Il Tribunale di Milano nella pronuncia in oggetto, analizza il caso in cui gli amministratori di una società, pur ritrovandosi nella situazione di cui agli art. 2447 e 2482 ter cc, abbiano omesso di provvedere alternativamente alla capitalizzazione o alla messa in liquidazione ed allo scioglimento proseguendo l’attività di impresa in continuità pur in difetto dei presupposti di legge in violazione dell’art. 2486 cc, aggravando di il passivo della società e assumendo debiti a totale rischio dei creditori sociali. Tale condotta, indirizzata all’aggravio del dissesto, continua il Tribunale, comporta la responsabilità in solido degli amministratori ai sensi degli artt. 2392, 2393, 2394, 2476 e 2486 c.c.
Sul punto, evidenzia il Tribunale, in presenza di situazioni di illecita prosecuzione dell’attività di impresa caratterizzata da innumerevoli nuove operazioni – come nella specie – e di conseguente difficoltà di ricostruire ex post il risultato netto (costi/ricavi) di singole operazioni non conservative, è possibile procedere alla determinazione del danno mediante il criterio c.d. della differenza dei netti patrimoniali, che consiste nella comparazione dei patrimoni netti registrati alla data della percezione del verificarsi della causa di scioglimento da parte degli organi sociali e alla data di messa in liquidazione della società (o di fallimento della stessa); il danno in termini di ‘perdita incrementale netta’, infatti, consente di apprezzare in via sintetica ma plausibile l’effettiva diminuzione subita dal patrimonio della società (dunque il danno per la società e per i creditori) per effetto della ritardata liquidazione’.
Il tema della responsabilità degli amministratori nell’ambito della crisi di impresa sarà oggetto di approfondimento nel corso del webinar del 25 gennaio prossimo
Si evidenzia come tale indirizzo, affermatosi nella giurisprudenza, non fosse univoco, ma permanesse un quadro frammentario. Tanto che il legislatore, nel testo finale del d.lgs. n. 14/2019 (Codice della Crisi d’Impresa) all’art. 378 esplicita il criterio differenziale, essendo il danno, beninteso previo accertamento della responsabilità, quantificato in misura “pari alla differenza tra il patrimonio netto alla data in cui l’amministratore è cessato dalla carica o, in caso di apertura di una procedura concorsuale, alla data di apertura di tale procedura e il patrimonio netto determinato alla data in cui si è verificata una causa di scioglimento di cui all’articolo 2484, detratti i costi sostenuti e da sostenere, secondo un criterio di normalità, dopo il verificarsi della causa di scioglimento e fino al compimento della liquidazione”.