Con risposta n. 172 del 6 aprile 2022, l’Agenzia delle entrate ha fornito chiarimenti in merito alla fruizione del regime speciale per lavoratori impatriati da parte di un cittadino britannico.
In particolare, evidenzia l’Agenzia, l’Accordo sul recesso del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord dall’Unione europea (Brexit), entrato in vigore a partire dal 1° febbraio 2020, all’articolo 12 vieta di discriminare i cittadini inglesi sulla base della loro nazionalità e agli articoli da 24 a 26 vieta che siano negati ai lavoratori di cittadinanza inglese gli stessi vantaggi fiscali concessi agli altri lavoratori comunitari.
Il citato divieto di non discriminazione è coerente con quanto previsto, sul piano fiscale, all’articolo 25, paragrafo 1, della Convenzione tra l’Italia ed il Regno Unito per evitare le doppie imposizioni secondo cui: «I nazionali di uno Stato contraente non sono assoggettati nell’altro Stato contraente ad alcuna imposizione od obbligo ad essa relativo, diversi o più onerosi di quelli cui sono o potranno essere assoggettati i nazionali di detto altro Stato che si trovino nella stessa situazione».
Con riferimento al caso di specie, continua l’Agenzia, la condizione dell’Istante di essere cittadino britannico alla data del 1° gennaio 2021 – data da cui l’articolo 1, comma 50, della legge n. 178 del 2020 ha introdotto la possibilità di estendere per ulteriori cinque periodi d’imposta la fruizione dell’agevolazione per lavoratori impatriati – conduce a ritenere che trovi applicazione il principio di non discriminazione di cui all’articolo 12 dell’Accordo Brexit.
In particolare, conclude l’Agenzia, nel caso di specie, sulla base dell’articolo 24 del citato Accordo che, facendo esplicito richiamo al Regolamento UE n. 492/2011, garantisce ai cittadini del Regno Unito di godere “degli stessi vantaggi sociali e fiscali dei lavoratori nazionali”, può essere riconosciuta l’estensione dell’agevolazione per lavoratori impatriati.