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Giurisprudenza

Redditi in Paesi a fiscalità privilegiata e presunzione di evasione

11 Aprile 2025

Angelica Chiara Tazzioli, Dottoranda di ricerca in diritto tributario, Università degli Studi di Milano-Bicocca

Cassazione Civile,  Sez. V, 11 marzo 2025, n. 6409 – Pres. Napolitano, Rel. Maria Fracanzani

Di cosa si parla in questo articolo

Con l’ordinanza n. 6409/2025, la Corte di Cassazione si è espressa sul perimetro applicativo della presunzione stabilita dall’art. 12, c. 2 del D.L. n. 78/2009; norma quest’ultima intesa al recupero, in un’ottica antievasiva, dei “redditi sottratti a tassazione” tramite investimenti e attività di natura finanziaria realizzati presso Stati o territori a regime fiscale privilegiato”.

La vicenda giurisprudenziale traeva origine dalla impugnazione dell’atto di irrogazione delle sanzioni avente ad oggetto la contestazione della mancata esposizione nel quadro RW, per l’anno di imposta 2008, di cespiti relativi a rapporti finanziari intrattenuti dal contribuente presso istituti bancari situati in Svizzera; Paese che, all’epoca dei fatti, era considerato black list in quanto a fiscalità privilegiata.

In tale circostanza, veniva tempestivamente eccepita la decadenza dell’Amministrazione finanziaria dal potere impositivo sulla base di un duplice rilievo.

Mentre, da un lato, doveva escludersi l’applicazione retroattiva della presunzione in parola in ragione della sua successiva data di entrata in vigore (ovverosia il 1° luglio 2009), dall’altro, si sosteneva, a corollario, l’inapplicabilità del raddoppio dei termini per l’accertamento e/o l’irrogazione delle rispettive sanzioni previsto dai successivi commi 2-bis e 2-ter.

Le doglianze del contribuente venivano accolte dal Giudice di prime cure ma rigettate all’esito del giudizio di secondo grado.

In sede di legittimità, la Corte di cassazione ha affrontato la questione circa la natura giuridica della presunzione descritta dal menzionato art. 12, comma 2.

Così, sulla base di un’interpretazione costituzionalmente orientata della disposizione citata e alla luce della collocazione sistematica delle regole civilistiche in tema di prova presuntiva, il Collegio ha confermato l’attitudine sostanziale e l’efficacia non retroattiva dell’art. 12, comma 2, D.L. n. 78/2009.

Per quanto concerne, invece, i successivi commi 2-bis e 2-ter – che raddoppiano, rispettivamente, i termini di decadenza per la notificazione degli avvisi di accertamento basati sulla suddetta presunzione e quelli di decadenza e di prescrizione stabiliti per la notificazione degli atti di contestazione o di irrogazione delle sanzioni – la Corte ha chiarito che, trattandosi di precetti a valenza procedimentale, essi soggiacciono al principio “tempus regit actum” e quindi rilevano anche rispetto ai periodi di imposta precedenti alla loro entrata in vigore.

Nella stessa prospettiva, il Collegio ha sottolineato che, anche laddove la presunzione non possa operare retroattivamente come presunzione qualificata, la detenzione di capitali all’estero, non dichiarati, può parimenti rilevare come presunzione semplice, avente ad oggetto la ricostruzione dei medesimi fatti controversi.

Dunque, ne deriva la possibilità di confronto in sede di contraddittorio endoprocedimentale ai fini della contestazione della prova offerta dall’Ufficio.

In conclusione, poggiando sulle descritte premesse, la Corte di cassazione ha rigettato il ricorso.

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