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Note

Rastrellamento di azioni, delisting ed il fantasma dell’insider di se stesso

18 Febbraio 2013

Aldo Laudonio, ricercatore in Diritto Commerciale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi ‘Magna Graecia’ di Catanzaro

Sommario*: 1 – Ricostruzione della vicenda processuale; 2 – Le sfuggenti ragioni a fondamento della scelta punitiva; 3 – Il requisito dell’alterità dell’informazione rispetto al suo utilizzatore; 4 – Il requisito della liceità dei propositi dell’insider; 5 –  Conclusioni

 

1. La sentenza del giudice amministrativo di prime cure che qui si commenta si segnala all’attenzione per l’assoluta novità della questione giuridica da esso affrontata in tema di abuso di informazioni privilegiate1 e per i vari nodi interpretativi che essa coinvolge, affrontandoli più o meno approfonditamente nel suo argomentare.

Riassumendo brevemente i fatti che hanno dato origine alla vicenda processuale approdata al suo primo riesame, va ricordato che a fine marzo del 2008 venne comunicata la decisione di promuovere sulle azioni della ALFA s.p.a. un’offerta pubblica di acquisto totalitaria da parte di altre società appartenenti al gruppo in cui essa era inserita2 (BETA s.r.l., DELTA s.a.), nonché dal suo azionista di controllo e presidente del c.d.a., TIZIO; suo figlio, CAIO, ricopriva la carica di amministratore delegato della ALFA s.p.a..

Tale offerta, realizzatasi tra il 12 maggio 2008 ed il 13 giugno 2008, si inseriva in una più ampia operazione finalizzata alla revoca dalla quotazione (delisting) delle azioni della ALFA s.p.a. e per realizzarla era stata costituita ad hoc la GAMMA s.r.l., posseduta interamente da BETA s.r.l. il cui amministratore delegato era SEMPRONIO.

In seguito al conseguimento del controllo totalitario sulla ALFA s.p.a. da parte della GAMMA s.r.l., ne fu quindi deliberato il delisting.

Due anni dopo tali eventi, la CONSOB dispose una verifica sullo svolgimento dell’o.p.a. e dall’esito del procedimento, assunse la deliberazione oggi annullata con cui applicava sanzioni pecuniarie ed interdittive nei confronti delle persone fisiche coinvolte (per violazione dell’art. 187-bis TUF), nonché una sanzione pecuniaria alla BETA s.r.l. (ai sensi dell’art. 187-quinquies TUF). La motivazione di tali condanne era incentrata sul fatto che antecedentemente al lancio dell’o.p.a. prima ricordato (e, più esattamente, tra il 9 gennaio ed il 20 febbraio 2008), la BETA s.r.l. aveva proceduto all’acquisto di un quantitativo di azioni della ALFA s.p.a. ad un prezzo medio ponderato inferiore a quello poi corrisposto in occasione dell’o.p.a. (rispettivamente: 2,27 € per azione e 3 € per azione), così sfruttando, secondo la CONSOB, l’informazione privilegiata concernente l’imminente proposizione dell’offerta d’acquisto totalitaria finalizzata al delisting3.

Nell’annullare il provvedimento sanzionatorio della CONSOB, il TAR ha fornito una soluzione condivisibile nel suo esito per i motivi che di seguito si esporranno, ma, al contempo, criticabile nella sequenza della trattazione delle questioni sottoposte alla sua attenzione, così mettendo – forse inconsapevolmente – a nudo la complessità di una fattispecie punitiva dai contorni ancora non ben delineati e la natura pervicacemente sfuggente del bene giuridico oggetto di tutela nelle previsioni del TUF4. Ed invero, se l’anticipazione della disamina circa la precisione dell’informazione rispetto alle valutazioni sulla liceità della condotta del c.d. “insider di sé” rispecchia dichiaratamente l’impostazione del ricorso dei soggetti sanzionati, cionondimeno tali problematiche avrebbero forse meritato una esposizione invertita; con ogni probabilità, attraverso questa inversione si sarebbe potuto raggiungere le medesime soluzioni, fugando tuttavia taluni dubbi di non scarso peso che l’iter logico-argomentativo seguito si presta ad alimentare.

2. Indispensabile al discorso che si articolerà per commentare la sentenza è la premessa in base alla quale l’insider trading si traduce nello sfruttamento abusivo di un particolare rapporto intercorrente con la fonte dell’informazione – e ciò è tanto più vero nei confronti dei c.d. insiders primari, a cui esclusivamente si dirige la sanzione penale oggi5, e per i quali è sicuramente appropriato ricorrere alla definizione di abuso funzionale6 -, abuso che si ripercuote sul mercato finanziario alterandone le normali condizioni di rischiosità ed i meccanismi di formazione dei prezzi a vantaggio del suo autore7.

Più specificamente, il soggetto “iniziato” sfrutta in anticipo l’apprendimento delle informazioni a cui può attingere in virtù di un rapporto con la loro fonte che a buon diritto può definirsi privilegiato – in ragione della singolarità della situazione in cui si trova colui che le percepisce rispetto alla platea dei “profani” -, per poi orientare le proprie scelte operative sul mercato sottraendosi in tutto o in parte alle condizioni di rischio a cui sono esposti tutti gli altri agenti, ancora ignari di tali notizie8.

Cosicché, a voler riprendere e sviluppare un accostamento già da altri proposto9, si potrebbe dire che l’insider si comporta come quel giocatore di poker che, vedendo in uno specchio le carte di un avversario, orchestri le proprie puntate in modo da sfruttare tale conoscenza per sottrarsi al naturale azzardo del gioco. All’estremo opposto, certamente non si può concepire che lo stesso gioco, se praticato a carte scoperte, possa presentare qualsivoglia alea: sarebbe invero privato del suo stesso nucleo e ragion d’essere.

Traendo spunto da questa suggestiva similitudine per ricollegarci un istante alla realtà normativa, va analogamente sottolineato che oggi la dottrina dominante è incline ad escludere che il bene tutelato dall’incriminazione dell’insider trading sia la parità informativa (potenziale – c.d. equal access – o effettiva) degli operatori sul mercato finanziario10: essa è pressoché unanimemente considerata un’astrazione, un ideale cui verso cui l’ordinamento mostra di sicuro tensione, tuttavia – è bene ribadirlo – un ideale certamente irraggiungibile, pena l’impossibilità di funzionamento del mercato stesso.

Anzi, proprio la persistente vaghezza dell’intento di ristabilire la “fiducia del pubblico” nell’“integrità” e nel “regolare funzionamento dei mercati finanziari”11 più volte enunciato dal legislatore europeo (così nel III, IV, V e VI considerando della direttiva 89/592/CEE, ove pure campeggiava la “parità delle condizioni” tra investitori, nonché, in una prospettiva di sostanziale continuità per quanto riguarda la credibilità e l’appetibilità del mercato12, nel II, XII, XIII, XXIV, XXXIV e XLIII considerando della direttiva 2003/6/CE13) ha spinto vari autori a sottolineare l’“emblematicità”14, la “valenza essenzialmente promozionale e educativa” ed il “significato essenzialmente eticizzante”15 o moralizzatore16 della sanzione penale (ed oggi anche amministrativa) dell’abuso di informazioni privilegiate. Peggio ancora, continua a delinearsi il grave rischio di confusione tra fini ed oggetto della tutela penale17 precisamente perché la fattispecie in questione non trasmette una chiara definizione del disvalore di varie condotte che – benché qualificate unitariamente come “abuso” e nonostante la discontinuità testuale rispetto alle previsioni della l. 157/1991 – si concretizzano sostanzialmente in violazioni di diversi obblighi di astensione in presenza della consapevolezza della natura delle informazioni sfruttate, né identifica il rapporto che essa abbia con interessi individuali meritevoli di tutela o con beni giuridici nettamente individuati. L’incapacità di delineare con sufficiente precisione i valori protetti dalle comminatorie sugli abusi di informazioni privilegiate rispecchia una questione assiologica tuttora irrisolta da parte del legislatore europeo e nazionale, la quale, a sua volta, condiziona severamente l’interpretazione e l’applicazione dei precetti proprio in un settore che richiederebbe il più alto grado di chiarezza18. La scelta sanzionatoria così si ammanta, nella sua genericità, di svariate funzioni, tra cui, principalmente, quella di adeguare i comportamenti degli investitori ad un paradigma evidentemente “imperfetto” e di legittimare una certa deontologia del mercato finanziario, mentre passa in secondo piano l’esigenza di reprimere azioni che immediatamente manifestino un intrinseco contenuto lesivo sul piano patrimoniale (di difficilissima individuazione e quantificazione per l’insider trading, come testimoniato dalla mole dell’impegno che la dottrina, specialmente civilistica, ha profuso al riguardo19) oppure presentino elementi di pericolosità, anche solo presunta20.

3. A questo punto, è opportuno cercare di introdurre un’ipotesi che si avvicini al problema affrontato dal giudice amministrativo ed allo scopo, riprendendo il parallelismo con il poker pur con tutta la cautela che l’imperfezione dell’analogia suggerisce, sembra di poter richiamare la condotta di chi commisura in modo più o meno proporzionale l’ammontare della propria puntata al valore della combinazione di carte che ha in mano. Una simile decisione è lecita alla stessa stregua in cui è lecito effettuare una qualsiasi scelta di gioco (effettuare un bluff, ritirarsi, cambiare le carte…): è ossia necessario che non siano falsate le condizioni dell’azzardo comuni a tutti i giocatori, cosa che invece certamente accadrebbe se la volontà del giocatore fosse influenzata da un elemento “esogeno” (come prima illustrato).

Per quanto sinora affermato, la certa inidoneità delle norme sull’abuso di informazioni privilegiate ad introdurre e proteggere un’irrealizzabile parità informativa sui mercati finanziari non consente già in partenza di punire la condotta di chi agisce esclusivamente sulla scorta delle proprie decisioni21: non si può certo ritenere che si sia indebitamente conseguita una posizione di privilegio informativo solo perché si è maturata la risoluzione di effettuare una certa operazione finanziaria.

Una simile conclusione è tuttavia insoddisfacente, una volta dimostrato che la parità informativa ha ormai abbandonato il campo dell’elaborazione normativa e della sua interpretazione.

Per altro verso, ai fini della risoluzione della questione qui affrontata, non si reputa necessario invocare l’esistenza di un “diritto di proprietà” sull’informazione da parte di chi la ha “creata”, diritto che si tradurrebbe in sostanza nella facoltà di sfruttare esclusivamente ed in maniera lecita l’informazione22: è pur vero che l’art. 184 TUF parlando di “possesso di informazioni privilegiate” evoca la terminologia che connota la relazione materiale con un bene tipica nell’ambito dei diritti reali, ma per quanto qui interessa le acute argomentazioni svolte sul punto si rivelano maggiormente utili a discernere e giustificare la liceità delle condotte di tutti coloro (tra cui le agenzie di rating, i consulenti ed i giornalisti finanziari23…) che sostengono un costo per reperire o anche per elaborare dati e poi si servano dell’informazione così “raffinata” per cederla, oppure per compiere o raccomandare operazioni basate su di essa24, anziché a fornire uno spunto decisivo con riguardo a qualsiasi altro soggetto che si limiti a decidere di compiere certi atti o serie di atti.

Piuttosto, pare il caso di sottolineare – come anche altri hanno fatto25 – che della nozione di “informazione privilegiata” resta in ombra proprio il fulcro intorno a cui ruota sia la disciplina dell’informazione continua (artt. 114 ss. TUF), che quella repressiva degli abusi di mercato (artt. 184 ss. TUF), ossia il concetto stesso d’informazione, che nel tempo è stato sempre più arricchito con esiti discutibili di connotazioni e qualifiche, ma non è stato mai esplicitato.

Dell’informazione in sé, quindi, in mancanza di qualsiasi definizione normativa, non sembra potersi rilevare uno scollamento rispetto alla sua accezione ordinaria: essa, in altri termini non può che consistere nel dato che interseca ed incrementa ab externo il patrimonio cognitivo di un soggetto26. È vero che tale “alienità” non è più letteralmente desumibile dal testo normativo vigente, in cui il riferimento all’ottenimento dell’informazione presente nell’abrogato art. 2, comma 1°, l. 157/199127 è stato espunto, ma ciò non impedisce di dedurne la rilevanza da molteplici altri indici logici, testuali e sistematici.

Sul primo versante, senza potersi dare spazio ad una divagazione filosofica al riguardo, affermare che ciò che una persona intende fare rappresenti per essa un’informazione equivarrebbe a scindere artificiosamente sul piano giuridico il momento volitivo da quello puramente conoscitivo in una rincorsa degna d’un paradosso eleatico.

Un’autonoma determinazione interna di acquisto o di vendita di strumenti finanziari, anche se derivante dalle superiori capacità di analisi del suo ideatore, non costituisce, però, in capo a lui una posizione di vantaggio informativo che egli possa sfruttare indebitamente, né di per sé gli assicura di operare senza correre rischi sul mercato. Non solo, il coerente sviluppo dell’assunto che vorrebbe in tal modo completamente ed acriticamente compenetrate volontà ed informazione ai fini della disciplina punitiva analizzata può condurre a delle aporie nella misura in cui nessuno potrebbe più eseguire (o far eseguire) alcuna operazione frutto di una propria decisione (/informazione privilegiata), nota (ovviamente) a soltanto a se stesso28; da diversa prospettiva, ciò potrebbe insidiosamente implicare l’obbligatorietà dell’intervento sanzionatorio per ogni operazione che generasse un sensibile scostamento nei corsi di un certo titolo: la mera realizzazione della condotta farebbe sempre presumere l’esistenza di una decisione/informazione a monte29, in maniera ancor più ampia ed indiscriminata di quanto temuto da alcuni studiosi all’indomani della prima apparizione normativa nel nostro ordinamento dell’insider trading30.

Simili conclusioni appaiono tuttavia da respingere, poiché in primo luogo obliterano il preciso riferimento funzionale alla “ragione” di apprendimento delle notizie da parte dell’insider (ma di questo si dirà più oltre) e, poi, risentono di un vizio di fondo legato all’interferenza dei modelli interpretativi sperimentati, da un lato, nell’ambito degli obblighi di comunicazione al pubblico, e, dall’altro, nello ambito dell’insider trading. In particolare, stante la ricordata parziale sovrapponibilità al vertice tra le due discipline31, le tendenze espansive che si registrano rispetto al complesso degli obblighi informativi degli emittenti offuscano, anche se forse in modo non del tutto consapevole, pure il dibattito intorno all’abuso di informazioni privilegiate, dove invece è necessario che l’interpretazione sia particolarmente rigorosa e prudente, nel rispetto del principio di legalità ed allo scopo di scongiurare ingiustificate dilatazioni dell’intervento punitivo. Ciò anche a causa dell’insopprimibile componente di elasticità ed indeterminatezza che la nozione di informazione privilegiata esige per poter adempiere alla funzione “inclusiva” che le compete allo scopo di garantire la trasparenza e la completezza nella trasmissione delle notizie price sensitive. Alla luce di ciò non si può che condividere gli esiti di un attento percorso interpretativo in base al quale la “mobilità” stessa della nozione di informazione privilegiata impone “la necessità di un’interpretazione restrittiva, in grado di porre un argine alle potenzialità applicative del divieto mediante una sua focalizzazione sulle conoscenze c.d. hard”32.

Per altro verso, il cumulo delle competenze di vigilanza e sanzionatorie in capo alla CONSOB (sebbene spettanti a diverse articolazioni interne) ha probabilmente portato in concreto ad una “contaminazione” dei canoni che dovrebbero orientarne l’operato, spingendola a adottare per il momento repressivo il metro adoperato nell’ambito informativo; tale implicito salto logico si può avvertire nella lettura del provvedimento (del. 11 maggio 2011, n. 17777) impugnato nel giudizio che ha portato alla sentenza in commento. È in specie interessante il passaggio in cui apoditticamente si esclude la rilevanza del XXX considerando della dir. 2003/6/CE e si richiama la specificità della fattispecie “relativa all’effettuazione di acquisti sul mercato anteriormente all’esecuzione di un’OPA finalizzata al delisting della società emittente, effettuati dall’azionista in posizione di controllo”33 (corsivo aggiunto): proprio quest’ultimo passaggio suggestivamente richiama alla mente più lo spirito dell’art. 114, comma 7°, TUF, che non quello dell’art. 184 TUF.

Gli ultimi riferimenti impongono di allargare gli orizzonti a considerare gli spunti desumibili dai testi normativi, da cui si può facilmente evincere che l’intero corpus disciplinare europeo ed italiano in materia di insider trading presuppone l’acquisizione dell’informazione da una fonte esterna alla sfera volitivo-conoscitiva dell’agente.

Iniziando dalle fonti europee, non si può mancare di ricordare che da più parti è stata enfatizzata l’importanza dei considerando che si sono accompagnati sia alla dir. 89/592/CEE, sia alla dir. 2003/6/CE, spesso evidenziandone non solo il ruolo ausiliare all’interpretazione delle norme da esse introdotte, ma anche una forte valenza assiologica34.

In un quadro di incertezza definitoria e di vaghezza nell’individuazione del bene giuridico e degli interessi protetti, come già visto35, il rischio di “straripamento” teleologico della disciplina sull’insider trading è stato chiaramente avvertito a livello sovranazionale e di ciò fornisce conferma la riproposizione di qualche recital già presente nella dir. 89/592/CEE anche nella vigente dir. 2003/6/CE. Ci si riferisce in particolare al XXX considerando, alla stregua del quale “poiché l’acquisizione o la cessione di strumenti finanziari implica necessariamente una decisione preliminare di acquisire o di cedere da parte della persona che procede ad una di queste operazioni, non si dovrebbe considerare che il fatto di effettuare questo acquisto o cessione costituisca di per sé un’utilizzazione di un’informazione privilegiata”36. L’indicazione, apparentemente superflua nella sua ovvietà, è però tutt’altro che irrilevante in un quadro in cui la portata dei divieti operativi per l’insider rischia di essere indiscriminatamente onnicomprensiva: questa avvertenza serve a delineare taluni profili di (in)offensività dell’illecito ed a contenerne la potenziale propagazione entro i limiti del principio di proporzionalità. A ragione della notevole attenzione maturata nel tempo sul ruolo di questo considerando, ci si potrebbe forse interrogare sul perché il suo contenuto non sia stato integrato nella parte precettiva della dir. 2003/6/CE, sedando ogni possibile incertezza in relazione alla sua valenza37, ma con ogni probabilità un simile dubbio può considerarsi superato dal costante riferimento che in generale la Corte di Giustizia dell’Unione Europea fa ai preamboli della normativa comunitaria per interpretarla. A conferma di quanto si sta sostenendo ed a perfezionamento degli argomenti prima svolti, si possono richiamare in particolare le affermazioni leggibili al punto 60 della più volte citata sentenza 23 dicembre 2009, C-45/08 della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, secondo la quale, in mancanza della precisazione del XXX considerando, “l’art. 2, n. 1, di questa direttiva potrebbe comportare, in particolare, un divieto alla persona che ha deciso di lanciare un’operazione pubblica diacquisto di eseguire tale decisione, essendo quest’ultima un’informazione privilegiata. Orbene, un risultato siffatto non solo eccederebbe ciò che può essere considerato adeguato e necessario per raggiungere gli obiettivi di detta direttiva, ma potrebbe anche pregiudicare il buon funzionamento deimercati finanziari impedendo le offerte pubbliche di acquisto38” (corsivi aggiunti).

Passando, quindi, all’ambito nazionale, è pure dato di reperire vari indizi che univocamente convergono nell’attribuire rilevanza alle modalità con cui si è avuto accesso all’informazione39. In particolare, è orientamento unanime e pacifico quello secondo cui gli illeciti previsti dagli artt. 184 e 187-bis, comma 1°, TUF siano di natura propria, nonostante il testo di queste disposizioni sembri deporre nel senso che chiunque possa commetterli40: invero, solo chi sia in possesso delle informazioni privilegiate “in ragione” di un rapporto qualificato con l’emittente (o con un altro insider) può porre in essere le condotte sanzionabili.

Questo legame funzionale rappresenta l’indispensabile antecedente logico-causale che fa oltrepassare la soglia dell’illiceità a comportamenti altrimenti consentiti, fornendo all’interprete il più solido aggancio circa la necessaria provenienza esterna delle informazioni41: solo per effetto dell’esistenza e dell’attuazione del rapporto (organico, societario, lavorativo, professionale…) con l’emittente l’informazione giunge al soggetto ed incide sul suo processo decisionale. Come detto, è questa contiguità a definire la posizione di potenziale privilegio42, che diviene a sua volta attuale nel momento della trasmissione del dato cognitivo43, e pertanto la fortuità del contatto con la fonte dell’informazione non espone l’informato ad alcun divieto o sanzione.

Ciononostante, se ci si fermasse a questa constatazione, il market egalitarianism in tutte le sue varie declinazioni si potrebbe facilmente riaffacciare nel percorso interpretativo, inquinandone gli esiti ed esponendolo in special modo al rischio di overinclusion: certe condotte (peraltro del tutto inoffensive) potrebbero essere sanzionate solo perché attuate da chi sapeva di più. In proposito,è ormai incontestato che l’abuso non si concretizza nel momento acquisitivo della notizia, il quale anzi può essere in sé perfettamente lecito, se non addirittura doveroso, bensì nell’impiego che l’“iniziato” ne fa44. Bisogna allora mettere a fuoco quest’ultimo aspetto ed apportare una specificazione importante, il cui pregio è stato talvolta intuito dalla dottrina più accorta nel momento in cui qualificava come “indebito” lo sfruttamento dell’informazione privilegiata45, restando però latente il parametro rispetto al quale valutare la ricorrenza di tale connotazione. In questo senso, sembra di poter affermare integrando la definizione inizialmente fornita che l’abuso dell’informazione privilegiata è “funzionale” ed il suo sfruttamento “indebito” in quanto l’insider, una volta conseguita la notizia, la piega ad interessi alieni (propri o altrui) tradendone l’originaria finalità (o “funzione d’uso”, mutuando l’espressione dal linguaggio aziendalistico)46 e se ne serve al riparo da rischi per estrarre un profitto parassitario nel lasso di tempo che intercorre fino alla sua avvenuta disseminazione nel mercato.

Che questo profitto sia poi ottenuto o meno non rileva ai fini della punibilità della condotta dell’insider47, poiché la repressione s’incentra sull’utilizzazione egoistica di informazioni conseguite esclusivamente in virtù del rapporto (diretto o indiretto) più volte ricordato e non grazie a miglioriabilità analitico/predittive o in virtù dell’esecuzione di un programma d’investimento di cui si sostengono tutti gli oneri ed i rischi.

Quanto detto, peraltro, non comporta che alla radice del divieto di abuso di informazioni privilegiate debba essere riconosciuta l’inosservanza di un preesistente fiduciary duty o, più in generale, di un dovere di correttezza, il quale può variamente gravare su certi soggetti in relazione all’attività svolta o all’ufficio o funzione ricoperti, ma non può certo investire tutti i potenziali “iniziati”, né ogni loro possibile scelta di investimento o comportamento comunicativo; tantomeno si vuole sostenere che sia la difformità dell’operato del singolo rispetto ad un vago e sovraordinato interesse sociale48 a spiegarne l’illiceità, bensì soltanto e più limitatamente che essa debba essere constatata caso per caso sulla scorta della divergenza tra funzione d’uso dell’informazione (da identificarsi in base al contesto operativo in cui si cala ed al suo grado di precisione) e la concreta destinazione che ad essa è impressa per effetto delle azioni che l’insider compie sulla sua scorta.

Tracce dell’“interversione” del possesso dell’informazione realizzata dall’insider si possono ravvisare sul piano normativo nell’art. 184, comma 1°, TUF, laddove, ad esempio, si evidenzia che egli pone in essere sul mercato operazioni “per conto proprio o per conto di terzi” (lett. a)) e quindi incongruenti con gli interessi sottesi alla comunicazione della notizia; lo stesso vale con riguardo l’incidenza causale dell’insider sulle scelte d’investimento altrui (lett. c)): indurre o comunque raccomandare ad altri a fare ciò che personalmente non è consentito presenta la stessa carica di disvalore di una diretta esecuzione delle operazioni.

Meno evidente è ad una prima lettura il significato da attribuire all’“anormalità” della comunicazione della notizia (tipping) rispetto all’esercizio del lavoro, della professione, della funzione o dell’ufficio a causa del quale la si è appresa (lett. b)); se però, come sembra condivisibile, non è tanto alle mansioni, agli obblighi, ai poteri e ad ogni altra caratteristica astrattamente tipica di tali rapporti che si deve guardare, bensì anche qui ad un profilo funzionale, allora emerge che in questo caso, come segnalato da autorevole dottrina, deve concludersi per la liceità dell’“utilizzazione delle informazioni quando tale impiego sia coerente con la ragione per la quale la comunicazione dell’informazione è stata legittimamente effettuata: l’uso dell’informazione privilegiata […] non costituisce violazione dei divieti degli artt. 184, 1° co., o 187-bis TUF, limitatamente ai casi nei quali l’utilizzazione della conoscenza privilegiata sia funzionale al compimento di operazioni (qualunque ne sia la tipologia) strumentali alla realizzazione di esigenze dell’emittente (o del soggetto che ne ha il controllo)” (corsivi aggiunti)49.

Il principio che è così parso di poter enucleare, naturalmente, dev’essere considerato nell’ottica della destinazione dell’informazione privilegiata ad essere utilizzata nel mercato finanziario50: la consistenza e l’istantaneità dei profitti – nonché la magnitudo degli eventuali pregiudizi a terzi ignari – che si possono ingiustamente51 ricavare in tale ambiente operando in condizioni di ridotta o nulla esposizione al rischio grazie alle informazioni privilegiate ottenute possono rappresentare l’elemento chiave idoneo a soddisfare il principio di sussidiarietà, ed a giustificare così l’intervento sanzionatorio lì (ed esclusivamente lì) dove ogni altro rimedio civilistico preventivo o successivo risultava inidoneo a tutelare adeguatamente il risparmio (artt. 47 e 117, comma 2°, lett. e), Cost.).

Tale criterio fornisce inoltre un’utile chiave di lettura del diverso e meno intenso disvalore dell’insider secondario che traspare oggi dal suo trattamento sanzionatorio: rispetto a quest’ultimo, infatti, manca la stabile prossimità che lega l’insider primario alla fonte dell’informazione privilegiata ed è perciò meno percepibile (se non del tutto ignoto) quale fosse l’originaria funzione d’uso della conoscenza ottenuta, cosicché l’uso “eterodosso” che ne può fare il tippee o il tuyautee risulta meritevole di una sanzione differente e ridotta rispetto a quello dell’“iniziato”. Anche per questo si crede che l’art. 187-bis, comma 4°, TUF menzioni la conoscenza o la conoscibilità in base all’ordinaria diligenza della natura privilegiata dell’informazione quali stati soggettivi rilevanti per l’applicabilità della sanzione amministrativa pecuniaria: mentre per gli insiders primari si può dire che il contatto istituzionale con le informazioni esclude in re ipsa l’ignoranza circa la loro natura (ed il loro scopo), per gli altri soggetti è necessario indagare le circostanze dell’apprendimento. Ed in fondo il fine di questo accertamento altro non è se non quello di verificare che il tippee o il tuyautee usando l’ordinaria diligenza avrebbero potuto almeno accorgersi della provenienza dell’informazione privilegiata da un insider, il che, muovendosi nell’ordine di idee qui accolto, implica la loro colpevole ignoranza in merito all’avvenuto distacco dell’informazione dalla sua iniziale funzione d’uso, quale che essa fosse stata.

4. Partendo dalla imprescindibile alterità dell’informazione privilegiata rispetto al patrimonio cognitivo dell’insider si è così creduto possibile scorgere un elemento in grado di gettare nuova luce sulla valutazione del profilo abusivo della condotta di costui: si tratta della conformità o meno dell’impiego dell’informazione rispetto alla sua funzione d’uso (già identificata con il bisogno o interesse altrui che lo sfruttamento dell’informazione privilegiata è strumentalmente diretto ad appagare).

Questa ricostruzione si consolida grazie alleconferme che si possono ancora una volta evincere dalla trama nazionale e sovranazionale delle fonti che governano la materia.

In primo luogo, l’art. 2, par. 2, dir. 2003/6/CE (con disposizione sostanzialmente riproduttiva del suo predecessore contenuto nella dir. 89/592/CEE) stabilisce che i divieti operativi sanciti nel paragrafo precedente si applicano alle persone fisiche che prendono parte alla decisione di compiere un’operazione per conto di una persona giuridica. La scelta così effettuata nella direttiva non è priva di ripercussioni sull’ordinamento italiano, poiché il suo scopo è quello di circoscrivere la punibilità delle condotte di chi delibera di mettere in atto, esternandola, la volontà dell’organizzazione cui appartiene52: solo chi non opera nell’interesse dell’ente, bensì coltiva il proprio tornaconto, va soggetto a sanzione53. Proprio per la sua natura scriminante, questa previsione deve orientare l’interpretazione e l’applicazione delle pene previste nel nostro ordinamento in modo da tenere al riparo coloro che si inseriscono nella fase esecutiva del procedimento deliberativo societario in consonanza con la volontà dell’ente così come formata e manifestata secondo le prescrizioni legali e statutarie.

A questa copertura, però, giustamente si sottraggono quegli usi dell’informazione privilegiata che, pur in sintonia con gli interessi dell’ente collettivo (ed anzi proprio in virtù di ciò o della realizzazione di un vantaggio), si traducono nella commissione di illeciti amministrativi ad esso ascrivibili – o “rimproverabili”, per adoperare la terminologia della relazione ministeriale di accompagnamento al d.lgs. 231/2001 – per tramite dei soggetti in posizione apicale o sottoposti all’altrui direzione o vigilanza enumerati nell’art. 187-quinquies, comma 1°, lett. a) e b), TUF54.

Analoghe considerazioni possono ripetersi per le fattispecie cui si riferisce il XVIII considerando della dir. 2003/6/CE, nel passaggio in cui si legge: “Il solo fatto che i market makers, gli enti autorizzati adagire come controparti o le persone autorizzate aeseguire ordine per conto terzi in possesso di informazioni privilegiate si limitino, nei primi due casi, a svolgere la loro legittima attività di compravendita di strumenti finanziari o,nell’ultimo caso, a eseguire debitamente un ordine, non dovrebbe essere considerato di per sé uso di informazioni privilegiate” (corsivi aggiunti). Come evidenziato sin dalla dottrina più risalente, la mera esecuzione dell’ordine (ordine che, ricorrendone i presupposti, dev’essere considerato come un’informazione privilegiata in capo al destinatario: art. 1, n. 1, terzo periodo, dir. 2003/6/CE e art. 181, comma 5°, TUF) non può in alcun modo presentare profili di antigiuridicità, in quanto, anche in mancanza della previsione di una specifica scriminante, trova comunque applicazione la norma dell’art. 51 c.p.. Un profilo di illiceità del comportamento dell’intermediario può allora emergere solo laddove tra l’ordine ricevuto e le operazioni effettuate sia riconoscibile uno iato funzionale del genere già descritto in precedenza55.

A questi tasselli si aggiunge il XXXIII considerando, che prefigura le condizioni di liceità delle negoziazioni di azioni proprie e delle operazioni di stabilizzazione di strumenti finanziari nell’ottica degli abusi di mercato, condizioni poi normativamente specificate attraverso il reg. CE 2273/2003 e, a livello nazionale, dall’art. 183, comma 1°, lett. b), TUF, nonché dagli artt. 34-septies e 144-bis reg. emittenti. L’insieme delle regole così introdotte, attraverso l’individuazione di finalità tipiche, di obblighi informativi e di vincoli operativi, tende a reprimere fenomeni patologici di sfruttamento di informazioni elaborate dagli stessi emittenti, specie di carattere manipolativo. L’estrema complessità della materia rende tuttavia pressoché impossibile raggiungere un definitivo equilibrio tra le opposte istanze di riservatezza e flessibilità operativa, da un lato, e di trasparenza, dall’altro, cosicché il II ed il III considerando del regolamento appena ricordato concorrono opportunamente ad indicare che non tutte le operazioni realizzate al di fuori dei casi ammessi devono ritenersi di per sé illecite. Ai limitati fini dell’indagine che si sta svolgendo, comunque, ciò vale a provare che perfino nel settore in cui maggiormente se ne paventava l’incidenza, ossia nella negoziazione dei propri strumenti finanziari56, non solo la condotta dell’“insider di se stesso” può essere riconosciuta come lecita a certe condizioni e finalità, ma anche che, al di fuori di queste, non se ne può reputare ipso facto la contrarietà ad espressi divieti. Al riguardo si potrà forse utilmente ricorrere al criterio fin qui proposto ed affinato: pertanto, ove gli amministratori provvedano ad effettuare tali operazioni in conformità alle direttive assembleari o statutarie e queste a loro volta non presentino dei profili di illiceità (nei termini esposti all’inizio di questo paragrafo), allora non si potrà concludere che siano integrati i presupposti dell’abuso di informazioni privilegiate.

Al termine di questa ricognizione resta da affrontare la clausola di chiusura del sistema rappresentata dalla figura del criminal insider57. Storicamente nata in reazione agli atti terroristici dell’11 settembre 2001, essa presenta cionondimeno una portata tale da ricomprendere qualsiasi delitto la cui preparazione o esecuzione è in grado di mettere l’agente a conoscenza di informazioni privilegiate (XIV e XVII considerando, nonché art. 2, par. 1, lett. d), dir. 2003/6/CE; artt. 184, comma 2°, 187-bis, comma 2°, TUF). La sua introduzione si è resa necessaria per reprimere quelle condotte che si collocherebbero per la loro natura al di fuori dello spettro applicativo della disciplina repressiva dell’insider trading poiché in relazione ad esse non si può riscontrare la necessaria alterità dell’informazione rispetto all’agente: l’informazione privilegiata è nel caso in parola costituita dalla stessa preparazione o esecuzione del reato a cui sia connesso uno sfruttamento borsistico delle cognizioni ricavate, che prevedibilmente avrà degli effetti price sensitive sul titolo (o sui titoli) interessato (/i).

Pertanto, ancorché non si possa parlare propriamente di un’informazione, bensì di un proposito interno, e non sia dato riscontrare un disallineamento tra quest’intenzione e la sua concreta attuazione, il genetico ed intrinseco disvalore della condotta del criminal insider non potrebbe essere più evidente e merita plauso la scelta operata dal legislatore europeo e recepita nel nostro ordinamento grazie alla quale è stata chiusa una grave falla del sistema repressivo58.

In sintesi, l’analisi condotta porta a maturare il convincimento che la disciplina degli abusi di informazioni privilegiate sia percorsa da una logica binaria valida tanto per le persone fisiche, quanto, mutatis mutandis, per i soggetti giuridici59 e che questa logica possa essere espressa in questi termini: 1) non è antigiuridica ogni forma di sfruttamento dei propri propositi sul mercato finanziario quando essi siano leciti in partenza; 2) di “informazione privilegiata” si può parlare solo in presenza di un fenomeno trasmissivo di un dato precedentemente alieno alla sfera cognitiva del suo percettore60 e lo sfruttamento che egli faccia di questo dato nel mercato non è abusivo nei limiti in cui risulta conforme alla sua originaria funzione d’uso (oltre ad essere corrispondentemente lecito nella misura in cui questa funzione d’uso lo sia).

5. Se si ritenesse di poter accogliere l’argomentazione appena svolta, allora si dovrebbe di conseguenza concludere che nel caso qui annotato la condotta posta in essere non può essere sussunta nella fattispecie di abuso di informazioni privilegiate, né, più in generale, si può formulare alcuna valutazione di antigiuridicità in merito ad essa, anche ad altro titolo: dalla ricostruzione della dinamica degli eventi operata nel provvedimento non si riesce infatti a desumere alcun indizio che faccia trapelare un pur vago intento delittuoso degli agenti (nell’accezione rilevante ai fini dell’art. 187-bis, comma 2°, TUF). Correlativamente, cadono anche i presupposti che consentono di comminare alla società BETA s.r.l. la sanzione prevista dall’art. 187-quinquies TUF.

D’altro canto, l’impossibilità di riscontrare l’esistenza di un’informazione privilegiata nella vicenda in questione anche a seguito di un attento esame della concatenazione degli eventi precedenti il lancio dell’o.p.a. priva conseguentemente di fondamento ed utilità ogni interrogativo sulla sua precisione: anche considerando i fatti alla luce dei principi espressi dalla dir. 2004/25/CE, non vi era alcuna informazione da comunicare; invero, l’art. 3, par. 1, lett. e) della citata direttiva sancisce che “un offerente può annunciare un’offerta solo dopo essersi messo in condizione di poter far fronte pienamente ad ogni impegno di pagamento del corrispettivo in contanti, se questo è stato offerto […]” ed una simile situazione non poteva certamente dirsi concretizzata prima del 30 marzo 2008, data in cui è stato sottoscritto il time sheet per il finanziamento dell’acquisto dei titoli. Sebbene tale accordo non presentasse la stessa efficacia vincolante di un contratto preliminare, né potesse essere equiparato all’effettivo contratto di finanziamento (sopraggiunto solo il 16 aprile 2008), esso è stato comunque ritenuto idoneo ad integrare i presupposti materiali per la proposizione dell’o.p.a., comunicata conseguentemente al mercato il 31 marzo.

Che il TAR si sia comunque occupato della precisione dell’informazione dandole priorità non restituisce attualità alla questione; come avvertito in premessa, la scansione della sentenza è dichiaratamente legata a quella dei ricorsi e se si può convenire in linea di principio con la soluzione che il giudice amministrativo ha comunque voluto dare sul punto61, probabilmente la pedissequa adesione alla sequenza degli argomenti delle difese dei ricorrenti non solo sacrifica un’esigenza di economia degli atti processuali, ma è altresì suscettibile di generare l’impressione che perfino in un caso di “insider di se stesso” (la cui stessa configurabilità si è fino ad ora motivatamente esclusa) bisogni intrattenersi ad esaminare i profili qualificanti di un’informazione che nei fatti manca.

Un ultimo cenno merita d’essere fatto con riguardo agli effetti della sentenza della Corte costituzionale, 27 giugno 2012, n. 16262, la quale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale per eccesso di delega degli artt. 133, comma 1°, lettera l), 135, comma 1°, lettera c), e 134, comma 1°, lettera c), d.lgs. 104/2010, nonché dell’art. 4, comma 1°, n. 19, dell’all. n. 4 del d.lgs. 104/2010 “nella parte in cui attribuiscono alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo con cognizione estesa almerito e alla competenza funzionale del TAR Lazio – sede di Roma, le controversie in materia di sanzioni irrogate dalla Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB)”. L’effetto abrogativo della pronuncia (peraltro “duplicato” dall’art. 1, comma 1°, lett. t), n. 1, e dall’art. 3, comma 1°, d.lgs. 160/2012, forse per ragioni di chiarezza nella formulazione del testo del codice del processo amministrativo) ha dato luogo, però, ad una situazione di evidente ed ingiustificata incoerenza nel sistema della tutela giurisdizionale verso i provvedimenti di applicazione delle sanzioni irrogati dalle autorità amministrative di regolazione e vigilanza nel settore del mercato finanziario (complessivamente inteso): per i soli provvedimenti emessi dalla CONSOB, invero, sembrerebbe tornare ad applicarsi in ragione della sua specialità la disciplina prevista nei commi dal quarto all’ottavo degli artt. 187-septies e 195 TUF (e non quella di carattere generale di cui all’art. 6 d.lgs. 150/2011).

Per il futuro, quindi, la competenza a giudicare sulle impugnazioni dei provvedimenti sanzionatori della CONSOB parrebbe ristabilita in capo alla corte d’appello individuata in base ai criteri sequenzialmente applicabili definiti negli artt. 187-septies, comma 4° e 195, comma 4°, TUF63. Per quanto riguarda le altre autorità amministrative, invece, restano precariamente invariate la giurisdizione del giudice amministrativo e la competenza funzionale inderogabile del TAR Lazio, sede di Roma, fatte salve le eccezioni elencate nell’art. 135, comma 1°, lett. c), d.lgs. 104/2010. La precarietà è invero legata, da un lato, al fatto che la Corte costituzionale non si è avvalsa del potere di dichiarare l’illegittimità consequenziale di altre disposizioni di legge (art. 27, secondo periodo, l. 87/1953), il che però non esclude che una simile situazione si possa verificare in un altro giudizio, e, dall’altro, alla possibilità di un riordinamento legislativo, che sarebbe quanto meno auspicabile per riportare armonia e ragionevolezza in un ambiente, come quello del mercato finanziario – formalmente tripartito, ma sostanzialmente unitario -, in cui trattamenti normativi eterogenei non solo sono privi di una giustificazione fondata ed attendibile, ma sono altresì forieri di grave incertezza per gli interessati.

Ciò precisato, si può considerare completa l’esposizione, confidando che, nonostante qualche dubbio recentemente avanzato da degli studiosi di finanza aziendale in merito a delle o.p.a. lanciate da soggetti controllanti e finalizzate al delisting64, sia almeno in parte riuscito il tentativo di esorcizzare l’impalpabile – eppure scomoda – presenza del fantasma dell’“insider di se stesso”. Apparentemente debellato anche grazie alle ultime norme sull’internal dealing e sui registri degli insider, esso è stato rievocato dal provvedimento con cui la CONSOB ha voluto sanzionare un illecito implicitamente concepito in termini di mera condotta, senza curarsi della lungimirante opinione che da tempo aveva presentito “i rischi di una disciplina normativa che, per voler essere onnicomprensiva, conduce poi, in concreto, nel vicolo cieco costituito, a seconda dei casi, dalla sua applicazione a fattispecie lecite affatto differenti da quelle che si intendono reprimere, ovvero alla sua inattuazione in ragione della genericità della norma incriminatrice”65.

 

* Versione provvisoria in attesa di pubblicazione sulla rivista Banca, Borsa e Titoli di Credito.

1 La bibliografia sull’abuso di informazioni privilegiate e sulla sua evoluzione normativa è amplissima e di carattere interdisciplinare. Limitando le indicazioni agli studi in lingua italiana di carattere giuridico, si segnalano, senza alcuna pretesa di completezza: F. Mucciarelli, Commento all’art. 184 TUF, in Il testo unico della finanza, a cura di Fratini e Gasparri, III, Torino, 2012, 2319 ss.; Id., L’abuso di informazioni privilegiate: delitto e illecito amministrativo, in Dir. pen. e proc., 2005, 1465 ss.; Id., L’insider trading nella nuova disciplina del d.lgs. 58/98, in Riv. trim. dir. pen. econ., 2000, I, 928 ss.; Id., Speculazione mobiliare e diritto penale, Milano, 1995, passim; Foffani, Commento all’art. 184 TUF, in Commentario T.U.F., a cura di Vella, II, Torino, 2012, 1775 ss.; Id., Commento agli artt. 180 – 184 TUF, in Comm. breve leggi pen. complementari, a cura di Palazzo e Paliero, Padova, 2007, 713 ss.; Id., La nuova disciplina penale dell’insider trading e delle frodi nel mercato mobiliare, in Riv. trim. dir. pen. econ., 1991, I, 911 ss.; Galli, La disciplina italiana in tema di abusi di mercato, Assago, 2010, passim; Sgubbi, Tripodi, voce Abusi di mercato, in Enc. dir., Ann., II, Milano, 2008, 1 ss.; Iid., Fondaroli, Diritto penale del mercato finanziario, Padova, 2008, 5 ss.; Napoleoni, voce Insider trading nel diritto penale, in Dig. disc. pen., agg. ****, Torino, 2008, 574 ss.; Id., Insider trading: i pallori del sistema repressivo. Una ipotesi di lavoro, in Cass. pen., 2001, 2228 ss.; Zannotti, Il nuovo diritto penale dell’economia. Reati societari e reati in materia di mercato finanziario2, Milano, 2008, 397 ss.; Seminara, Disclose or abstain? La nozione di informazione privilegiata tra obblighi di comunicazione al pubblico e divieti di insider trading: riflessioni sulla determinatezza delle fattispecie sanzionatorie, in questa Rivista, 2008, I, 331 ss.; Id., Disposizioni comuni agli illeciti di abuso di informazioni privilegiate e di manipolazione del mercato, in Dir. pen. e proc., 2006, 9 ss.; Id., Commento all’art. 180 TUF, in Il Testo Unico della Finanza, a cura di G.F. Campobasso, Milano 2002, 810 ss. (versione informatica); Id., La tutela penale del mercato finanziario, in Manuale di diritto penale dell’impresa2, a cura di Alessandri, Foffani, Seminara e Spagnolo, Bologna, 2000, 620 ss.; Id., Insider trading e diritto penale, Milano, 1989, passim; Tripodi, Commento agli artt. 180 – 187-quaterdecies TUF, in Leggi penali complementari, a cura di Padovani, Milano, 2007, 2515 ss.; As. Di Amato, Gli abusi di mercato, in Tratt. dir. pen. impresa, a cura di As. Di Amato, IX, Padova, 2007, 83 ss., 99 ss.; Id., voce Insider trading, in Enc. dir., agg. I, Milano, 1997, 677 ss.; Pederzini, Amati, Rondinelli, La disciplina degli abusi di mercato (l. 18 aprile 2005, n. 62), in Nuove leggi civ., 2007, 973 ss.; Amati, La disciplina degli abusi di mercato, in La legislazione penale compulsiva, a cura di Insolera, Padova, 2006, 203 ss.; Annunziata, Il recepimento della market abuse directive, in Corr. giur., 2005, 745 ss.; Costi, Enriques, Il mercato mobiliare, in Trattato Cottino, VIII, Padova, 2004, 196 ss., 224 ss.; Ferrarini, La nuova disciplina europea dell’abuso di mercato, in Riv. soc., 2004, 43 ss.; Bartalena, voce Insider trading, in Dig. disc. priv., sez. comm., agg. *, Torino, 2000, 408 ss.; Id., Commento agli artt. 180-187 TUF, in La disciplina delle società quotate nel Testo Unico della Finanza d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, a cura di P.G. Marchetti e Bianchi, II, Milano, 1999, 1988 ss.; Id., Insider trading,in Trattato Colombo-Portale, 10*, Torino, 1993, 219 ss.; Id., voce Insider trading, in Dig. disc. priv., sez. comm., VII, Torino, 1992, 399 ss.; Id., L’abuso di informazioni privilegiate, Milano, 1989, passim; Rigotti, L’abuso di informazioni privilegiate, in Intermediari finanziari, mercati e società quotate, a cura di Patroni Griffi, Sandulli e Santoro, Torino, 1999, 1353 ss.;Carriero,Commento all’art. 180 TUF, in Commentario al Testo Unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, a cura di Alpa e Capriglione, III, Padova, 1998, 1654 ss.; Id., Informazione, mercato, buona fede: il cosiddetto insider trading, Milano, 1992, passim; Ermetes, Commento all’art. 180 TUF, in Il Testo Unico dell’intermediazione finanziaria, a cura di Rabitti Bedogni, Milano, 1998, 979 ss.; Maccabruni, Insider trading e analisi economica del diritto, in Giur.comm., 1995, I, 598 ss.; Musco, I reati di insider trading, in Trattato Colombo-Portale, 9*, Torino, 1994, 326 ss.; P.L. Carbone, Tutela civile del mercato e insider trading. 1. Il mercato e l’insider trading, Padova, 1993, passim; Bartulli, voce Insider trading nel diritto penale,in Dig. disc. pen.,VII, Torino, 1993, 111 ss.; Id., Profili penali dell’«insider trading», in Riv. soc., 1989, 988 ss.; Galgano, Gruppi di società, insider trading, OPA obbligatoria, in Contr. e impr.,1992, 637 ss.; Abbadessa, L’insider trading nel diritto privato italiano: prima e dopo la l. n.157/1991, in questa Rivista, 1992, I, 749 ss.; Aa. Vv., Il dovere di riservatezza nel mercato finanziario: «l’insider trading», a cura di Rabitti Bedogni, Milano, 1992, passim; Pedrazzi, Riflessioni sull’insider trading in ambito corporativo, in Riv. soc.,1991, 1661 ss.; Casella, La legge sulla repressione dell’Insider Trading, in Giur. comm., 1991, I, 858 ss.; Carbonetti, Acquisto di azioni proprie e «insider trading», in Riv. soc.,1989, 1009 ss..

La sentenza qui commentata è stata oggetto di annotazione anche da parte di Lombardi, OPA, informazione privilegiata e insider di se stessi, in Società, 2012, p. 50 ss..

2 La precisazione rispetto a quanto affermato nella ricostruzione operata nella sentenza è doverosa, in quanto risulta dallo stesso documento d’offerta relativo all’o.p.a. in questione che la ALFA s.p.a. non era la capogruppo, bensì una controllata (sia direttamente, che indirettamente) della BETA s.r.l. (v. schemi a p. 25 e 29 del documento reperibile sul sito http://www.consob.it).

3 Si sottolinea che la realizzazione di tali acquisti, in quanto effettuata da soggetti rilevanti, è stata comunicata al mercato come previsto dall’art. 114, comma 7°, TUF e dagli artt. 152-sexies – 152-octies del reg. CONSOB 14 maggio 1999, n. 11971 (“reg. emittenti”).

4 In proposito bisogna rimarcare preliminarmente la traccia dello sforzo definitorio nelle varie versioni della disciplina italiana sugli abusi di mercato (nonché della nozione stessa di “informazioni privilegiate”), legato com’è, da un lato, alla varietà e fluidità dei comportamenti economici, e, dall’altro, dall’esigenza di cristallizzarli in maniera sufficientemente precisa in ossequio al principio di legalità, anche se, per vero, tale sforzo è ancora lontano da risultati meritevoli di incondizionato apprezzamento: Foffani, Commento agli artt. 180 – 183 TUF, in Commentario T.U.F., a cura di F. Vella (nt. 1), 1770 ss.; Id., Commento agli artt. 180 – 184 TUF, in Comm. breve leggi pen. complementari (nt. 1), 715 s., 718; Miedico, Gli abusi di mercato, in Reati in materia economica, a cura di Alessandri, Torino, 2012, 82 s.; Seminara, Disclose or abstain (nt. 1), 333 ss.; Id., Insider trading (nt. 1), 209 ss., 304 ss., a cui si rinvia per una serie di accorte considerazioni sulla criminalizzazione dell’insider trading, le quali, pur se precedenti gli interventi normativi in materia, restano essenziali per l’apprezzamento della loro qualità; Venafro, Il nuovo oggetto di tutela della fattispecie di insider trading, in Dir. pen. e proc., 2007, 948 ss.; Napoleoni, voce Insider trading(nt. 1), 582 ss.; F. Mucciarelli,L’abuso(nt. 1), 1467; Carriero, Informazione, mercato (nt. 1), 34 ss., 111 ss.; Flick, Insider trading: una tappa significativa – anche se controversa – nella lunga marcia verso la trasparenza, in Riv. soc., 1991, 981 ss.. Cfr. anche Zannotti (nt. 1), 403 s., 423 s., il quale lamenta il costante “bassissimo coefficiente di tassatività” nelle ultime disposizioni in materia di abuso di informazioni privilegiate.

5 È appena il caso di ricordare che le condotte di cui all’art. 184 TUF sono attualmente contemplate e sanzionate (sia a titolo doloso, che colposo, sebbene in quest’ultimo caso sia difficoltoso immaginare che l’illecito sia commesso per negligenza, imprudenza o imperizia) anche sul piano amministrativo, mentre il trading, il tipping ed il tuyautage da parte del solo tippee (e non del tuyautee) sono punite solo su tale piano (art. 187-bis, comma 4°, TUF). Sul cumulo tra illecito penale ed amministrativo (ove coincidenti) e sui rapporti tra i rispettivi procedimenti, v. Gasparri, Commento all’art. 187-bis TUF, in Il testo unico della finanza, a cura di Fratini e Gasparri (nt. 1), 2432 ss.; Bruno, Commento all’art. 187-bis TUF, in Commentario T.U.F., a cura di Vella, II (nt. 1), 1800 ss.; Galli (nt. 1), 67 ss., 174 ss., 265 ss., 301 ss.; Rordorf, Sanzioni amministrative e tutela dei diritti nei mercati finanziari, in Società, 2010, 981 ss., spec. 987 ss.; Id., Ruolo e poteri della Consob nella nuova disciplina del «market abuse», ivi, 2005, 813 ss., spec. 816 ss.; Napoleoni, voce Insider trading (nt. 1), 605 ss.; Zannotti (nt. 1), 358, 401, 419 s., che muove svariati rimproveri al vigente apparato repressivo e parla di “livelli quasi ‘terroristici’ delle pene” e di “iperpenalizzazione degli abusi di mercato”; Sgubbi, Tripodi(nt. 1), 5 ss., 10 ss.; Tripodi (nt. 1), 2556 ss.; Foffani, Commento agli artt. 180 – 184 TUF, in Comm. breve leggi pen. complementari (nt. 1), 714 s., ove anche per la sottolineatura che “la disciplina degli abusi di mercato […] rappresenta oggi di gran lunga il settore più gravemente sanzionato di tutto il diritto penale dell’economia, in singolare e stridente contraddizione con la sorte (assai più «benevola» per gli autori degli illeciti) toccata invece nel corso della medesima XIV legislatura ad altri settori portanti […] del diritto penale commerciale, come in particolare quello dei reati societari” (si veda anche a 718 e 721); Amati, Commento agli artt. 184 e 187-bis TUF, in Nuove leggi civ. (nt. 1), 1049, 1064 s.; Id., La disciplina (nt. 1), 214 ss., 223 ss., 228 ss.; Foladore, Il caso Unipol e la nuova disciplina dell’insider trading (nota a Trib. Milano, 25 ottobre 2006), in Corr. merito, 2007, 775 s.; Paliero, La riforma della tutela penale del risparmio: continuità e fratture nella politica criminale in materia economica, in Corr. merito, 2006, 615 ss.; Id.,“Market abuse” e legislazione penale: un connubio tormentato, ivi, 2005, 809 ss.; F. Mucciarelli, Primato della giurisdizione e diritto economico sanzionatorio: a proposito di market abuse, in Dir. pen. e proc., 2006, 137 ss., 140 s.; Id., L’abuso di informazioni privilegiate (nt. 1), 1472 ss., il quale esprime dure censure sulle ultime riforme concernenti i reati in questione ed i poteri riconosciuti alla CONSOB, così come Miedico (nt. 4), 100 ss.; Zannotti(nt. 1), 331, 418 ss., 425 s.; Crespi, Le argomentazioni “en forme de poire” e i nuovi itinerari della pecunia doloris, in Riv. soc., 2007, 1359 ss.; Id., Aggiottaggio informativo, giurisdizioni «esclusive» e altre curiosità, ivi, 2006, 698 ss.; Lunghini, L’aggiotaggio (uso e consumo) e il ruolo della Consob, ivi, 2007, 482 ss.; Seminara, Disclose or abstain (nt. 1), 364 s.; id., Disposizioni comuni(nt. 1), 14 ss., 19; Id., Commento agli artt. 185 – 187, in Il Testo Unico della Finanza, a cura di G.F. Campobasso (nt. 1), 826 ss., 830 ss. (versione informatica); Id., Il reato di insider trading tra obbligo di astensione e divieto di utilizzazione in borsa di informazioni riservate. Considerazioni su riforme ordite, abortite e partorite (nota a Trib. Siracusa, 10 aprile 1997), in questa Rivista, 1998, II, 337 ss.; Lacaita, Commento agli artt. 184 e 187, in Commentario al Testo Unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (nt. 1), 1683 ss., 1702. In giurisprudenza, manifesta un atteggiamento critico Cass., 3 maggio 2006, n. 15199, in Società, 2007, 621 ss., con nota di Miedico, nonché in Giur. comm., 2007, II, 985 ss., con nota di Amati, nella cui motivazione si legge che “l’intero intervento sanzionatorio nella materia del c.d. market abuse, attuato dalla citata l. n. 62 del 2005, si caratterizza per una ricorrente replica di norme incriminatrici penali in identici illeciti amministrativi, come ad esempio per le previsioni in tema di abuso di informazioni privilegiate (d.lgs. n. 58 del 1998, artt. 184 e 187-bis), secondo una tecnica legislativa inconsueta, destinata a creare sicuramente notevoli problemi applicativi”.

6 Molti autori pongono l’accento su tale qualificazione della fattispecie oggi descritta parallelamente (anche se non simmetricamente: v. nota precedente) dagli artt. 184 e 187-bis TUF: F. Mucciarelli, Commento all’art. 184 TUF (nt. 1), 2357 s., e 2360 s., che opportunamente sottolinea la notevole anticipazione dell’intervento della sanzione penale che si realizza nelle condotte di tipping e di tuyautage, alla cui base vi sarebbe una “esigenza di ridurre il novero dei soggetti in condizione di privilegio informativo” (su quest’ultimo punto, cfr. Ermetes (nt. 1), 985, 987); Id., Speculazione (nt. 1), 62 ss., 134 s., ove comunque è svalutato il momento dell’abuso funzionale riprendendo l’opinione di Pedrazzi; Napoleoni, voce Insider trading (nt. 1), 596; Tripodi, L’insider trading in una recente pronuncia della Corte di Giustizia: “utilizzazione (implicita) della notizia” e presunzione d’offesa, in Giur. comm., 2011, II, 55 s.; Id., Commento agli artt. 180 – 187-quaterdecies TUF (nt. 1), 2518, 2526 ss., il quale fungibilmente parla di “sfruttamento indebito del vantaggio conoscitivo” e di “ingiustificato approfittamento di una posizione di privilegio informativo”; Sgubbi, Tripodi (nt. 1), 4, 7, in cui si trova inoltre questa rilevante sottolineatura: “Il mercato è tutelato da qualsivoglia condotta di sfruttamento di vantaggio informativo privo di merito, ma la reazione sanzionatoria si diversifica a seconda della «significatività» del fenomeno lesivo”; Iid., Fondaroli (nt. 1), 7; Venafro (nt. 4), 950 ss.; Pederzini, Commento all’art. 181 TUF(nt. 1), 1025; Bartalena, voce Insider trading, in Dig. disc. priv., sez. comm., agg. * (nt. 1), 408 ss.; Id., Commento agli artt. 180-187 TUF (nt. 1), 1988 ss.; Id., Insider trading, in Trattato Colombo-Portale (nt. 1), 220 s., 233, 317; Id., L’abuso (nt. 1), 12 ss., 92 ss.; Seminara, Il reato di insider trading (nt. 5), 328; Id., Insider trading (nt. 1), 141 ss., 152 ss., 170 ss., 315 ss.; Rigotti (nt. 1), 1354, 1365 s.; Maccabruni (nt. 1), 609; Carriero, Informazione, mercato (nt. 1), 6 s.; Bartulli, voce Insider trading (nt. 1), 112, 117; Id., Profili penali (nt. 1), 999; Casella (nt. 1), 864.

7 Si riconosce frequentemente come funzione del diritto penale dei mercati finanziari quella di discernere l’area del rischio “naturale” o fisiologico da quello “anomalo” o patologico, e di reprimere il secondo fenomeno. Peraltro, tutto l’apparato di regole civilistiche ed amministrative concernenti la trasparenza degli assetti proprietari e la comunicazione al pubblico delle altre informazioni prescritte concorre alla realizzazione di questo obiettivo ed è affiancato e completato a sua volta da una serie di presidi penali (tra cui anche quelli concernenti gli abusi di mercato): Sgubbi, Tripodi (nt. 1), 2 s.; Iid., D. Fondaroli (nt. 1), 29, in cui si denuncia la sostituzione del paradigma dell’uomo razionale con quello dell’homo ludens; Sgubbi, Il risparmio come oggetto di tutela penale, in Giur. comm., 2005, I, 343 s.; Napoleoni, voce Insider trading (nt. 1), 579; Zannotti (nt. 1), 356 ss.; Pedrazzi, voce Mercati finanziari (disciplina penale), in Dig. disc. pen., VII, Torino, 1993, 653 ss.; Padovani, Diritto penale della prevenzione e mercato finanziario, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1995, 643 ss..

8 Evidenziano il collegamento tra la disciplina (preventiva) degli obblighi informativi (artt. 114 ss. TUF) e quella (repressiva) degli abusi di mercato: F. Mucciarelli, Commento all’art. 184 TUF(nt. 1), 2331 ss.; Id., L’abuso di informazioni privilegiate (nt. 1), 1469; Id., L’informazione societaria: destinatari e limiti posti dalla normativa in materia di insider trading, in questa Rivista, 1999, I, 745 ss.; Gasparri (nt. 5), 2461 s.; Annunziata, Commento all’art. 114 TUF, in Il testo unico della finanza, a cura di Fratini e Gasparri, II (nt. 1), 1500 ss.; Id., La disciplina del mercato mobiliare6, Torino, 2012, 386 s., 393 s., 418; Id., Abusi di mercato e tutela del risparmio, Torino, 2005, 8 ss., testo e nt. 11; Gilotta, Commento all’art. 114 TUF, in Commentario T.U.F., a cura di Vella, II (nt. 1), 1154 ss.; Zanardo, Commento all’art. 115-bis TUF, ivi, 1191 ss.; Foffani, Commento all’artt. 184 TUF, in Commentario T.U.F., ivi, 1777 s.; Id., Commento agli artt. 180 – 184 TUF, in Comm. breve leggi pen. complementari (nt. 1), 716 s.; Miedico (nt. 4), 74, 77 s.; Sepe, La repressione degli abusi di mercato, in L’ordinamento finanziario italiano2, a cura di Capriglione, II, Padova, 2010, 1111 ss.; Napoleoni, voce Insider trading (nt. 1), 584 ss.; Sgubbi, Tripodi (nt. 1), 4, 17 ss.; Iid., Fondaroli(nt. 1), 12 ss., testo e note; Seminara, Disclose or abstain (nt. 1), 348 ss., 353 ss.; Id., La tutela penale (nt. 1), 621 s.; Id., Insider trading (nt. 1), 17 ss., 75 ss., 355 ss.; Pederzini,Commento agli artt. 114, 115-bis e 181 TUF, in Nuove leggi civ. (nt. 1), 978 ss., 986 ss., 994 ss., 1023 s., 1029; Venafro (nt. 4), 952 s., con particolare enfasi sulla funzione “protettiva” svolta dalle comminatorie penali ed amministrative nei confronti del “procedimento di disclosure” e della sua concreta attuazione da parte della CONSOB, enfasi che non pare di poter condividere perché, oltre all’imperfetta coincidenza della nozione di informazione privilegiata nei settori normativi considerati (di cui si dirà subito dopo), va aggiunto che l’esercizio delle funzioni di vigilanza da parte dell’autorità è autonomamente protetto (artt. 170-bis, 187-quinquiesdecies e 193 TUF); Amati, La disciplina (nt. 1), 209 ss.; Carrière, I profili informativi delle fasi propedeutiche di operazioni di M&A successivamente al recepimento della direttiva market abuse, in Riv. soc., 2006, 342 s., 347 ss.; Fanelli, Insider trading, informazione sul mercato ed aspetti sostanziali e processualpenalistici in materia, in Riv. pen., 2002, 7 ss. Ermetes (nt. 1), 981 s..

È tuttavia importante notare che l’ambito della trasparenza informativa e quello dell’insider trading, anche se oggi condividono al vertice la nozione di “informazione privilegiata” (art. 181 TUF) e sono funzionali ad alimentare la fiducia degli investitori, non possono dirsi sovrapponibili, né orientati agli stessi fini, come condivisibilmente argomenta, da ultimo, Macrì, Informazioni privilegiate e disclosure2, Torino, 2010, 24 ss., 68 ss. poiché: a) l’insieme di regole che concerne l’abuso di informazioni privilegiate non di per sé non assicura alcun surplus conoscitivo a favore del pubblico, poiché non sancisce alcun obbligo di comunicazione in capo all’insider; b) il complesso delle informazioni privilegiate contemplato dall’art. 181 TUF, da un lato, ha una portata più ampia rispetto a quelle di cui è previsto un obbligo di comunicazione dall’art. 114 TUF (nella prima disposizione sono considerate anche le market informations, le informazioni che attengano direttamente o indirettamente ad altri emittenti…), mentre, dall’altro, quest’ultimo impone la divulgazione di notizie che non costituiscono tecnicamente informazioni privilegiate (ad esempio, gli studi e le statistiche di cui all’art. 114, comma 11°, TUF); c) mentre l’obbligo di comunicazione al pubblico da parte dell’emittente verte su “conoscenze ‘statiche’, cioè già consolidatesi, in rapporto all’abuso di informazioni privilegiate vengono in rilievo anche conoscenze ‘dinamiche’” (quest’ultimo rilievo appartiene a Seminara, Disclose or abstain (nt. 1), 349). Su questi aspetti, cfr. anche Annunziata, La disciplina (nt. 8), 393 s.; Costi, Il mercato mobiliare7, Torino, 2010, 284 s.; Id., Enriques (nt. 1), 229; Sgubbi, Tripodi (nt. 1), 4, nonché la com. CONSOB, 28 marzo 2006, n. DME/6027054, al cui par. 5 si evidenzia che “le due nozioni di informazione privilegiata – nonostante l’identità di contenuto – non sono pienamente coincidenti in termini di funzione perseguita nelle diverse fattispecie relative alla identificazione dell’abuso e all’adempimento di obblighi informativi”. Più in generale, per ulteriori approfondimenti e riferimenti, si rinvia a Gilotta, Trasparenza e riservatezza nella società quotata, Milano, 2012, 97 ss., 151 ss.; Pederzini (nt. 1), 981 ss., 990 ss., 994 ss.; Denozza, La nozione di informazione privilegiata tra “Shareholder Value” e “Socially Responsible Investing”, in Giur. comm., 2005, I 585 ss., spec. 590 ss.; F. Mucciarelli, L’informazione societaria (nt. 8), 756 ss., 772 ss.; Rigotti (nt. 1), 1356 s., nonché alle tuttora attuali osservazioni di Angelici, Note in tema di informazione societaria, in La riforma delle società quotate, a cura di Bonelli, Buonocore, Corsi, Costi, Ferro-Luzzi, Gambino, Jaeger, Patroni Griffi, Milano,1998, 249 ss.. Sul caso di specie, v. Lombardo (nt. 1) p. 53 ss.. 9

Tra i tanti, per la particolare attenzione riposta nella ricostruzione del parallelismo e per le considerazioni che ne ricava, si rinvia a Padovani (nt. 7), loc. ult. cit..

10 Nonostante questa fosse l’originaria indicazione del legislatore comunitario (cfr. V considerando della dir. 89/592/CEE), peraltro accolta nei lavori che hanno preceduto l’introduzione della l. 157/1991, prima disciplina italiana sull’abuso di informazioni privilegiate. Per una rassegna delle numerose e serrate critiche al c.d. market egalitarianism, v. F. Mucciarelli, Commento all’art. 184 (nt. 1), 2323 s., che fa purtuttavia cenno alla funzione delle norme di garantire “la tendenziale parità informativa” di chi opera sul mercato (2351); Gasparri (nt. 5), 2434 ss.; Macrì (nt. 8), 28 ss., ove anche per altri riferimenti; Costi, Il mercato (nt. 8), loc. ult. cit.; Sgubbi, Tripodi (nt. 1), 3, testo e nt. 12; IId., Fondaroli (nt. 1), 31; Napoleoni, voce Insider trading (nt. 1), 579; Zannotti (nt. 1), 403 s.; Venafro (nt. 4), 950 ss.; Tripodi, Commento agli artt. 180 – 187-quaterdecies TUF (nt. 1), 2518; Ragni, Primi segnali di un’inversione di tendenza nell’esperienza applicativa del reato di insider trading (nota a Trib. Brescia, 25 giugno 2002), in questa Rivista, 2003, II, 739, testo e nt. 17; Seminara, Commento all’art. 180 TUF(nt. 1), 811 (versione informatica); Id., Gli interessi tutelati in rapporto ai soggetti attivi della fattispecie penale, in Il dovere di riservatezza (nt. 1), 355 s.; Id., Insider trading (nt. 1), 30 ss., 73 ss., 80 ss.; Bartalena, Commento all’art. 180 TUF (nt. 1), 1993; Id., Insider trading, in Trattato Colombo-Portale (nt. 1), 230 s.; Id., L’abuso (nt. 1), 9 s., 81 ss.; Rigotti (nt. 1), 1353 s., 1356; Maccabruni (nt. 1), 604, 607 ss.; Musco (nt. 1), 328 s.; P.L. Carbone (nt. 1), 59 ss.; Id.,Tutela civile del mercato e insider trading. 2. Profili di comparazione, Padova, 1993, 166 ss.; Carriero, Informazione, mercato (nt. 1), 34 ss., 153 ss., 182 s.; Id., Insider trading e interessi meritevoli di tutela, in Il dovere di riservatezza (nt. 1), 261 ss.; Bartulli, Profili penali (nt. 1), 997 s.; Barsella, Insider trading e obblighi di divulgazione delle informazioni sui mercati finanziari, in Quad. finanza CONSOB, Roma, 1990, 42 ss., spec. a 44; G. Rossi, L’informazione societaria al bivio, in Riv. soc., 1986, 1091 s.; R. Alessi, Market egalitarianism e insider trading, ivi, 1980, 945, 951 ss., il quale sottolinea la circostanza che negli USA già a partire dal caso Chiarella (Chiarella v. U.S., 100 S.Ct. 1108 (1980)) era stato abbandonato il principio della parità d’informazione quale criterio fondante e discretivo dell’illiceità dell’insider trading. Si veda anche Gilotta, Trasparenza (nt. 8), 100, testo e nt. 26, in cui l’assunto del market egalitarianism è contestato anche con riguardo alla funzione dell’informazione continua: “La disclosure mitiga la situazione di asimmetria informativa tra soggetti operanti all’esterno e soggetti operanti all’interno delle società, ma non contribuisce di per sé a creare una situazione di «parità reale» tra investitori, né a potenziare – se non in minima parte – la competitività dell’investitore-risparmiatore – quale soggetto operante in concorrenza sul libero mercato – rispetto agli operatori professionali”.

Sul versante giurisprudenziale, comunque, s’incontrano plurimi riferimenti alla “parità informativa”, alla “parità di condizioni conoscitive” o ad altre formule analoghe: tra le altre, Cass., 20 gennaio 2010, n. 8588, in Cass. pen., 2010, 3240 ss.; Trib. Milano, 5 marzo 2008, in Guida al dir., 2008, n. 42, 102 ss.; Trib. Milano, 23 gennaio 2007, in Dir. e prat. soc., 2007, n. 14/15, 67 ss., con nota di Messina e Ricci; Trib. Siracusa, 10 aprile 1997, cit..

11 Di cui Zannotti (nt. 1), 403, denuncia la natura di assunto indimostrato in relazione all’istanza repressiva dell’insider trading, e di questo autore si segnalano anche i fondati dubbi intorno al paradigma della razionalità dell’investitore (a 415 ss.). Su quest’ultimo punto, illuminanti sono anche le riflessioni di F. Mucciarelli, Commento all’art. 184 TUF (nt. 1), 2339 ss.; Sgubbi, Tripodi (nt. 1), 20 s.; Iid., Fondaroli (nt. 1), 16; Napoleoni, voce Insider trading (nt. 1), 589; Denozza, La nozione (nt. 8), 591 ss.; Sgubbi, Il risparmio (nt. 7), 350 ss.. Perplesso, ma propenso a identificare l’“investitore ragionevole” in un investitore “quantomeno «preparato» o, meglio, «professionale»” è Annunziata, La disciplina (nt. 8), 398 (nonché Id., Abusi di mercato (nt. 8), 14 s.), mentre Seminara, Disclose or abstain (nt. 1), 339 ss.,in senso diverso e con argomentazione persuasiva conclude che “una volta stabilito che la nozione di informazione privilegiata postula, nel caso dell’insider trading, una valutazione oggettiva sulla sua concreta potenzialità di influenzare sensibilmente il prezzo del titolo, indipendentemente dall’opinione dell’agente, può ritenersi che in tale valutazione oggettiva sia assorbita la figura del ragionevole investitore, relegata così al ruolo di una mera iterazione”.

12 Sul punto e, più in generale, sulla inidoneità identificativa delle locuzioni “tutela del mercato” o “correttezza del mercato”, v. F. Mucciarelli, Commento all’art. 184 TUF (nt. 1), 2320 ss.; Id., L’insider trading (nt. 1), 928; Id., Speculazione mobiliare (nt. 1), 6 ss.; Tripodi (nt. 1), 2518 s.; Ferrarini (nt. 1), 46 ss., in cui si rinviene una rassegna ragionata di varie conclusioni raggiunte da studiosi statunitensi di analisi economica del diritto; Bartalena, Commento agli artt. 180-187 TUF (nt. 1), 1991 s.; Id., Insider trading,in Trattato Colombo-Portale (nt. 1), 235; Padovani (nt. 7), 641 ss.; Bartulli, voce Insider trading (nt. 1), 117. Per una critica degli argomenti che legittimano l’intervento penale in ragione dell’esigenza di incrementare la fiducia degli investitori e, conseguentemente, accrescere la liquidità dei mercati, si rinvia alle fondate ed attuali considerazioni di Musco (nt. 1), 328.

13 Non si può comunque sottacere l’impressione che alcuni orientamenti politici alla base delle scelte normative in tema di insider trading non siano stati del tutto obliterati, ed è quanto accade, ad esempio, leggendo il XV considerando della dir. 2003/6/CE, in cui si afferma che “l’abuso di informazioni privilegiate e la manipolazione del mercato sono di ostacolo alla reale e piena trasparenza del mercato, che è requisito fondamentale perché tutti gli operatori economici siano in grado di operare sumercati finanziari integrati” (corsivi aggiunti). Nel caso di specie, è significativo osservare che in ogni altro caso di menzione della “trasparenza” del mercato non si fa riferimento alla sua “realtà” o “pienezza”, ma se ne evoca un suo aumento (XXVI considerando), si raccomanda che ne siano promossi “elevati livelli” (XLIII considerando, primo trattino) o, infine, se ne paventa la mancanza (XLIII considerando, ultimo trattino). In altre parole, al di là della mutata terminologia e nonostante ci si sforzi di ribadire nei rimanenti considerando che esso non può essere altro che un obiettivo tendenziale, si riaffaccia rischiosamente il concetto di “parità informativa”: la presenza di questo fattore destabilizzante certo non mancherà di alimentare ancora il dibattito sull’interpretazione delle norme europee e nazionali in ordine all’ardua identificazione del bene giuridico tutelato, specie se si considerano i “vertici di rigorismo” raggiunti dal legislatore nazionale (quest’ultimo virgolettato appartiene a Foffani, Commento agli artt. 180 – 184 TUF, in Comm. breve leggi pen. complementari (nt. 1), 714).

L’inerzia interpretativa innescata dai considerando della prima delle due direttive citate nel testo si riflette anche in plurimi passaggi argomentativi centrati sulla parità tra gli investitori recentemente adoperati dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, la quale, con una sentenza dai molteplici profili discutibili, affronta il tema della configurazione c.d. oggettiva della fattispecie prevista dall’art. 2, par. 1, dir. 2003/6/CE: CGUE, 23 dicembre 2009, C-45/08, in Giur. comm., 2011, II, 49 ss., con nota condivisibilmente critica di Tripodi, alle cui considerazioni si può aggiungere che dai lavori preparatori emerge che la soppressione di ogni riferimento alla consapevolezza nella direttiva non è volto tanto a creare una sorta di automatismo sanzionatorio, bensì alla diversa finalità di consentire a ciascuno stato di articolare discrezionalmente la fattispecie punitiva per quanto concerne l’elemento psicologico.

14 Non è neppure mancato chi ha enfatizzato ulteriormente la funzione persuasiva della norma penale, definendola come una “«norma-manifesto», volta a convincere i risparmiatori del fatto che il mercato mobiliare è un mercato «pulito» e nel quale le contrattazioni avvengono «lealmente»”: Costi, Il mercato (nt. 8), 262; Costi, Enriques (nt. 1), 230.

15 Ha così condivisibilmente caratterizzato la scelta punitiva effettuata dal legislatore italiano Flick(nt. 4), 980, 983 ss. (a 984 per i virgolettati). V. anche Zannotti (nt. 1), 15 ss., 404; Bartalena, Insider trading, in Dig. disc. priv., sez. comm., VII (nt. 1), 403 s.; Musco (nt. 1), 333 s.; Seminara, Insider trading (nt. 1), 135 ss., 354 ss., con particolare attenzione all’“intrinseca immoralità” dell’insider trading ed all’esigenza di evitare un “approccio esclusivamente moralistico” al momento della sua criminalizzazione per non “innescare pericolosi meccanismi di equiparazione, sul piano normativo, delle ipotesi più eterogenee”. Sul punto merita di essere riportata pure l’avveduta opinione di M. Romano, Il diritto penale e la borsa, in Giur. comm., 1978, I, 716, il quale ritenne “un più alto grado di uguaglianza tra tutti gli operatori che si presentano sul mercato borsistico un fattore piuttosto importante, non idoneo certo a richiamare in modo diretto ed immediato l’investitore, sì però a allontanare col tempo una delle cause della sua diffidenza e a creare un costume di maggiore interesse e risposta all’appello da parte del risparmiatore”.

16 Su questo aspetto, si vedano le pionieristiche riflessioni di Pedrazzi, Problemi di tecnica legislativa, in Comportamenti economici e legislazione penale, a cura di Pedrazzi e Coco, Milano, 1979, 32 ss..

17 Così, lucidamente, Sgubbi, Tripodi (nt. 1), 3; Iid., Fondaroli (nt. 1), 30; As. Di Amato, Gli abusi di mercato (nt. 1), 92; Musco (nt. 1), 334 s.; Bricola, Profili penali della disciplina del mercato finanziario, in questa Rivista, 1990, I, 51 ss.; Seminara, Insider trading (nt. 1), 87 s., 354 ss..

18 Calzanti si rivelano le riflessioni di carattere generale svolte da Denozza, Norme, principi e clausole generali nel diritto commerciale: un’analisi funzionale, relazione presentata a Roma il 16 luglio 2010 per introdurre il convegno “Le clausole generali nel diritto commerciale e industriale” (svoltosi a Roma, 11 e 12 febbraio 2011), reperibile sul sito http://www.orizzontideldirittocommerciale.net, 7: “A me sembra che esista anche un problema che attiene invece al livello di precisione raggiunto nella determinazione delle valutazioni, cioè, in sostanza, degli interessi da proteggere. In questo secondo ambito il problema appare ancora più articolato e complesso, perché non credo si riproduca qui quel chiaro accoppiamento tra tipi di fattispecie e tipi di regole (chiare definizioni-rules / elementi di incertezza-standards) […]. Voglio dire, cioè, che quando è in gioco la definizione non dei fatti ma delle valutazioni e degli interessi da proteggere, non è affatto detto che valutazioni chiaramente definite si traducano in rules mentre vaghezze e ambiguità si traducano in standards. Può darsi che questa seconda ipotesi (ambiguità nella definizione degli interessi protetti) richieda invece il ricorso ad analitici sistemi di rules”.

Proprio quest’ultimo sembra essere il caso della repressione dei vari fenomeni di insider trading, ove, ad un’incerta, se non carente, individuazione del bene giuridico tutelato, si accompagna un profluvio di regole minuziose, volte, tra l’altro, anche a circoscrivere la potenzialità espansiva della sanzione individuando una serie di condotte scriminate o indicandone altre come sospette (v. artt. 7 e 8 dir. 2003/6/CE, artt. 4 e 5 dir. 2003/124/CE, reg. CE 2273/2003, art. 183 TUF, artt. 34-septies e 144-bis reg. emittenti, com. CONSOB, 29 novembre 2005,n. DME/5078692; del. CONSOB, 19 marzo 2009, n. 16839; com. CONSOB, 30 aprile 2010, n. DME/10039224, nonché i punti 56 – 60 della sent. CGUE, 23 dicembre 2009, C-45/08), il che mette in luce i rapporti con una serie di altri valori confliggenti, nonché, in senso più ampio, il potenziale delle ripercussioni dell’indeterminatezza che si registra intorno alle stesse fondamenta di tale edificio normativo.

19 Cfr. Galli (nt. 1), 343 ss.; Alvisi, Abusi di mercato e tutele civili, in Contr. e impr. – Eur., 2007, 181 ss., 198 ss.; Napoleoni, Insider trading (nt. 1), 2242 s., ove per la formulazione di diverse proposte de lege ferenda, tra cui quella poi effettivamente concretizzatasi di attribuire alla CONSOB il diritto di richiedere il risarcimento dei danni all’insider; Sgubbi, Il risparmio (nt. 7), 347 s.; Costi, Enriques (nt. 1), loc. ult. cit.; Perrone, Informazione al mercato e tutele dell’investitore, Milano, 2003, 171 ss., 204 ss.; Bartalena, Insider trading,in Trattato Colombo-Portale (nt. 1), 226, 230 ss.; Id., L’abuso (nt. 1), 157 ss., 183 ss.; Maccabruni (nt. 1), 614 ss.; P.L. Carbone (nt. 1), 184 ss., 208 ss., 333 ss.; Carriero, Asimmetrie informative e insider trading: prospettive civilistiche di tutela, in Dir. banc. merc. fin., 1995, I, 534 ss.; Id., Informazione, mercato (nt. 1), 183 ss.; Abbadessa (nt. 1), 751 ss.; P.G. Marchetti, Profili privatistici dell’insider trading, Ag. Gambino, La valutazione degli interessi protetti e le conseguenze giuridiche, e M. Nuzzo, Insider trading e tutele civilistiche, in Il dovere di riservatezza (nt. 1), rispettivamente a 153 ss., 381 ss., 389 ss.; G. Santoro, Insider trading: profili civilistici, in Contr. e impr., 1992, 663 ss.. Si vedano anche le acute riflessioni di Seminara, Insider trading (nt. 1), 328 ss., spec. 339 ss.. La complessità dei problemi di individuazione dei soggetti lesi, nonché del pregiudizio da loro sofferto, della sua natura e quantificazione sono testimoniati dalle poche e sofferte sentenza sinora pubblicate che abbiano concesso il risarcimento su domanda di un investitore danneggiato: Trib. Milano, 5 marzo 2008, cit. (ma se ne veda anche il parziale annullamento effettuato da Cass., 20 gennaio 2010, n. 8588, cit.); Trib. Milano, 14 febbraio 2004, in Foro it., 2004, I, 1581 ss., con nota di Carriero (a cui si rinvia per un critica concernente l’accertamento della sussistenza del nesso eziologico), nonché in Società, 2005, 110 ss., con nota di Giavazzi (ove per la sottolineatura che le particolari dinamiche del caso di specie abbiano influito sulla possibilità di raggiungere la condanna al risarcimento dei danni, rendendola per molti versi singolare e non ripetibile).

Svariate sono state invece le pronunce in cui con varia argomentazione si è proceduto a liquidare un risarcimento alla CONSOB, da quando le è stato riconosciuto (con generale disapprovazione da parte della dottrina: v. supra, sub nt. 5) il potere di costituirsi parte civile nei procedimenti penali per insider trading (art. 187-undecies, comma 2°, TUF), ma tra tutte meritano di essere riportati alcuni condivisibili passaggi critici di Cass., 20 gennaio 2010, n. 8588, cit. (nella quale si rinvengono anche ampi riferimenti alla giurisprudenza di merito): “Non può plausibilmente sostenersi che CONSOB possa agire per il ristoro patrimoniale delle conseguenze di un illecito che non vulnera la sua soggettività o la sua sfera patrimoniale. La lettera della norma, infatti, allude al pregiudizio «all’integrità del mercato», cioè ad un’entità (in sé astratta) che è distinta dall’ente di vigilanza (né la responsabilità per danni attinge alla sfera di propri funzionali o dipendenti, ma di soggetti sottoposti alla sua vigilanza). Per quanto siano encomiabili gli sforzi interpretativi per darsi ragione della volontà normativa, la lesione dell’integrità del mercato non riesce, secondo i normali criteri di imputazione causale, a trasformarsi in danno all’integrità dell’ente pubblico di vigilanza: vorrebbe dire giungere all’identificazione dell’oggetto del compito tutorio con il soggetto ad esso preposto. Al contempo, la «frustrazione» che l’illecito reca ai compiti istituzionali dell’ente non coincide con il danno che gli operatori del mercato possono lamentare, poiché il pregiudizio patrimoniale non scaturisce dalla compressione delle funzioni di controllo, bensì dalla commissione del reato, nonostante il dispiegamento delle stesse. Sì che, piuttosto, avrebbe senso logico riguardare a CONSOB come potenzialmente responsabile di un insufficiente controllo a cui era stata preposta”.

20 Al riguardo è di particolare interesse la disamina svolta da Padovani (nt. 7), 637 ss., il quale identifica e descrive la categoria dei reati ad offesa funzionale. Tale concezione è stata ripresa e sviluppata da Venafro (nt. 4), 950 ss., la quale ha tuttavia concluso che “la fattispecie penale sia posta a salvaguardia, esclusivamente, del meccanismo che regola la pubblicità e non della tutela della trasparenza in sé”, con una scelta interpretativa che non tiene adeguatamente in conto l’imperfetta simmetria tra le informazioni rilevanti per l’art. 114 TUF e quelle ricomprese nell’art. 181 TUF. Tra le pronunce, si segnala al riguardo Trib. Milano, 28 maggio 2011, cit., nella cui motivazione si legge che “proprio perché si tratta di un reato di pericolo appare più coerente con tale connotazione ritenere che la sua sussistenza dovrà essere innanzi tutto frutto di una seria ed esauriente prognosi postuma e non potrà dipendere […] esclusivamente dall’accertamento effettivo della lesione realizzatasi, in particolare dalla entità della sua ricaduta sul mercato, dato che, spostando impropriamente l’analisi dal pericolo, sia pure rigorosamente contestualizzato, al danno, si rischia di trasformarne l’intrinseca natura”. Diversamente, invece, argomenta, Trib. Torino, 18 marzo 2011, in Riv. dott. comm., 2011, 679 ss., con nota di Chiaraviglio, ponendo l’accento sulla classificazione del delitto di manipolazione del mercato come reato di pericolo concreto (e sia pure al fine di illustrare i rapporti e le differenze con il corrispondente illecito amministrativo).

21 Discorso a parte meriterebbe di essere fatto almeno per le operazioni poste in essere dall’emittente sulle proprie azioni: sia sufficiente per ora sottolineare che anche a prescindere dalla valutazione sull’abuso di qualsivoglia posizione informativamente privilegiata e dalla finalità perseguita, la decisione concernente il riacquisto può porre plurimi rischi di ingiuste sperequazioni tra gli azionisti. Proprio per tale motivo, al di là dei limiti e delle condizioni di ispirazione europea al riguardo dell’esecuzione di tali operazioni (reg. CE 2273/2003; art. 183, comma 1°, lett. b), TUF; artt. 34-septies, 87-bis, 144-bis reg. emittenti), si sottolinea l’importanza dell’introduzione della clausola sulla parità di trattamento ex art. 132, comma 1°, TUF, a sua volta munito di sanzione penale (art. 172 TUF). Su questa disposizione, v. Ghetti, Commento all’art. 132 TUF, in Commentario T.U.F. (nt. 1), 1434 s., 1439 ss.; Carbonetti, Commento all’art. 132 TUF, in Il testo unico della finanza, a cura di Fratini e Gasparri, II (nt. 1), 1800 s.; Id., Commento all’art. 132 TUF, in Commentario al Testo Unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, a cura di Alpa e Capriglione, II (nt. 1), 1209 ss.; R. Santagata, Commento all’art. 132 TUF, in Il Testo Unico della Finanza, a cura di G.F. Campobasso (nt. 1), 606, 608 s. (versione informatica); Seminara, Commento all’art. 172 TUF, ivi, 794 s. (versione informatica). L’importanza del problema era già stata avvertita ed attentamente affrontata da F. Mucciarelli, Speculazione (nt. 1), 86 ss., anche se in questa sede non è affrontato l’argomento della parità di trattamento dei soci; Carriero, Informazione, mercato (nt. 1), 126 ss.; P.L. Carbone (nt. 1), 139 ss., spec. 143 s.; Carbonetti, Acquisto di azioni propriee insider trading, in Il dovere di riservatezza (nt. 1), 231 ss., spec. 243 ss.; Id., Acquisto di azioni proprie (nt. 1), 1012 ss., spec. 1020 s.; Grande Stevens, Questioni in tema di insider trading e azioni proprie, in Riv. soc., 1989, 1006 ss..

22 Su quest’aspetto che richiederebbe di essere oggetto di studio specifico, si rinvia alle riflessioni di Gilotta, Trasparenza (nt. 8), 9 ss., spec. nt. 17 e 18; P.L. Carbone (nt. 1), 84 ss., 105 s., 210 ss., testo e note, 228 ss., 296 ss.; Carriero, Informazione, mercato (nt. 1), 127 s., 218 ss.; Pardolesi, Motti, «L’idea è mia!»: lusinghe e misfatti dell’economics of information, in Dir. inform., 1990, 345 ss., spec. 348 s.; Bartalena, L’abuso (nt. 1), 15 ss.. Cui adde lo spunto critico di Costi, Gli interessi tutelati, in Il dovere di riservatezza (nt. 1), 379.

23 Per un’analisi aggiornata concernente l’attività di questi soggetti alla luce dell’art. 114, comma 8°, TUF e delle relative norme attuative, si vedano Annunziata, Commento all’art. 114 TUF (nt. 8), 1518 s.; Id., Abusi di mercato (nt. 8), 53 ss.; Pederzini, Commento all’art. 114 TUF (nt. 1), 990 ss.; Malavenda, Melzi d’Eril, Abuso di mercato e informazione economica, Padova, 2007, 127 ss..

24 Al riguardo si segnala la distinzione tra corporate information e analytical information di matrice dottrinaria statunitense e riproposta da P.L. Carbone (nt. 1), 232 ss.,243 ss., secondo cui solo la seconda categoria di informazioni è liberamente appropriabile e disponibile per la società che ha come oggetto della propria attività d’impresa proprio l’analisi di dati finanziari, mentre la prima categoria (limitatamente alle informazioni designate come material dall’Autore: ossia quelle notizie “sulle strategie, sulla vita, sulla produzione dei beni”) non costituirebbe un “prodotto finito dell’attività d’impresa” e, essendo naturalmente destinata alla diffusione sul mercato, non potrebbe essere liberamente disponibile per l’impresa interessata. Cfr. anche le diverse impostazioni di F. Mucciarelli, Speculazione (nt. 1), 113 ss.; Carriero, Informazione, mercato (nt. 1), 218 ss.; Di Brina, Il divieto di insider trading, in Il dovere di riservatezza (nt. 1), 433 ss.; Seminara, Insider trading (nt. 1), 178 ss., spec. 181 ss..

25 V. F. Mucciarelli, Commento all’art. 184 TUF (nt. 1), 2325 ss.; Sgubbi, Tripodi (nt. 1), 22 ss.; Iid., Fondaroli (nt. 1), 46 ss.; Napoleoni, voce Insider trading (nt. 1), 583, anche se con accenti critici; Tripodi (nt. 1), 2531, 2538 ss.; Di Brina (nt. 24), 430 ss., 442 ss..

26 Non pare quindi che le correnti di pensiero per cui l’informazione va identificata in una “trasmissione intersoggettiva” (L. Di Brina (nt. 24), 430) o che identificano il suo aspetto rilevante nell’estraneità del dato al patrimonio conoscitivo del percettore (F. Mucciarelli, Commento all’art. 184 TUF (nt. 1), 2326) siano alternative ed inconciliabili: entrambe sembrano piuttosto frutto dell’osservazione da diversi punti di vista del medesimo fenomeno e si crede che possano essere utilmente inscritte nella definizione che si è suggerito nel testo. Diversamente, Tripodi (nt. 1), 2540 s., il quale, rielaborando alcune riflessioni di Seminara (Id., Insider trading e gruppi di società, in Riv. pen., 1998, 546, in cui si sostiene che la società che abbia maturato un proposito operativo possa incontrare dei limiti nella sua messa in atto, in quanto ove tale intenzione debba essere oggetto di comunicazione alla CONSOB, essa, per così dire, si “oggettivizza” acquisendo la natura di informazione, in ragione della sua alterità rispetto alla sua fonte originaria, e fa così insorgere temporaneamente in capo alla società i divieti operativi previsti; Id., Disclose or abstain (nt. 1), 348 s., nt. 33) giunge ad esiti che non pare di poter condividere e dei quali egli stesso sembra ammettere l’artificiosità: “Quando il dato interno si «oggettiva» in virtù di un processo di «esternazione», realizzato attraverso l’atto comunicativo, può considerarsi «finzionisticamente» soddisfatto il requisito della diversità tra la fonte dell’informazione ed il soggetto che la utilizza, in quanto costui, una volta comunicata ad altri la notizia prodotta, utilizzerà la medesima come qualsiasi altro dato conoscitivo esterno rispetto a sé” (corsivo aggiunto). In particolare, si crede che esso sia viziato dall’esempio prescelto per la sua dimostrazione, ovvero quello di un amministratore apprezzato dal mercato che decide di dimettersi e vende i propri titoli prima di comunicare la propria volontà alla società d’appartenenza allo scopo di evitare il ribasso delle quotazioni. Se tuttavia egli rende note ad un collega la sua intenzione di dimettersi, l’informazione privilegiata ed il relativo apparato di divieti e sanzioni si possono profilare, casomai, per quest’ultimo, né si coglie perché al primo dovrebbe “di rimbalzo” risultare inibita la vendita delle proprie azioni, a meno che, come si vedrà (infra, sub par. 4), tale complessiva operazione non costituisca il momento preparatorio o esecutivo di una più articolata attività delittuosa.

27 In proposito rilevava Galgano (nt. 1), 639, che “ciò che si «ottiene» è quanto in precedenza non si ha, cioè la conoscenza di eventi o propositi altrui”. Per un commento sull’irrilevanza dell’eliminazione nella norma vigente del participio “ottenuta”, presente nell’art. 2, comma 1°, l. 157/1991, v. Sgubbi, Tripodi (nt. 1), 23 s.; Tripodi (nt. 1), 2540.

28 Sul punto si considerino le riflessioni svolte intorno all’art. 2, comma 1°, l. 157/1991 da Seminara, Il reato di insider trading (nt. 5), 330: “La presunzione assoluta ivi statuita proibisce all’insider di operare sul mercato in quanto tale, cioè come detentore di un’informazione privilegiata, ma non quando […] l’operazione di borsa rappresenti il mero effetto di una precedente decisione maturata sulla basa di una libera valutazione, sulla quale le informazioni privilegiate non hanno esercitato alcuna influenza”.

29 Quanto detto vale, si ribadisce, solo per quanto riguarda le persone fisiche, presentandosi invece problemi di natura evidentemente diversa se il discorso viene svolto in relazione a soggetti giuridici. In merito a questi ultimi, come noto, il procedimento formativo della volontà dell’ente si può scomporre in una sequenza complessa e variamente articolata di fasi prodromiche e preparatorie più o meno formalizzate e di deliberazioni conseguentemente assunte da organi con competenze e poteri eterogenei: ciascuno di questi momenti è potenzialmente suscettibile a sua volta di rappresentare un’informazione privilegiata (per non parlare delle difficoltà poste dalle operazioni che richiedono il perfezionamento di fattispecie a formazione progressiva: cfr. Gilotta, Commento all’art. 114 TUF (nt. 8), 1161; Seminara, Disclose or abstain (nt. 1), 350 ss.; Pederzini, Commento all’art. 114 TUF (nt. 1), 980 ss.; Carrière (nt. 8), 338 ss.; Sfameni, Commento all’art. 114 TUF, in La disciplina delle società quotate (nt. 1), 522 ss.; Carbonetti (nt. 1), 1014 ss.; in giurisprudenza si deve segnalare la recente sentenza CGUE, 28 giugno 2012, C-19/11, disponibile sul sito http://curia.europa.eu, ove è affrontata la tematica della qualificabilità sub species di informazione privilegiata ai fini della comunicazione al pubblico delle fasi intermedie di una fattispecie a formazione progressiva). Inoltre, l’acquisizione e l’imputazione della conoscenza al loro interno sono situazioni che presentano aspetti problematici non risolvibili ricorrendo all’analogia con i principi concernenti le persone fisiche (sul punto si rinvia all’ampio studio di M. Campobasso, L’imputazione di conoscenza nelle società, Milano, 2002, 127 ss., 312 ss., 377 ss., nonché a 24 ss., 100 ss., per alcune considerazioni critiche sui chinese walls). Si avverte comunque che ai quesiti che qui ci si limita a porre si potrà dare una risposta solo attraverso gli argomenti che si presenteranno più oltre nel testo in corrispondenza della nt. 44 e nel par. 4.

30 Timori espressi con particolare incisività da Musco (nt. 1), 336, che rispetto agli insiders societari rappresentava il concreto rischio di “scivolare verso un reato «di autore», legato semplicemente all’effettuazione di un’operazione borsistica da parte di determinati soggetti”.

31 V. supra, sub nt. 8.

32 Il passaggio citato è tratto da Seminara, Disclose or abstain (nt. 1), 344. In argomento, comunque, v. Carrière (nt. 8), 352, il quale propugna “la necessità di un approccio interpretativo che consenta […] di delineare un diverso contenuto e quindi un diverso trattamento dell’informazione privilegiata nei nei due diversi ambiti” (e sui profili di imperfetta coincidenza si vedano le considerazioni a 360 ss., nonché, in sintesi, a 370 ss.); Bartulli, Profili penali (nt. 1), 989 s..

33 Sul punto si ricorda che la stessa sentenza qui annotata significativamente afferma che “non è chiaro per quale motivo lo stesso provvedimento impugnato invece […] escluda” l’applicazione del principio di cui al considerando in questione. Non solo, il TAR osserva condivisibilmente che non è comprensibile “il significato della distinzione,proposta dalle difese CONSOB, tra rastrellamenti ammessi – finalizzati ad acquisire il controllo della società – e vietati, cui sarebbe riconducibile quello in esame”. Le prospettazioni cui fa cenno il giudice amministrativo, peraltro, non sembrano collimare con i convincimenti in passato espressi da una componente del collegio difensivo, la quale, pur propugnando una lettura restrittiva del XXX considerando, riteneva che dovessero inscriversi nel principio da esso espresso proprio il “rastrellamento di titoli effettuato per il lancio di un’OPA, ovvero una rilevante operazione su strumenti finanziari che sia di per sé idonea ad incidere sensibilmente sul prezzo degli stessi titoli” (così, Ermetes (nt. 1), 987).

34 In proposito si rinvia alle considerazioni di portata generale di Viganò, L’influenza delle norme sovranazionali nel giudizio di ‘antigiuridicità’ del fatto tipico, in Riv. it. dir. e proc. pen., 2011, 1062 ss., spec. 1064 ss.; Id., Recenti sviluppi in tema di rapporti tra diritto comunitario e diritto penale, in Dir. pen. e proc., 2005, 1437 s.; V. Manes, Metodo e limiti dell’interpretazione conforme alle fonti sovrannazionali in materia penale, 2012, p. 1 ss., spec. 29 ss., disponibile sul sito http://www.penalecontemporaneo.it, nonché per quanto concerne più da vicino la materia di cui ci si sta occupando: F. Mucciarelli, Commento all’art. 184 TUF (nt. 1), 2321 s., testo e nt. 9; Sgubbi, Tripodi (nt. 1), 22 ss.; Iid., Fondaroli (nt. 1), 48. La centralità dei considerando è altresì enfatizzata dalla lettura che la stessa Corte di Giustizia dell’Unione Europea (sent. 23 dicembre 2009, C-45/08, cit., punti 56 ss., ove si passa in rassegna il XVIII, il XXIX ed il XXX considerando) ne ha fatto proprio allo scopo di illuminare il significato da attribuire alla norma dell’art. 2, par. 1, dir. 2003/6/CE intorno alla cui interpretazione era state sollevate varie questioni pregiudiziali.

35 V. supra, sub nt. 18 e testo corrispondente.

36 Non va però pretermesso il dato incidentalmente ricavabile dal XVII considerando, ove si rileva che “per quanto riguarda l’abuso di informazioni privilegiate, si dovrebbe tener conto dei casi in cui la fonte di tali informazioni non è legata a una professione o a una funzione ma allo svolgimento di attività criminali […]”. Il riferimento alla scaturigine dell’informazione o al suo conseguimento (peraltro presenti sia nella versione inglese di tale considerando, che in quella francese, spagnola e tedesca) denota in maniera sufficientemente univoca il genere di situazione verso cui la direttiva indirizza la predisposizione dell’apparato sanzionatorio da parte degli stati membri. Ciò corrobora ulteriormente l’idea che tale situazione vada identificata con lo sfruttamento di una cognizione acquisita aliunde dall’“iniziato” e non da lui creata o elaborata.

Corre inoltre l’obbligo di segnalare che nella proposta COM (2011) 654 della Commissione Europea per una nuova direttiva relativa alle sanzioni penali in caso di abuso di informazioni privilegiate e di manipolazione del mercato il testo di tale considerando non risulta più essere presente, il che comunque non consentirà di pronunciarsi nel senso della sua sopraggiunta irrilevanza (così, invece, Lombardo (nt.1) 58, nt. 45), se solo si considera che per quanto qui interessa il profilo sistematico riscontrabile nella proposta di direttiva è sostanzialmente sovrapponibile a quello che sarà ricostruito di seguito nel testo.

37 Svaluta invece l’ausilio che tale considerando può fornire all’interprete Tripodi (nt. 1), 2542.

38 Si vedano anche, in senso analogo, i punti 45 e 46 della medesima sentenza. Sempre in materia di insider trading, attinge ampiamente ai considerando di entrambe le direttive indicate nel testo anche la sentenza CGUE, 10 maggio 2007, C-391/04, in Foro it., 2007, IV, 367 s., con nota di Carriero. Si veda anche CGUE, 28 giugno 2012, C-19/11, cit..

39 Anche il complesso di talune norme attinenti l’informazione societaria denota la speciale attenzione posta nell’identificazione dei soggetti che possono accedere alle informazioni privilegiate (attraverso la loro iscrizione in appositi registri tenuti dagli emittenti: art. 5 dir. 2004/72/CE, art. 115-bis TUF, artt. 152-bis – 152-quinquies reg. emittenti, com. CONSOB, 28 marzo 2006, n. DME/6027054, parte VI) e nell’evidenziazione delle operazioni che taluni di loro possono effettuare (c.d. internal dealing: art. 6 dir. 2004/72/CE, art. 114, comma 7°, TUF, artt. 152-sexies – 152-octies reg. emittenti, com. CONSOB, 28 marzo 2006, n. DME/6027054, parte VII) al triplice e combinato scopo di rendere più visibili al mercato le loro scelte di investimento, dissuaderli dall’indebito sfruttamento delle informazioni che hanno acquisito, ed agevolare le indagini delle autorità competenti in merito alla commissione di abusi di mercato. Per ulteriori considerazioni, si rinvia agli autori citati supra, sub nt. 8.

40 Prima ancora della consacrazione normativa del 1991, Seminara, Insider trading (nt. 1), 135, sottolineava che “tra l’ambito delle conoscenze di cui è vietato l’utilizzo in borsa e quello dei soggetti attivi si delinea dunque quasi una sorta di rapporto inversamente proporzionale, poiché la maggiore estensione del primo rende opportuna una delimitazione del secondo”, anticipando nei fatti la scelta poi operata dal legislatore di configurare il reato come proprio.

41 Cfr. le concordi opinioni di F. Mucciarelli, Commento all’art. 184 TUF (nt. 1), 2349 ss.; Sgubbi, Tripodi (nt. 1), 4 ss.; Iid., Fondaroli (nt. 1), 33 ss.

42 Non a caso F. Mucciarelli, Speculazione, cit., 65, parla di “rapporto «privilegiato»”, riferendo questo attributo all’elemento della fattispecie che più direttamente d’ogni altro rappresenta il presupposto genetico della posizione di vantaggio informativo.

43 Vale la pena precisare che la ricorrenza del presupposto oggettivo del rapporto qualificato con l’emittente ricorre altresì nella norma dell’art. 187-bis TUF, con cui è stato introdotto l’illecito amministrativo di abuso di informazioni privilegiate. Inoltre, per quanto riguarda le condotte poste in essere dai c.d. secondary insiders e sanzionate dall’art. 187-bis, comma 4°, TUF, si concorda con l’autorevole opinione secondo cui, nonostante la disposizione si concentri sull’individuazione dello stato soggettivo dell’agente e non menzioni le modalità d’acquisizione dell’informazione, queste ultime non siano del tutto indifferenti, poiché “essere a conoscenza del carattere privilegiato di una parte dell’informazione implica la diretta conoscenza dell’origine dell’informazione o quantomeno la consapevolezza della provenienza di quella informazione da un insider” (il virgolettato appartiene a Ferrarini (nt. 1), 56).

44 L’inquadramento in tal senso risale già a F. Mucciarelli, Speculazione (nt. 1), 162 ss.

45 Si confrontino al riguardo le espressioni adoperate dagli autori citati supra, sub nt. 6.

46 Fermo restando che l’accertamento non può che essere condotto su base casistica, qualche esempio può essere illuminante: il dirigente di una società bancaria che conosca le condizioni economico-finanziarie di una società quotata con cui sussiste un’apertura di credito “in sofferenza” può utilizzare tale informazione soltanto per concorrere all’assunzione delle opportune decisioni al riguardo del rapporto e non per speculare sull’andamento dei titoli di quella società; l’amministratore delegato di una società che sia al corrente dell’imminente soccombenza in un giudizio che ha ad oggetto un ingente risarcimento danni non può realizzare operazioni finalizzate a lucrare dal previsto ribasso, ma deve adoperarsi per attenuare le conseguenze negative (interne e di mercato) dell’atteso depauperamento patrimoniale; il socio che abbia avuto accesso a notizie sul prossimo lancio di un’OPA da parte della società cui appartiene nei confronti di un’emittente quotata non può rastrellare azioni della società “bersaglio” per approfittare personalmente del prevedibile rialzo delle quotazioni, ma potrà soltanto beneficiare degli effetti dell’acquisizione una volta ultimata. Ciò che si vuole evidenziare è che nei casi qui proposti il comune denominatore dei comportamenti proibiti è l’inconciliabilità dei moventi personali (come rispecchiati dalle azioni compiute) rispetto al bisogno o interesse dell’ente che l’informazione privilegiata è volta a soddisfare. Cfr. Amati, Commento all’art. 184 TUF (nt. 5), 1050, che esclude dall’ambito di applicabilità delle previsioni sull’insider trading “coloro che posseggono l’informazione sulla società in forza della stessa gestione societaria e che utilizzano la notizia in vista dell’utilità dell’organismo medesimo”. Si veda anche poco oltre il testo in corrispondenza della nt. 50.

47 Ma può comunque incidere sulla commisurazione della pena pecuniaria, fino a giungere alle elevatissime soglie fissate dagli artt. 184, comma 3°, e 187-bis, comma 5°, TUF.

48 Segnalava opportunamente l’inconsistenza di una simile impostazione Carriero, Informazione, mercato (nt. 1), 127 ss.

49 Questa è l’opinione di F. Mucciarelli, Commento all’art. 184 TUF (nt. 1), 2365, espressa all’esito di un ragionato confronto tra vari possibili scenari ricompresi nelle norme citate per evidenziarne il tratto comune. Cfr. anche Napoleoni, voce Insider trading (nt. 1), 598 s.; Tripodi (nt. 1), 2542.

50 Ciò testimonia la graduale ibridazione normativa delle finalità societarie ed imprenditoriali con gli interessi speculativi tipici dei mercati finanziari presagita da Angelici (nt. 8), 265.

51 O, se si preferisce, immeritatamente, scontando tuttavia quest’ultima connotazione uno sbilanciamento verso componenti valutative di carattere etico, che si possono comunque scongiurare adoperando il genere di verifica proposto.

52 Sempre che essa sia lecita e legittima, naturalmente, poiché in caso contrario è doveroso per i componenti dell’organo competente rifiutarsi di darle seguito. Per altro verso, se decidessero ugualmente di eseguirla, allora essi resteranno personalmente responsabili per i danni arrecati al soggetto giuridico cui appartengono ed ai terzi e potranno essere inoltre revocati dal loro incarico. In proposito, v. per tutti Abbadessa, La gestione dell’impresa nella società per azioni. Profili organizzativi, Milano, 1975, 61 ss..

53 Concordi sul punto sono le osservazioni di Sgubbi, Tripodi (nt. 1), 24; Amati, Commento all’art. 184 TUF (nt. 5), 1050. Peraltro, già in merito all’art. 2, par. 2, dir. 89/592/CEE Casella, Alcune osservazioni in tema di «insider trading», in Giur. comm., 1989, I, 842, si pronunciava a favore di “limitare il divieto di operare al caso in cui l’insider (comprendendo nel termine anche i tippees) operi nell’interesse proprio o di un terzo, ma escludendo ogni divieto nel caso in cui agisca nella sua veste organica, nell’interesse della società”; nello stesso senso anche Pedrazzi, Riflessioni (nt. 1), 1666, il quale puntualizza che “l’efficacia preclusiva della notizia di una deliberazione non ancora resa pubblica non si estende alla società interessata (meglio: a chiunque operi per suo conto)” (corsivo aggiunto).

54 Coerentemente con la logica che qui si segue, l’ente è viceversa esente dalla responsabilità amministrativa se riesce a fornire la prova della riferibilità delle operazioni ai soggetti nel cui interesse sono state svolte (arg. ex art. 187-quinquies, comma 3°, TUF): alla base dell’esonero da responsabilità vi è, cioè, ancora una volta lo sviamento di un’informazione dalle sue finalità per poter soddisfare interessi particolari e non imputabili all’ente nel suo insieme. Sulla responsabilità amministrativa dell’ente per il compimento di abusi di mercato, v. Bruno, Commento all’art. 187-quinquies TUF, in Commentario T.U.F., a cura di Vella (nt. 1), 1819 ss.; Fratini, Commento all’art. 187-quinquies TUF, in Il testo unico della finanza, a cura di Fratini e Gasparri, III (nt. 1), 2518 ss.; Santi, La responsabilità delle “persone giuridiche” per illeciti penali e per illeciti amministrativi di abuso di informazioni privilegiate e di manipolazione di mercato, in questa Rivista, 2006, I, 81 ss.; Seminara, Disposizioni comuni (nt. 1), 13 ss.. Chiariscono il controverso rapporto tra l’art. 187-quinquies TUF, l’art. 25-sexies d.lgs. 231/2001 e l’art. 6, comma 3°, l. 689/1981 due pronunce giurisprudenziali in tema di manipolazione di mercato (Cass. S.U., 30 settembre 2009, n. 20936, in questa Rivista, 2010, II, 290 ss., con nota di Vigo, nonché in Foro it., 2010, I, 3215 ss., con nota di Casoria; tale sentenza ha confermato le statuizioni di App. Torino, 23 gennaio 2008, n. 78, inedita): in particolare, da un lato, è dichiarata l’insussistenza di un rapporto di specialità tra l’art. 187-quinquies TUF e l’art. 6, comma 3°, l. 689/1981 (“atteso che la prima norma configura una ipotesi di responsabilità amministrativa della persona giuridica per fatto proprio, la seconda una fattispecie di «debito senza responsabilità», essendo l’ente chiamato a rispondere della violazione commessa dal proprio organo non per diretta responsabilità, quanto in funzione di adiectus solutionis causa”), mentre, dall’altro, si ritiene legittimo il cumulo tra l’art. 187-quinquies e l’art. 25-sexies d.lgs. 231/2001 (nonostante la dottrina contesti il potenziale effetto duplicativo delle sanzioni in capo all’ente così realizzato: Bruno (nt. 54), 1821; Zannotti (nt. 1), 421 ss.; Bartolomucci, Market abuse directivee «le» responsabilità amministrative degli emittenti, in Società, 2005, 919 ss.).

55 Cfr. F. Mucciarelli, Commento all’art. 184 TUF (nt. 1), 2349; Id., L’abuso (nt. 1), 1468; Gasparri (nt. 5), 2460 s.;Sgubbi, Tripodi (nt. 1), 22; Napoleoni, voce Insider trading (nt. 1), 591; Pederzini, Commento all’art. 181 TUF (nt. 1), 1036 ss.; Bartalena, Insider trading (nt. 1),246.

56 In proposito, si può rinviare alle trattazioni degli autori citati supra, sub nt. 21, cui adde, sullo specifico argomento dei safe harbours, Ragno, Gli «abusi di mercato», in Banche e mercati finanziari, a cura di Vella, Torino, 2012, 466 ss.; F. Mucciarelli, Commento all’art. 184 TUF (nt. 1), 2376 s.; Gasparri (nt. 5), 2474 s.; Sgubbi, Tripodi (nt. 1), 39 s.; Iid., Fondaroli (nt. 1), 22 ss.; Napoleoni, voce Insider trading (nt. 1), 601; Tripodi (nt. 1), 2543; Rondinelli, Commento all’art. 183 TUF (nt. 1), 1042 ss.; Seminara, Disposizioni comuni (nt. 1), 11. Per un caso in cui si è ritenuto che le prescrizioni europee fossero state violate in quanto l’operazione di riacquisto non era stata preceduta dall’adempimento degli obblighi di cui all’art. 114 TUF, v. Trib. Milano, 25 ottobre 2006, cit..

57 In merito alla quale, v. F. Mucciarelli, Commento all’art. 184 TUF (nt. 1), 2368 s.; Id., L’abuso (nt. 1), 1472; Gasparri (nt. 5), 2442 ss.; Seminara, Disclose or abstain (nt. 1), 357 ss.; Sgubbi, Tripodi (nt. 1), 7 s., 24 s.; Iid., Fondaroli (nt. 1), 45 s.; Napoleoni, voce Insider trading (nt. 1), 594; Zannotti (nt. 1), 407 ss.; Tripodi (nt. 1), 2530 s., 2541 s.; Amati, Commento all’art. 184 TUF (nt. 1), 1055.

58 Opportunamente si precisa, comunque, che il termine “preparazione” adoperato nelle disposizioni del TUF va interpretato “come organizzazione o predisposizione di mezzi che abbia raggiunto uno stato tale da rendere la verificazione dell’evento ragionevolmente prevedibile” (così Seminara, Disclose or abstain (nt. 1), 360; cui adde Gasparri(nt. 5), 2444), affinché non si possa giungere a ritenere punibile in violazione del principio nemo cogitationis poena patitur anche la sola ideazione del piano criminoso, che di per sé non può neppure aspirare ad essere configurata quale tentativo.

59 Per questi ultimi, come accennato poc’anzi trattando della norma dell’art. 187-quinquies, comma 3°, TUF (v. supra, sub nt. 54), deve notarsi il profilo differenziale consistente nell’inversione dell’onere probatorio resa possibile dalla loro estraneità alla portata applicativa del principio fondamentale di cui all’art. 27 Cost..

60 A scanso di equivoci, si ribadisce ulteriormente che la trasmissione della notizia deve avvenire nell’ambito di una situazione di privilegiata prossimità – di natura istituzionale o anche professionale/lavorativa – tra la sua fonte e l’“iniziato” suscettibile di porre quest’ultimo in condizione di utilizzarla in una condizione di prevedibile insensibilità ai rischi e di ricavarne un profitto parassitario.

61 Così come al riguardo sembra orientata anche la dottrina preferibile: Gilotta, Trasparenza (nt. 8), 105 ss., nt. 37; Seminara, Disclose or abstain (nt. 1),349 ss.; Pederzini, Commento all’art. 114 TUF (nt. 1),980 ss.; Carrière (nt. 8), 345 ss., 363 ss.; Sfameni (nt. 29), loc. ult. cit.. Sul rapporto tra disciplina delle informazioni privilegiate e o.p.a. nel vicenda qui trattata, v. Lombardo (nt. 1) 59 s..

62 Per un commento critico alla sentenza ed altri approfondimenti, v. Clarich, Pisaneschi, Le sanzioni amministrative della Consob nel “balletto” delle giurisdizioni: nota a Corte costituzionale 27 giugno 2012, n. 162, 2012, leggibile sul sito http://www.giustizia-amministrativa.it.

63 Non è peraltro difficile prevedere che si ripresenteranno i dubbi in merito all’individuazione della corte territorialmente competente già in precedenza sorti ed affrontati da dottrina e giurisprudenza in maniera divergente. Esemplare in tal senso è la vicenda che ha condotto alla pronuncia di seguito indicata ed altrettanto sintomatici sono i differenti orientamenti manifestati dai suoi commentatori, rispetto ai quali in questa sede ci si deve limitare a segnalare la preferenza per quelli di stampo consensualistico: Cass., 23 febbraio 2009, n. 7769, in questa Rivista, 2011, II, 187 ss., con nota parzialmente critica di Vanoni, nonché in Dir. pen. e proc., 2010, 215 ss., con nota critica di Ragni, ed in Giur. comm., 2010, II, 77 ss., con nota parzialmente adesiva di M. Cian. Per altri riferimenti al folto indirizzo giurisprudenziale di merito smentito dalla sentenza della S.C. appena citata, nonché per ampie indicazioni bibliografiche, si rinvia alle note segnalate.

64 Il riferimento è a Mengoli, Sandri, Attenti all’Opa per delisting, 2012, disponibile sul sito http://www.lavoce.info.

65 La citazione, a cui si è soltanto aggiunto il corsivo, appartiene a Carriero, Informazione, mercato (nt. 1), 164 ss.


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