Apertura di credito a tempo indeterminato – Recesso della banca – Mancanza idoneo preavviso – Assenza di indicazione della giusta causa nell’atto di esercizio – Illegittimità
L’intermediario può, in applicazione della disciplina dei contratti di durata, recedere dal contratto di apertura di credito a tempo indeterminato previo idoneo preavviso; non costituisce idoneo preavviso la mail, inviata dall’intermediario, nella quale si manifesta l’urgenza di un «contatto» con il cliente. Il preavviso non è necessario in presenza di una giusta causa di recesso, che deve essere indicata, in modo specifico, nella comunicazione di recesso immediato dal rapporto di conto corrente.
Apertura di credito a tempo indeterminato – Recesso della banca – Illegittimità – Conseguenze – Risarcimento del danno anche in via equitativa – Onere della prova
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1. Il tema della «rottura brutale del credito», di notevole rilevanza nei rapporti banca-impresa, è spesso sottoposto al vaglio dell’ABF.
Nella fattispecie in esame, l’intermediario, dopo due «richieste di contatto» inviate via mail alla società ricorrente (in una di queste si fa, peraltro, riferimento a un precedente telegramma, mai pervenuto alla stessa a causa del trasferimento della sede legale), comunica a quest’ultima il recesso immediato dal rapporto di conto corrente, con revoca della linea di affidamento, nonché la revoca, sempre con effetto immediato, dall’autorizzazione ad emettere assegni, con invito alla restituzione delle carte di credito e il recesso dalla garanzia fideiussoria prestata a favore della stessa. Tali modalità di recesso, giustificato (ex post) dall’intermediario con la mancata presentazione del bilancio di verifica e con la ridotta solvibilità dell’amministratore unico, hanno comportato una drastica diminuzione dell’attività, in quanto la società, esercente un’agenzia di viaggi, è stata impossibilitata a eseguire nuove transazioni, a pagare ai tour operators i pacchetti turistici già venduti e venderne nuovi, a utilizzare il servizio RID, a saldare il corrispettivo dei contratti in essere e i canoni locativi dell’azienda.
La decisione è, sulla base delle richieste della ricorrente, incentrata sulla conformità delle modalità d’esercizio di tale recesso alle condizioni contrattuali e ai principi che disciplinano il recesso dai contratti dei credito; il Collegio non valuta le ragioni sostanziali che hanno indotto l’intermediario a recedere1.
2. Il recesso dall’apertura di credito in conto corrente è disciplinato dall’art. 1845 c.c., che distingue l’ipotesi in cui il contratto sia a tempo determinato, nella quale la banca non può recedere dal contratto prima della scadenza del termine, se non per giusta causa (e con effetto immediato), dall’ipotesi, in questa sede prospettatasi, in cui l’apertura di credito sia a tempo indeterminato: «ciascuna delle parti può recedere dal contratto, mediante preavviso nel termine stabilito dal contratto, dagli usi o, in mancanza, in quello di quindici giorni» (art. 1845, co. 3, c.c.). La norma, che non deroga alla disciplina generale in tema di contratti di durata2, rende necessaria la sussistenza, al fine del legittimo recesso, con effetto immediato, dall’apertura di credito a tempo indeterminato, di una giusta causa3.
Ciò che appare evidente nelle norme codicistiche si scontra con la prassi bancaria. Le NUB, abolendo ogni distinguo tra contratto a tempo determinato e contratto a tempo indeterminato, e avvalendosi della facoltà di «salvo patto contrario» presente nell’incipit dell’art. 1845 c.c., prevedono la clausola di «fido fino a revoca», che attribuisce alla banca la «facoltà di recedere in qualsiasi momento, anche con comunicazione verbale, dall’apertura di credito, ancorché concessa a tempo determinato, nonché di ridurla o di sospenderla».
In materia di finanziamento ai consumatori, si può condividere l’opinione dell’Arbitro che, in una recente decisione4, ritiene che tale clausola sia nulla, in quanto contrastante con l’art. 125-quater, comma 2, lettera a, T.U.B., secondo il quale i contratti a tempo indeterminato possono prevedere la facoltà del finanziatore di recesso «con preavviso di almeno due mesi»; termine da rispettare anche in presenza di una giusta causa5, la cui sussistenza può comportare, ove ne ricorrano i presupposti, la sospensione dell’utilizzo del credito (art. 125-quater, comma 2, lettera b,T.U.B.). Tale norma, inderogabile in quanto posta a tutela dei consumatori, può ragionevolmente essere applicata anche nel caso in cui il soggetto finanziato sia una PMI6, stante l’evidente prossimità di ratio di tutela della stessa e del singolo consumatore, qualora l’affidamento appaia, in concreto, finalizzato all’ottenimento di liquidità essenziale per la sussistenza dell’impresa (nel caso specifico, l’agenzia di viaggi non può pagare, in seguito alla revoca, i pacchetti turistici già venduti ai tour operators).
3. Dato certo rimane, al di là di tale prospettazione, che il diritto di recesso della banca, pur nella manifestazione della più ampia autonomia contrattuale delle parti, non possa essere abusivamente esercitato, dovendo sempre «rispettarsi il fondamentale e inderogabile principio secondo il quale il contratto deve essere eseguito secondo buona fede (art. 1375 c.c.). Alla stregua di tale principio non può escludersi che, anche se pattiziamente consentito in difetto di giusta causa, il recesso di una banca dal rapporto di apertura di credito sia da considerare illegittimo, ove in concreto esso assuma connotati del tutti imprevisti ed arbitrari; connotati tali, cioè, da contrastare con la ragionevole aspettativa di chi, in base ai comportamenti usualmente tenuti dalla banca ed all’assoluta normalità commerciale dei rapporti in atto, abbia fatto conto di poter disporre della provvista creditizia per il tempo previsto e non potrebbe perciò pretendersi sia pronto in qualsiasi momento alla restituzione delle somme utilizzate, se non a patto di svuotare le ragioni stesse per le quali un’apertura di credito viene normalmente convenuta»7.
La questione è, per i rapporti a tempo indeterminato, piuttosto elementare: se l’intermediario decide di recedere, deve fornire al cliente un idoneo preavviso, salvo qualora sussista una giusta causa.
L’idoneità del preavviso – da intendersi non come termine finale per la restituzione delle somme, ma come periodo interinale di svolgimento del contratto8 – si sostanzia, innanzitutto, nella chiara indicazione della volontà di recedere, non implicitamente desumibile da comunicazioni indicanti la necessità di un «contatto»; ai fini della tutela del cliente è necessaria, in conformità alla disciplina inderogabile delle norme di trasparenza, la forma scritta di tale dichiarazione (contrariamente a quanto previsto dalla clausola «fido fino a revoca»). Ad assumere particolare rilievo è, inoltre, la durata del preavviso: lungi dal poter essere individuata in maniera standard, il preavviso è da considerarsi idoneo – e quindi legittimo – qualora la banca consenta al cliente «di continuare a operare sul conto corrente (nonostante l’avvenuta comunicazione del preavviso) per un lasso temporale sufficiente a consentirgli di ricercare un’altra controparte contrattuale e a evitare eccessive difficoltà nello svolgimento dell’attività imprenditoriale dello stesso»9, nonché «con una tempistica idonea a consentire al cliente stesso il reperimento della provvista per il saldo del conto»10. Del tutto arbitrario è, quindi, da considerarsi il recesso effettuato con modalità tali da rendere il cliente edotto della chiusura del conto corrente in data successiva a quella in cui gli effetti dello stesso si sono prodotti11. Nel rispetto delle suindicate condizioni (espressa e tempestiva comunicazione) la banca non avrà, evidentemente, alcun obbligo di motivazione nei confronti del cliente: il recesso può rappresentare la naturale conseguenza di una complessiva valutazione del merito creditizio che gli intermediari sono tenuti a effettuare12.
Nel recesso in presenza di giusta causa, la stessa dovrà essere, precisamente e specificatamente, indicata nella comunicazione dell’esercizio di tale diritto, in conformità alle regole di trasparenza e ai doveri di efficienza dell’impresa13. È da ritenersi arbitraria, infatti, la condotta della banca che indichi i motivi del recesso, come nel caso in esame, ex post14. Devono, quindi, essere ritenute non sufficienti indicazioni del tutto generiche sulle motivazioni del recesso15, fornite attraverso formule «evanescenti» quali quelle secondo cui le determinazioni della banca «trovano sempre fondamento in scrupolose analisi»16; l’intermediario è tenuto a specificare, sin dal momento della comunicazione, quali siano le circostanze (ad esempio, riduzione della capacità patrimoniale del soggetto garante, sofferenza delle società del gruppo cui il finanziato appartiene, utilizzo dell’affidamento al solo scopo di procrastinare il rientro del debito accumulato) idonee a qualificare giusta la causa del recesso stesso.
4. L’Arbitro ritiene gravi sul ricorrente (ergo: sul finanziato) l’onere di provare la sussistenza di un danno17 che sia eziologicamente riconducibile alla brutale interruzione di credito da parte dell’intermediario18.
In considerazione del fatto che il conto corrente bancario è «necessariamente strumentale alla corretta esecuzione di una pluralità di rapporti, sicché la improvvisa chiusura del conto (…) è atta a provocare effetti di disorganizzazione del tessuto dei rapporti in cui si estrinseca una attività imprenditoriale»19 e che il danno che ne deriva «non può essere determinato nel suo preciso ammontare»20, è, peraltro, pacificamente riconosciuta la possibilità di ammettere la liquidazione in via equitativa dello stesso21.
1
Tale valutazione è, in tema di «interruzione abusiva di credito», preliminare a quella delle modalità del recesso. Le scelte imprenditoriali delle parti («tra le quali la libertà di decidere in merito alla convenienza del mantenimento dei rapporti negoziali in essere che costituisce corollario del principio della autonomia contrattuale»: ABF Milano, 6 luglio 2012, n. 2357), infatti, non possono mai tradursi in abuso del diritto: in mancanza di ragioni giustificative, l’esercizio del diritto di recesso è da considerarsi, in quanto arbitrario, illegittimo.
3
ABF Roma, 17 novembre 2011, n. 2489; ABF Napoli, 23 settembre 2013, n. 4831; Trib. Verona, 24 dicembre 2012, in Ilcaso, n. 8617; Cass., 23 novembre 1993, n. 11566.
5
Pur essendo la possibilità di recesso senza preavviso del finanziatore prevista dall’art. 13 della Direttiva 08/48/Ce (recepita, in Italia, con il d. lgs. 141/2010, introduttivo della norma in questione).
6
Non è estraneo all’ABF, peraltro, applicare al cliente in genere regole scritte per il solo «consumatore». Cfr. A. A. Dolmetta, Trasparenza dei prodotti bancari. Regole, Zanichelli, Bologna, 2013, p. 61.
8
ABF Milano, 6 luglio 2012, n. 2357; ABF Roma, 17 novembre 2011, n. 2489, che sottolinea come nel periodo del preavviso il cliente abbia diritto di utilizzare la provvista per l’intero lasso temporale del preavviso medesimo.
11
«Anche a prescindere dai termini contrattuali o legali di preavviso, non sembra ragionevole avvertire un cliente che dal giorno prima, o da un paio di giorni prima, esso non può più operare sul conto corrente bancario in essere e che non è più autorizzato ad emettere assegni», ABF Milano, 6 luglio 2012, n. 2357. In tale fattispecie, l’intermediario aveva effettuato il recesso con lettera raccomandata avente effetto dalla data della spedizione.
12
ABF Milano, 17 giugno 2011, n. 1274; ABF Milano, 13 luglio 2011, n. 1468; ABF Napoli, 26 ottobre 2011, n. 2306; ABF Napoli, 17 gennaio 2013, n. 363.
15
Ad esempio, l’intermediario ammette di «ignorare la causa specifica della revoca del fido» (ABF Napoli, 15 marzo 2010, n. 119) o fornisce motivazioni «non congruenti e parzialmente smentite dalla documentazione» (ABF Roma, 23 aprile 2010, n. 284).
17
ABF Roma, 28 febbraio 2013, n. 1149. Sull’inidoneità della liquidazione in via equitativa «a surrogare l’assolvimento dell’onere della prova in ordine all’esistenza del concreto pregiudizio», cfr. Cass., 26 marzo 2009, n. 7306 e Cass., 18 settembre 2009, n. 20143.