Con l’ordinanza n. 3768 del 07 febbraio 2022, la Cassazione statuisce che, in tema di società a totale partecipazione pubblica (c.d. in house), sussiste il divieto di assunzione (o “conversione” di contratti di lavoro a termine nulli) in mancanza di esperimento delle apposite procedure concorsuali e selettive secondo i criteri stabiliti dall’articolo 35, D.Lgs. 165/2001.
La questione giuridica trae origine dall’azione intrapresa da una lavoratrice al fine di ottenere la costituzione giudiziale di un rapporto di lavoro subordinato alle dipendenze di una società in house con socio unico regionale, committente di un appalto in favore di altra società presso cui la stessa lavoratrice aveva prestato servizio in qualità di dipendente.
Se da un lato, nei primi due gradi di giudizio, era stata accolta la predetta domanda, ritenendo integrata una ipotesi di intermediazione vietata di manodopera e, quindi, reputando costituito ab origine il rapporto di lavoro direttamente alle dipendenze della società in house; dall’altro lato, in sede di legittimità, la Cassazione, pur recependo la ricostruzione fattuale e giuridica relativa alla vietata interposizione fittizia di personale, ha accolto il ricorso della società in house riformando la decisione dei giudici di merito.
La Corte ha preliminarmente rilevato che ai sensi dell’art. 29, D.lgs. n. 276 del 2003 le garanzie ivi previste «non trovano applicazione in relazione ai contratti di appalto stipulati dalle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del 4 decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165».
Peraltro, le società in house, pur avendo (in via di principio) natura di soggetto privato, sono assoggettate al regime giuridico dello strumento privatistico adoperato fintantoché non vi siano disposizioni contrarie ovvero sussistano ragioni ostative di tipo sistematico che conducano ad attribuire maggiore rilevanza alla natura pubblica del capitale impiegato e del soggetto titolare delle azioni o quote della persona giuridica (cfr. Cass. S.U. n. 24591/2016 e con riferimento ai rapporti di lavoro Cass. S.U. n. 7759/2017).
Nel caso specifico la disposizione di segno contrario è costituita dall’art. 18 D. L. n. 112 del 2008, e successive modifiche ed integrazioni, che al comma 1 estende alle società a totale partecipazione pubblica che gestiscono servizi pubblici locali i criteri stabiliti in tema di reclutamento del personale dall’art. 35, comma 3, D.lgs. n. 165 del 2001 ed al comma 2 dispone che le «altre società a partecipazione pubblica totale o di controllo» siano tenute ad adottare «con propri provvedimenti criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi, anche di derivazione comunitaria, di trasparenza, pubblicità e imparzialità».
Pertanto, secondo la Corte, l’omesso esperimento delle procedure concorsuali e selettive, di cui alle sopra richiamate norme, impedisce l’assunzione ovvero, come richiesto nella fattispecie oggetto di Ordinanza, la “costituzione giudiziale” di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato (così anche Cass. n. 3621/2018, Cass. n. 21378/18).
La Corte rileva infine che tale divieto di assunzione nei confronti di società in house deriva, ancor prima che da norme di rango primario o di derivazione comunitaria, da norme costituzionali ed in particolare dall’articolo 97 Cost., come più volte sottolineato anche dalla Corte Costituzionale stessa (C. Cost. n. 29 del 2006, e già Corte Cost. n. 466/93).