Con la sentenza del n. 26746 del 07 luglio 2011 la Cassazione torna sul tema del ricilaggio.
In particolare, allineandosi con il proprio consolidato orientamento, afferma come “in presenza di una completa tracciabilità dei flussi finanziari, si rileva come, secondo la giurisprudenza di questa Corte, il riciclaggio si considera integrato anche nel caso in cui venga depositato in banca denaro di provenienza illecita, atteso che, stante la natura fungibile del bene, per il solo fatto dell’avvenuto deposito il denaro viene automaticamente sostituito, essendo l’istituto di credito obbligato a restituire al depositante il mero tandundem (Sez. 11, 6 novembre 2009, n. 47375, Di Silvio; Sez. VI, 15 ottobre 2008, n. 495, Argiri Carrubba Sez . II, 15 aprile 1986, n. 13155, Ghezzi). Infatti, in tale fattispecie delittuosa non è necessario che sia efficacemente impedita la tracciabilità del percorso dei beni, essendo sufficiente che essa sia anche solo ostacolata. Proprio in base a tali principi, si è affermata la sussistenza del reato di riciclaggio anche nella condotta di mero trasferimento del denaro di provenienza delittuosa da un conto corrente ad un altro conto corrente di un diverso istituto bancario (Sez. Il, 6 novembre 2009, n. 47375, Di Silvio)“.
Sulla base di tali principi la Corte ha ritenuto che, nel caso esaminato, l’operazione di svuotamento delle casse delle società e il successivo deflusso del denaro nei conti correnti di soggetti del tutto estranei alla compagine societaria costituisse indubbiamente un ostacolo alla “tracciabilità”, intesa nel senso sopra indicato, del denaro.