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Giurisprudenza

Remunerazione e incentivazione nelle banche: sanzioni Banca d’Italia

6 Giugno 2022

Cassazione Civile, Sez. II, 31 maggio 2022, n. 17567 – Pres. Orilia, Rel. Casadonte

Di cosa si parla in questo articolo

Con sentenza del 31 maggio 2022, n. 17567, la Corte di Cassazione si è espressa sul tema della violazione delle disposizioni in materia di politiche e prassi di remunerazione e incentivazione nelle banche.

In particolare, la sentenza riguarda la commisurazione di sanzioni da parte di Banca d’Italia nei confronti dei componenti del C.d.a. di una banca per aver violato le norme in materia di politiche e prassi di remunerazione e incentivazione in relazione alla definizione del corrispettivo concesso al Direttore Generale per il termine dell’incarico per risoluzione consensuale, liquidato ad una cifra molto elevata, nonostante i risultati negativi della gestione.

Tali compensi, pertanto, non erano stati riconosciuti parametrandoli alla performance e ai rischi assunti.

Per la Corte di merito, le norme di secondo livello emanate da Banca D’Italia (Provvedimento 30 marzo 2011) ai sensi dell’art.53 TUB possono considerarsi integrative dei contratti collettivi nazionali, i quali possono essere contemperati con altre norme di legge.

Tuttavia, nell’accordo di risoluzione del rapporto di lavoro con il Direttore Generale erano state previste ulteriori remunerazioni oltre a quelle previste da contratto: veniva infatti riconosciuta una considerevole somma per facilitare la conclusione anticipata del rapporto di lavoro e quale integrazione del t.f.r.

La Corte d’Appello ha rilevato come le erogazioni si siano sommate, e non conformate, a quelle previste dal contratto e che l’accordo raggiunto non rispettava la normativa di secondo livello emanata da Banca d’Italia ai sensi dell’art. 53 primo comma, lett. d), d.lgs. 385/1993.

La Corte d’appello evidenzia come la finalità di dette norme di legare i compensi pattuiti in caso di conclusione anticipata alle performance di gestione e del rischio assunto sia conforme al dettato normativo, tenuto conto che deve escludersi che la banca per reperire le somme occorrenti a detto compenso possa adoperare le somme a qualunque titolo affidate dai risparmiatori, oppure il patrimonio di vigilanza della banca stessa.

Del tutto legittime sono quindi le sin qui esposte statuizioni della Corte d’appello circa il contrasto tra l’accordo di risoluzione in esame e le disposizioni del 2011 volte a introdurre meccanismi incentivanti correlati alla performance della banca e con correzioni ex post (o claw back).

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