sciogliere un contratto preliminare – con il quale l’imprenditore poi fallito ha promesso in vendita un immobile a un terzo – qualora il terzo promissario acquirente abbia trascritto, prima del fallimento del promittente venditore, la domanda ex art. 2932 c.c. volta a ottenere dal giudice una pronuncia costitutiva del trasferimento rimasto inadempiuto? Secondo le Sezioni Unite la risposta è negativa (per il testo del provvedimento v. contenuti correlati).
La questione, oggetto di contrasto giurisprudenziale, era già stata affrontata dalla Suprema Corte a Sezioni Unite, in particolare nel 2004 con la sentenza n. 12505. In quell’occasione, per la prima volta, era stato enunciato il principio di diritto riproposto nel provvedimento in commento, opposto rispetto all’orientamento consolidatosi fino ad allora. Nello specifico, era stato affermato che, qualora la domanda diretta a ottenere l’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere il contratto oggetto del preliminare sia stata trascritta anteriormente alla dichiarazione di fallimento, la sentenza di accoglimento, anche se trascritta successivamente al fallimento, sarebbe opponibile alla massa dei creditori, cosicché verrebbe impedito al curatore di avvalersi del proprio generale potere di sciogliersi da un contratto ai sensi dell’art. 72 l.fall.
Tuttavia, la mancata uniformità nell’applicazione del principio di cui sopra da parte della giurisprudenza di legittimità successiva ha portato le Sezioni Unite a doversi pronunciare nuovamente con la sentenza in commento. Peraltro, pur non discostandosi dall’orientamento assunto nel 2004, è stata un’occasione per la Suprema Corte per ripercorrere in modo chiaro e lineare i limiti ai poteri del curatore in una fattispecie specifica come quella in esame.
Gli effetti del fallimento sui rapporti giuridici pendenti: dalla disciplina generale a quella particolare per il contratto preliminare di compravendita immobiliare trascritto
L’art. 72 l.fall. prevede che, qualora un contratto sia ancora ineseguito o non compiutamente eseguito da entrambe le parti al momento della dichiarazione di fallimento di una di esse, il curatore nominato possa scegliere se subentrarvi ovvero sciogliersi da esso.
Come ricordato dalla sentenza in commento, a seguito della novella di cui al d.lgs. 169/2007, nei contratti a effetto reale il rapporto è da intendere ineseguito – ed è pertanto pendente – qualora non si sia verificato, al momento del fallimento, l’effetto traslativo del diritto.
La regola generale è quella in precedenza enunciata: l’esecuzione del contratto rimane sospesa, finché il curatore (con l’autorizzazione del comitato dei creditori) non dichiari di subentrare nel contratto al posto del fallito, ovvero decida di sciogliersi da esso.
Peraltro, lo stesso art. 72 l.fall. non solo prevede (al terzo comma) l’applicazione della disciplina generale anche alla specifica fattispecie del contratto preliminare di compravendita – eccezion fatta per quanto previsto dall’art. 72-bis l.fall. per i contratti per immobili da costruire – ma altresì (al settimo comma) all’ipotesi del contratto preliminare di compravendita immobiliare trascritto a sensi dell’art. 2645-bis c.c. (purché non abbia a oggetto un immobile a uso abitativo destinato a costituire l’abitazione principale dell’acquirente o di suoi parenti e affini entro il terzo grado, ovvero un immobile non abitativo destinato a costituire la sede principale dell’attività d’impresa dell’acquirente).
Al contrario, la norma non disciplina l’ulteriore ipotesi di contratto preliminare di compravendita immobiliare rimasto sì ineseguito, ma con proposizione e trascrizione – antecedente alla dichiarazione di fallimento – da parte del promissario acquirente, di una domanda di esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere il contratto (ex art. 2932 c.c.). Tale lacuna legislativa ha portato la Corte di Cassazione a pronunciarsi in più riprese in modo differente, così determinando il contrasto giurisprudenziale.
Il caso specifico esaminato dalle Sezioni Unite nel 1999 e nel 2004
Se, come ricordato dalla Suprema Corte, non crea problemi interpretativi l’ipotesi di un contratto preliminare di compravendita immobiliare con domanda giudiziale ex art. 2932 c.c. proposta prima della dichiarazione di fallimento, ma non trascritta, ovvero trascritta successivamente alla sentenza, poiché in tal caso si applicherebbe pacificamente la disciplina generale dell’art. 72 l.fall., lo stesso non si può dire per la diversa ipotesi oggetto del contrasto giurisprudenziale.
Per lungo tempo, la Suprema Corte ha ritenuto che la trascrizione della domanda di esecuzione in forma specifica prima del fallimento del promittente venditore non determinasse il venir meno della disciplina generale di cui all’art. 72 l.fall., poiché la trascrizione della domanda giudiziale anteriore al fallimento pareva avesse l’unico effetto di renderla opponibile al curatore. Pertanto, secondo tale orientamento, il curatore del fallimento del promittente venditore rimaneva titolare del potere di sciogliere il contratto preliminare, con l’unico onere – al fine di evitare l’accoglimento della domanda, come detto opponibile – di esercitare la propria facoltà fino a quando non fosse stato stipulato il contratto definitivo, ovvero fosse passata in giudicato la sentenza pronunciata ai sensi dell’art. 2932 c.c.
In virtù dell’indirizzo che precede, la scelta del curatore di sciogliersi dal rapporto contrattuale veniva così a essere un fatto impeditivo all’accoglimento della domanda di esecuzione in forma specifica proposta, seppur trascritta prima della dichiarazione di fallimento.
Conferma di tale orientamento veniva fornita dalle stesse Sezioni Unite con la sentenza n. 239 del 1999: il fallimento del promittente venditore, secondo la Suprema Corte, segnerebbe una fase di arresto nella formazione del negozio, poiché verrebbe meno per il fallito il potere di disporre e amministrare il patrimonio e, di conseguenza, con lo spossessamento prodotto dalla sentenza dichiarativa di fallimento, sarebbe impedito l’effetto traslativo derivante dall’esecuzione specifica della promessa di vendita del bene. La Suprema Corte avallava tale orientamento con una lettura testuale dell’art. 2932 c.c., secondo il quale l’esecuzione specifica potrebbe essere eseguita solamente “qualora sia possibile”. Evidentemente lo spossessamento del debitore rendeva, a giudizio della Corte, impossibile l’esecuzione.
Di opposto avviso sono state le Sezioni Unite del 2004, che in particolare hanno criticato l’assunto di fondo, ovverosia che la domanda del promissario acquirente non possa trovare accoglimento seppur trascritta antecedentemente al fallimento.
Secondo la sentenza n. 12505 del 7 del luglio 2004, la trascrizione della domanda di esecuzione in forma specifica del contratto preliminare di compravendita, avvenuta mentre il promittente venditore si trovava ancora in bonis, renderebbe non solo il giudizio opponibile al curatore, ma altresì impedirebbe al curatore medesimo di avvalersi della facoltà di cui all’art. 72 l.fall.: gli effetti di un eventuale accoglimento della domanda, infatti, retroagirebbero alla data di trascrizione della domanda, cosicché il bene immobile sarebbe escluso dal patrimonio del fallito fin da tale momento. Quanto precede, peraltro, non contrasterebbe con le previsioni di cui all’art. 45 l.fall., che considera senza effetto per i creditori le formalità necessarie per rendere opponibili gli atti ai terzi qualora siano compiute dopo la dichiarazione di fallimento.
Inoltre, l’apparato normativo di cui agli artt. 2932 e 2652, comma 1, n. 2), c.c. avrebbe in sostanza conferito al contratto preliminare lo stesso effetto, seppur differito, del contratto definitivo, cosicché l’incertezza verrebbe a essere nell’an,ma non nel quando. Infatti, il dubbio sarebbe solamente legato al raggiungimento o meno di una sentenza costitutiva di esecuzione in forma specifica, con inopponibilità di tutti i diritti trascritti o iscritti a seguito della trascrizione della domanda.
In più, sempre per confermare la ratio delle predette norme, ogni eventuale dubbio sarebbe sanato dall’art. 2645-bis c.c.: la trascrizione del contratto definitivo o di altro atto che costituisca comunque esecuzione del contratto preliminare, ovvero della sentenza che accolga la domanda diretta a ottenere l’esecuzione in forma specifica, infatti, prevarrebbe sulle trascrizioni e iscrizioni eseguite contro il promittente alienante dopo la trascrizione del contratto preliminare.
Le Sezioni Unite del 2015
Ora, con la sentenza in commento le Sezioni Unite hanno ribadito il proprio orientamento del 2004, confutando sinteticamente le argomentazioni in senso contrario.
In primo luogo, hanno replicato all’analisi letterale dell’art. 72, co. 7, l.fall.: l’esclusione esplicita del potere del curatore di sciogliersi dal contratto preliminare in specifiche situazioni non implicherebbe la titolarità di tale potere in tutti gli altri casi. Infatti, secondo le Sezioni Unite, tale criterio ermeneutico non sarebbe risolutivo, poiché non vi sarebbero elementi per ritenere che i casi citati dall’art. 72 l.fall. rappresentino l’eccezione a una regola di segno opposto o, al contrario, siano un’applicazione specifica della regola stessa.
Allo stesso modo, l’avvenuta cristallizzazione del patrimonio del debitore fallito con la dichiarazione di fallimento non lo renderebbe insensibile alle vicende giuridiche successive, proprio perché, in caso di trascrizione di una domanda giudiziale di esecuzione in forma specifica del contratto preliminare, sarebbe cristallizzata nella sfera giuridica del fallimento anche la pretesa giuridica del promissario acquirente.
In più, due criteri ermeneutici fondamentali confuterebbero ogni orientamento differente da quello sostenuto nel 2015 dalle Sezioni Unite: il criterio sistematico e quello della ratio legis.
Nello specifico, da un punto di vista prettamente sistematico è da tenere presente che, sia dall’analisi della disciplina fallimentare (art. 45 l.fall.), sia da quella civilistica (artt. 2652, 2653 e 2915, co. 2, c.c.), sarebbe desumibile l’opponibilità ai creditori fallimentari non solo degli atti posti in essere e trascritti dal fallito prima della dichiarazione di fallimento, ma anche delle sentenze pronunciate dopo tale data, qualora le relative domande siano state in precedenza trascritte.
Peraltro, tutto l’apparato normativo esistente (ivi incluso l’art. 2652, n. 2, c.c.) porterebbe le Sezioni Unite a confermare il proprio orientamento anche nel caso di trascrizione della domanda ex art. 2932 c.c. antecedente alla dichiarazione di fallimento. E ciò non violerebbe in alcun modo la par condicio creditorum: il contratto preliminare, infatti, avrebbe in sé “potenzialmente incapsulato” (parole della Suprema Corte) l’effetto traslativo – garantito dal meccanismo giuridico della sentenza ex art. 2932 c.c. e della domanda giudiziale relativa – il che lo porterebbe ad avere già intrinsecamente un effetto traslativo, seppur differito.
Infine, anche il criterio della ratio legis spingerebbe ancora una volta verso l’orientamento sostenuto dalle Sezioni Unite. Del resto, nel bilanciamento fra interessi confliggenti – come quello del promissario acquirente di vedere riconosciuto il proprio diritto tramite la tutela processuale e quello della massa dei creditori (tramite il curatore) di impedire la fuoriuscita di beni dal concorso fallimentare – il Legislatore sembrerebbe propendere per la tutela del promissario acquirente. Infatti, per evitare che la durata del processo danneggi chi è “nel giusto”, avrebbe costruito il meccanismo della trascrizione, così divaricando la produzione dell’effetto traslativo: la sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c. fisserebbe l’an dell’effetto traslativo, mentre la domanda giudiziale determinerebbe il quando.
Pertanto, conclude la Suprema Corte, la norma sulla trascrizione delle domande giudiziali dovrebbe essere letta secondo una interpretazione costituzionalmente e convenzionalmente orientata, evitando che la durata del processo possa compromettere la realizzazione di quella piena tutela di cui il promissario acquirente avrebbe diritto di godere secondo il diritto sostanziale.
Alla luce di tutto quanto precede, quindi, il curatore, in caso di domanda di esecuzione in forma specifica di un contratto preliminare di compravendita immobiliare proposta anteriormente alla dichiarazione di fallimento del promittente venditore e riassunta nei confronti del curatore, manterrebbe la titolarità del potere di scioglimento dal contratto ai sensi dell’art. 72 l.fall., ma, in caso di trascrizione della domanda prima del fallimento, il proprio diritto non sarebbe opponibile nei confronti dell’attore promissario acquirente ai sensi dell’art. 2652, n. 2, c.c.. Così facendo, la trascrizione della domanda ex art. 2932 c.c. prima della dichiarazione di fallimento non impedirebbe al curatore il recesso dal contratto preliminare, bensì la possibilità che tale scelta possa produrre effetti giuridici nei confronti del promissario acquirente.
Per concludere, quindi, anche a fronte dell’esercizio di tale facoltà da parte del curatore, il giudice potrebbe accogliere la domanda ex art. 2932 c.c. con una sentenza che, se trascritta, retroagirebbe al momento della trascrizione della domanda, così sottraendo il bene alla massa attiva. Al contrario, in caso di mancato accoglimento della domanda trascritta, l’effetto prenotativo generato dalla trascrizione verrebbe meno e renderebbe efficace, e opponibile al promissario acquirente, la scelta del curatore di sciogliersi dal rapporto.
Tramite il bilanciamento degli interessi di cui sopra, quindi, le Sezioni Unite avrebbero mantenuto inalterato il diritto del curatore garantitogli dall’art. 72 l.fall., ma ne avrebbero affermato la non opponibilità al promissario acquirente, qualora quest’ultimo abbia trascritto prima del fallimento la domanda di esecuzione in forma specifica in seguito accolta.