Con la pronuncia n. 20546 del 27 giugno 2022, la prima sezione della Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi in tema di diritto di recesso del socio in caso di rimozione di vincoli alla circolazione delle azioni.
Nello specifico, la controversia giunta all’attenzione della Suprema Corte è sorta a seguito dell’esercizio del diritto di recesso da parte di un socio in virtù della modifica statutaria che sottraeva al diritto di prelazione spettante ai soci i trasferimenti di azioni in favore di società direttamente o indirettamente controllate.
Secondo il socio recedente, infatti, tale modifica integrava una «una rimozione di vincoli alla circolazione delle azioni» tale da giustificare l’esercizio del diritto in questione ai sensi dell’art. 2437, comma 2° lett b) c.c.
Per contro i giudici di merito hanno ritenuto illegittimo il recesso esercitato dal socio in difetto di una rimozione sostanziale del vincolo alla circolazione delle azioni atteso che, nel caso di specie, il trasferimento infra gruppo non ha mutato il centro decisionale cui faceva capo la partecipazione del socio.
In altri termini, secondo la prospettazione del Tribunale e della Corte d’Appello la “rilevanza sostanziale” della rimozione del vincolo costituirebbe un presupposto necessario per il sorgere del diritto di recesso.
La Suprema Corte di Cassazione ha statuito che la suddetta interpretazione della norma in esame introduce – indebitamente – un requisito privo di base normativa che può dar luogo a valutazioni discrezionali e soggettive che generano incertezza sulle condizioni di uscita da un ente societario.
La Cassazione ha quindi formulato il seguente principio di diritto secondo cui: “al fine di accertare la legittimità del recesso, è sufficiente verificare se la modifica statutaria abbia rimosso un limite alla circolazione delle azioni prima esistente, questo indipendentemente dal fatto se tale modifica abbia una rilevanza sostanziale rispetto alla precedente disciplina”.
Secondo la Corte, dunque, per integrare il diritto di recesso è sufficiente una qualsiasi modifica statutaria che comporti la rimozione dei limiti alla circolazione delle azioni, senza dover indagare quale sia il grado di significatività della variazione sugli assetti organizzativi voluti dalle parti.
A sostegno di tale conclusione depone, in primo luogo, il tenore letterale dell’art. 2437, comma 2° lett b) c.c. che non prevede l’ulteriore requisito della rilevanza sostanziale della modifica, previsto, invece, nell’ipotesi disciplinata dal medesimo articolo al comma 1, lett. a), relativa alla modifica della clausola che disciplina l’oggetto sociale.
In tal caso, infatti, il diritto di recesso sorge solo laddove la modifica della clausola dell’oggetto sociale determini un mutamento significativo dell’attività sociale.
In secondo luogo, l’art. 2437, comma 2, lett. b), c.c. stabilisce che, mediante la previsione di una specifica clausola statutaria, è possibile escludere il diritto di recesso in caso di introduzione o rimozione di vincoli alla circolazione dei titoli azionari.
L’ordinamento, dunque, già offre ai soci uno strumento per soddisfare l’esigenza di evitare il recesso a seguito di una modifica non considerata sostanziale, senza che vi sia spazio per una valutazione discrezionale caso per caso.