Nella sentenza in esame la Cassazione ha affrontato alcune questioni in materia di responsabilità del liquidatore per il pagamento di crediti chirografari, successivamente all’emersione dello stato di insolvenza della società, in violazione della par condicio creditorum.
In primo luogo, con riferimento alla legittimazione del curatore fallimentare ad agire nei confronti del liquidatore (alla stregua degli amministratori di società) per ottenere la restituzione dei pagamenti preferenziali effettuati, la Suprema Corte ha ribadito che «il curatore fallimentare ha legittimazione attiva unitaria, in sede penale come in sede civile, all’esercizio di qualsiasi azione di responsabilità sia ammessa contro gli amministratori di qualsiasi società, anche per i fatti di bancarotta preferenziale commessi mediante pagamenti eseguiti in violazione del pari concorso dei creditori» (cfr. Cass. Sez. Unite del 23/01/2017, n. 1641).
Va infatti escluso che il pagamento preferenziale possa arrecare un danno solo ai singoli creditori rimasti insoddisfatti, ma non alla società, in quanto operazione neutra per il patrimonio sociale (che vede diminuire l’attivo in misura esattamente pari alla diminuzione del passivo conseguente all’estinzione del debito), dovendosi invece riconoscere che il pagamento preferenziale in una situazione di dissesto possa comportare una riduzione del patrimonio sociale in misura anche di molto superiore a quella che si determinerebbe nel rispetto del principio del pari concorso dei creditori.
Ciò in quanto la destinazione del patrimonio sociale alla garanzia dei creditori va considerata nella prospettiva della prevedibile procedura concorsuale, che espone i creditori alla falcidia fallimentare. Tanto che, in tema di azione revocatoria fallimentare, la legge non richiede l’accertamento di un’effettiva incidenza dell’atto che ne è oggetto sulla par condicio creditorum. Il che, da un lato, rende evidente che la funzione dell’azione revocatoria fallimentare è esclusivamente quella di ricondurre al concorso chi se ne sia sottratto e, dall’altro lato, consente di escludere che un’effettiva lesione della par condicio creditorum possa assumere rilevanza sotto il profilo dell’interesse ad agire: «l’interesse del curatore ad agire ha natura procedimentale, in quanto inteso ad attuare il pari concorso dei creditori, e va accertato con riferimento al momento della proposizione della domanda, perché si fonda sul già dichiarato stato di insolvenza del debitore, non sui prevedibili esiti della procedura concorsuale».
Del resto, anche dal punto di vista strettamente contabile, il pagamento di un creditore in misura superiore a quella che otterrebbe in sede concorsuale comporta per la massa dei creditori una minore disponibilità patrimoniale, cagionata, appunto, dall’inosservanza degli obblighi di conservazione del patrimonio sociale.
In secondo luogo, con riferimento ai presupposti della responsabilità del liquidatore, la Suprema Corte ha escluso, anzitutto, che la non revocabilità dei pagamenti ex art. 67 l.f. valga a renderli, per ciò stesso, leciti e non preferenziali.
Al riguardo va precisato che l’azione revocatoria fallimentare e l’azione di responsabilità nei confronti del liquidatore per pagamenti preferenziali – benché conducano ad un risultato pratico equivalente dal punto di vista della massa dei creditori (i.e. la restituzione al concorso dei creditori dei pagamenti preferenziali effettuati) -, oltre ad avere direzione soggettiva evidentemente diversa, hanno presupposti e un fondamento logico giuridico totalmente diversi, con la conseguenza che la non esperibilità dell’una non esclude l’esercizio dell’altra.
Ed invero «l’esenzione dalla revocatoria fallimentare … non esclude di per sé che il pagamento resti preferenziale e leda le ragioni degli altri creditori, e non può pertanto precludere l’esercizio dell’azione di responsabilità nei confronti degli organi della società che quei pagamenti abbiano effettuato in violazione dei doveri su di essi gravanti ovvero con dolo o colpa grave».
Inoltre, nessun rilievo può assumere il fatto che le prestazioni remunerate con i pagamenti preferenziali abbiano apportato dei benefici alla società fallita, atteso che la dannosità di tali pagamenti va rapportata alla lesione della par condicio creditorum (e non alla lesione del patrimonio sociale della fallita).
In tal senso «è sufficiente … rilevare che è ben possibile – ed è anzi del tutto probabile – che anche gli altri creditori concorsuali, a fronte dei crediti la cui soddisfazione rimane lesa dal pagamento preferenziale, abbiano reso prestazioni che avevano anch’esse comportato benefici alla società o ne hanno incrementato il patrimonio».