I requisiti dimensionali di fallibilità previsti dall’art. l, comma 2, lett. b), l. fall., connessi alla qualifica di piccolo imprenditore, vanno parametrati al valore dei ricavi lordi totali risultanti dal conto economico che afferiscono alle attività commerciali specifiche dell’impresa (ovvero alle attività che questa svolge in modo abituale) o a quelle accessorie derivanti dalla gestione non caratteristica (ad. es. proventi dei beni tenuti a scopo di investimento, canoni attivi, royalties) e che siano pertanto idonei a misurarne l’effettiva consistenza economica e finanziaria.
Fra questi non rientrano gli altri proventi che corrispondano invece a sopravvenienze attive derivanti, una tantum, dalla contestuale riduzione dell’accantonamento per rischi iscritto nell’esercizio precedente in ragione di un contenzioso pendente; accantonamento che rappresenta null’altro che una passività potenziale (la possibile perdita originata dalla vertenza), il cui effettivo concretizzarsi, oltre che effettivo ammontare, è subordinato al verificarsi di un evento futuro.
La variazione contabile che scaturisce dal definitivo venir meno (in tutto o in parte) della passività prudenzialmente stimata nel fondo rischi e dall’appostazione nella voce A5, «altri ricavi e proventi» del valore positivo corrispondente alla differenza tra quanto accantonato e quanto effettivamente dovuto, non è dunque, all’evidenza, in alcun modo correlata alla gestione ordinaria (caratteristica o meno) dell’impresa e non può pertanto essere considerata un ricavo in senso tecnico.