La Suprema Corte ha ribadito il principio secondo cui, in caso di reati tributari commessi dall’amministratore di una società, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente può essere disposto, nei confronti dello stesso, solo quando, all’esito di una valutazione allo stato degli atti sullo stato patrimoniale della persona giuridica, risulti impossibile il sequestro diretto del profitto del reato nei confronti dell’ente avvantaggiato dalla commissione del reato (ex multis Cass. Sez. IV 10418 del 24.01.2018)
Trattandosi, difatti, di misura cautelare reale finalizzata all’esecuzione della confisca, si deve sempre rammentare che le regole previste in materia di reati fiscali (e segnatamente l’art. 1 co. 143 della L. 244/2007) stabiliscono che si debba dare priorità in ogni caso alla confisca dei beni che costituiscono profitto del reato se non appartengono a persona estranea.
La confisca c.d. per equivalente è quindi rimedio sussidiario, da attuarsi soltanto laddove la prima non sia possibile e il reo abbia disponibilità di valori corrispondenti al quantitativo del profitto. Queste considerazioni si riflettono anche sul piano cautelare, per cui il sequestro per equivalente nei confronti dell’autore del reato sarà una soluzione da intraprendere in subordine rispetto al sequestro dei beni corrispondenti a quello che ne è stato il profitto diretto.