Nel giugno 1994, il curatore fallimentare di una S.r.l. conveniva in giudizio gli amministratori della stessa perché ne fosse accertata la responsabilità per i danni arrecati alla società e ai suoi creditori, in conseguenza delle molteplici violazioni dei doveri inerenti alla funzione svolta. Tra dette violazioni figuravano sia il prelevamento ingiustificato di ingenti somme liquide, sia il mancato rinvenimento, nella cassa sociale, di somme ancor più cospicue.
In relazione al caso in esame, i giudici di legittimità hanno statuito alcuni importanti principi in ambito di: (i) valenza probatoria delle “annotazioni contenute nel brogliaccio informale tenuto dalla addetta alla contabilità, relative a prelievi extracontabili”, e (ii) responsabilità degli amministratori in ragione del mancato rinvenimento del saldo di cassa risultante dalla contabilità sociale al momento della declaratoria del fallimento.
Quanto al primo punto – riaffermando il decisum contenuto in Cass. Civ., Sez. I, 23 aprile 2003, n. 6471 – gli ermellini hanno avuto modo di ribadire come, in tema di responsabilità degli amministratori di S.r.l. per danni ad essa cagionati da operazioni illegittime, il giudice possa ben sottoporre al proprio prudente apprezzamento qualsiasi elemento idoneo a ricostruire gli affari sociali e valutare le risultanze di scritture contabili, ancorché informali. Infatti, la semplice evenienza che tali risultanze contabili abbiano natura informale “non può certo precludere l’apprezzamento nel giudizio in esame delle risultanze di tale contabilità per così dire occulte”.
Quanto al secondo elemento di indagine, la Suprema Corte ha ribadito che, assunta la responsabilità in capo agli amministratori per la gestione della cassa sociale, spetta a questi ultimi provare che la stessa sia stata utilizzata per scopi sociali e, dunque, nella situazione de quo, di giustificare, anche attraverso la nuova documentazione prodotta, tutte le uscite e il saldo finale (ai sensi di quanto disposto dall’articolo 2697 c.c.).