Con la pronuncia in oggetto, la Corte di Cassazione ha riconosciuto la responsabilità dell’illecito previsto dagli artt. 5 lett. a), 6 lett. a), 25-quinquiesdecies d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231 in quanto i vertici di una società di trasporti, ponevano in essere l’illecito penale di cui all’art. 2 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 nell’interesse e a vantaggio della società (Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti).
In particolare, evidenzia la Cassazione, la società non assumeva i lavoratori di cui necessitava per erogare i propri servizi, ma erogava la prestazione impiegando la forza lavoro fornita da una serie di altri soggetti, attraverso la stipulazione di contratti che avevano la forma giuridica dell’appalto, mediante un’interposizione di manodopera.
Tale operazione aveva comportato, da un lato, l’applicazione di tariffe “fuori mercato”, che i fornitori della manodopera avevano potuto garantire alla società solo attraverso l’omesso versamento delle imposte e/o dei contributi previdenziali, e, dall’altro, la possibilità per la committente di ricorrere alla forza lavoro con vantaggi in tema di flessibilità di gestione e di costi, che l’assunzione diretta delle maestranze non avrebbe consentito, nonché di utilizzare le fatture emesse dal Consorzio ai fini IVA, con ciò realizzando un’operazione riconducibile anche alla fattispecie dell’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, consentendo alla società di realizzare una evasione dell’imposta sul valore aggiunto.
Infatti, l’IVA dovuta dalla società è stata neutralizzata dall’IVA a credito per le fatture emesse dalle cooperative e società fornitrici della manodopera, le quali in gran parte non avevano versato VIVA dovuta sulle fatture emesse.
Sul punto, evidenzia la Cassazione, sul presupposto dell’indetraibilità dell’Iva nei casi di illecita somministrazione di manodopera dissimulata da fittizi contratti di appalto e servizi – non è in dubbio che l’indicazione di elementi passivi fittizi nella dichiarazione, avvalendosi di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, anziché relative ad operazioni oggettivamente inesistenti, non incide sulla configurabilità del reato di dichiarazione fraudolenta previsto dall’art. 2 del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, il quale, nel riferirsi all’uso di fatture o altri documenti concernenti operazioni inesistenti, non distingue tra quelle che sono tali dal punto di vista oggettivo o soggettivo, con la conseguenza che il delitto di frode fiscale ex art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000 è astrattamente configurabile nel caso di intermediazione illegale di manodopera, stante la diversità tra il soggetto emittente la fattura e quello che ha fornito la prestazione.
Da ciò discende pure la configurabilità del concorso di reati fra la contravvenzione di intermediazione illegale di mano d’opera (art. 18 d.lgs. n. 276 del 2003) ed il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti, nel caso di utilizzo di fatture rilasciate da una società che ha effettuato interposizione illegale di manodopera.