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Giurisprudenza

Responsabilità degli amministratori non esecutivi per carenza informativa nel prospetto d’offerta al pubblico

27 Settembre 2018

Manfredi Sclopis

Cassazione Civile, Sez. II, 16 luglio 2018, n. 18846 – Pres.Petitti, Rel. Cortesi

Di cosa si parla in questo articolo

Con la pronuncia in esame, la Suprema Corte chiarisce alcuni principi importanti relativi alla responsabilità degli amministratori privi di delega, nonché relativi ai termini per l’applicazione delle sanzioni da parte della Consob per violazione delle norme in tema di obblighi informativi a carico della società in caso di offerta al pubblico di strumenti finanziari c.d. comunitari di cui all’art. 94 TUF.

In particolare, nel contesto di un’operazione di aumento di capitale, la banca emetteva strumenti finanziari c.d. non equity. La Consob, dopo aver rilevato la carenza di varie informazioni rilevanti nonché errori di contabilizzazione nel prospetto pubblicato dalla società, applicava sanzioni amministrative e pecuniarie ai membri degli organi di gestione e di controllo. Il provvedimento veniva poi impugnato da un consigliere non esecutivo, ma la Corte d’Appello non riteneva rilevante, ai fini dell’accertamento della responsabilità nonché dell’applicazione delle misure sanzionatorie, la circostanza che il consigliere in parola non fosse un soggetto delegato, confermando dunque la posizione assunta dalla Consob.

Il consigliere ha poi impugnato la sentenza della Corte d’Appello davanti alla Suprema Corte, lamentando in sintesi, rispettivamente, falsa applicazione delle norme di cui agli artt. 2381 e 2392 cod. civ, per avere la Corte ritenuto la responsabilità del consigliere seppur carente di incarichi esecutivi, nonché della norma di cui all’art. 195 TUF, poiché la Corte avrebbe errato nel ricostruire il momento in cui poteva dirsi compiuto, da parte della Consob, l’accertamento dei fatti, con conseguente decorrenza del termine di decadenza per l’avvio del procedimento di contestazione.

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso argomentando la propria decisione sulla base delle motivazioni che seguono. Anzitutto, quanto alla lamentata falsa applicazione delle norme in tema di responsabilità degli amministratori, la Suprema Corte ha chiarito come il dovere di agire in maniera informata degli amministratori non delegati deve intendersi nel senso che questi non possano rimettersi esclusivamente alle segnalazioni ricevute dai membri esecutivi, ma debbano, anzi, possedere ed esprimere una costante conoscenza del business bancario, ed essendo compartecipi nelle decisioni strategiche della banca hanno l’obbligo di esercitare una costante funzione di monitoraggio sulle scelte compiute dagli organi esecutivi non solo in vista della valutazione delle relazioni degli amministratori delegati, ma anche ai fini dell’esercizio dei poteri, spettanti al consiglio di amministrazione, di direttiva o avocazione concernenti operazioni rientranti nella delega”.

Quanto sopra è confermato, oltre che da consolidata giurisprudenza, anche dal testo del terzo e sesto comma dell’art. 2381, che stabiliscono, rispettivamente, che il consiglio di amministrazione può sempre impartire direttive agli organi delegati e avocare a sé operazioni rientranti nella delega, nonché l’obbligo a carico degli amministratori di agire in modo informato, eventualmente chiedendo agli organi delegati che in consiglio siano fornite le informazioni relative alla gestione della società. Orbene, la Corte d’Appello di Firenze ha dunque correttamente statuito che, a fronte di un’operazione di notevole importanza societaria quale un’offerta al pubblico finalizzata ad un aumento di capitale per valore prossimo a quello del patrimonio netto della società, sussistesse un dovere degli amministratori di attivarsi concretamente, di talché risulta evidente il nesso eziologico tra la loro condotta omissiva e l’illecito commesso.

A ciò si aggiunga la circostanza che, a norma dell’art 47 cost., i doveri degli amministratori in tema di gestione di una società bancaria sono particolarmente stringenti proprio in ragione degli interessi pubblicistici che la norma richiamata tutela. La diligenza richiesta agli amministratori non è, infatti, quella propria del buon padre di famiglia, ma è bensì commisurata alla “natura del loro incarico”, di talché ne deriva che essa è tanto maggiore quanto più è ritenuto meritevole di tutela dal legislatore l’interesse in gioco.

Quanto alla seconda contestazione, è stato rilevato da consolidata giurisprudenza come il termine di decadenza di centottanta giorni per l’applicazione della sanzione per violazione delle norme che disciplinano le attività soggette alla vigilanza della Consob di cui all’art. 195 TUF, “decorre dal momento in cui la constatazione si è tradotta, o si sarebbe potuta tradurre, in accertamento, dovendosi a tal fine tener conto, oltre che della complessità della materia, delle particolarità del caso concreto anche con riferimento al contenuto ed alle date delle operazioni”. A tal riguardo, la Suprema Corte ha chiarito che la valutazione circa la congruità del tempo utilizzato dalla Consob per l’accertamento dei fatti è insindacabile ed è rimesso alla valutazione esclusiva del giudice di merito.

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