La Suprema Corte torna ad occuparsi del principio di sussidiarietà fra diverse misure ablatorie, operante nel settore dei reati tributari, ritenendo che lo stesso si applichi anche nel caso di reati societari, dal momento che l’art. 2641 c.c. “sancisce il rapporto di sussidiarietà della confisca di valore (del prodotto, profitto, beni strumentali) rispetto alla confisca diretta che dev’essere esperita in via prioritaria; […] il ricorso alla confisca di valore è consentito solo nel caso di impossibilità […] di “individuare” o “apprendere” i beni costituenti prodotto, profitto o strumento del reato, che, dato il rapporto causale diretto con il reato, vanno sottoposti a vincolo ovunque si trovino, presso gli indagati/imputati o presso terzi (persone fisiche o giuridiche), ad eccezione dei terzi estranei al reato (in tal senso va letto il richiamo all’art. 240 c.p.)”.
Pertanto, la confisca di valore viene in rilievo solamente in via subordinata, laddove non possa operare la confisca diretta.
In proposito, giova premettere che il caso affrontato dalla Cassazione concerneva, nei confronti del condirettore di una banca, indagato per false comunicazioni sociali, un sequestro in via diretta di una determinata somma di denaro, nonché, in via sussidiaria, qualora il patrimonio fosse risultato incapiente, anche dei beni mobili ed immobili nella sua disponibilità, sino a concorrenza della somma. Sul punto, l’indagato lamentava la predisposizione della misura cautelare nei suoi confronti senza che si fosse prima verificata la capienza dell’ente, a sua volta indagato ai sensi del D.Lgs. n. 231 del 2001, sulla scorta del principio, già affermato con riferimento ai reati tributari, secondo cui il sequestro di denaro presso il legale rappresentante della società deve essere sempre considerato come un “sequestro per equivalente”. Tuttavia, il Tribunale del riesame respingeva la censura, rilevando come la regola di sussidiarietà fosse limitata al sequestro del profitto dei reati tributati e non anche di quelli societari, ed evidenziando inoltre l’assenza di un vantaggio in capo all’ente ex art. 5 D.Lgs. n. 231 del 2001.
Gli ermellini, nell’annullare il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, sottolineano da un lato la genericità dell’argomento della possibile estraneità dell’ente al reato e, dall’altro, evidenziano come il principio di sussidiarietà risulti operativo anche con riferimento al settore dei reati societari, essendo espressamente previsto dall’art. 2641 c.c. Ancora, la scelta del PM di formulare istanza cautelare solo nei confronti della persona fisica – e non dell’ente – non si riverbera sul meccanismo di sussidiarietà condensato negli artt. 2641 c.c. e 321 c. 2 c.p.p., sicché la “misura ablatoria diretta” deve essere disposta in prima battuta con riferimento alla società ed alla persona fisica, potendo procedersi alla confisca per equivalente nei confronti di quest’ultima solo ove entrambi i patrimoni risultino incapienti e qualora l’ente non sia indagato (in senso contrario, in un caso avente ad oggetto condotte in sostanza assimilabili a quelle oggetto del presente giudizio, Cass., Sez. V, 26 maggio 2017, n. 42778).
Tale assunto viene argomentato in base alla circostanza secondo cui il rapporto di sussidiarietà fra le diverse misure ablatorie si spiega in considerazione del fatto che se la confisca diretta è disposta nei confronti di beni che presentano una connessione con il reato, quella di valore riguarda al contrario beni di provenienza lecita, come tali non connessi a quest’ultimo. Una simile circostanza comporta che ad essere prevalente, nella prima tipologia, è la componente oggettiva della confisca, rimanendo invece in secondo piano quella soggettiva, di colui che viene privato del bene (persona fisica o giuridica, non necessariamente sottoposta a procedimento penale). Al contrario, la componente soggettiva prevale nella confisca per equivalente, nel senso che quest’ultima è disposta nei confronti dell’indagato, imputato, condannato, laddove la componente oggettiva risulta essere in secondo piano, venendo in rilievo il “tantundem”.
Secondo la Quarta Sezione, questa differenza impatta inoltre sulla natura e sulla funzione delle due misure ablatorie, assolvendo quella diretta a scopi essenzialmente ripristinatori, consistendo in una misura di sicurezza (si segnala tuttavia che la confisca diretta ex art. 2641 c.c. viene considerata generalmente come sanzione obbligatoria, I.G. Grasso, Profili problematici delle nuove forme di confisca, in A.M. Maugeri (a cura di), Le sanzioni patrimoniali come moderno strumento di lotta contro il crimine: reciproco riconoscimento e prospettive di armonizzazione, Milano, 2008, 138), laddove invece quella di valore assume una connotazione di stampo afflittivo ed una natura eminentemente sanzionatoria (sul punto cfr. Sez. Un., 26 giugno 2015, n. 31617; C. Cost., 2 aprile 2009, n. 97. Per un commento alla sentenza oggetto della presente scheda cfr. C. Santoriello, Istituti bancari, ostacolo alle funzioni di vigilanza e confisca. Ma la banca partecipa all’illecito o è soggetto estraneo al reato? E quindi?, in Ilsoc., 2021).