Risponde del danno direttamente causato al patrimonio della società l’amministratore che abbia agito nell’interesse proprio, sacrificando quello della società, in violazione del dovere -che incombe sugli amministratori sociali- di salvaguardare il patrimonio sociale e preservare la garanzia patrimoniale nell’interesse dei creditori (come nel caso del pagamento del controvalore delle quote sociali, cedute dall’amministratore, con prelievo del prezzo corrispondente dalle casse della società e nel caso in cui egli privi la società di un bene di ingente valore senza assumere alcuna garanzia di pagamento da parte del terzo e senza preventiva regolamentazione contrattuale del rapporto).
Non costituisce, invece, fonte di danno per il patrimonio sociale, quanto, piuttosto, per il singolo creditore per lesione della par condicio creditorum, il pagamento preferenziale effettuato dall’amministratore; non sussiste, infatti, legittimazione del curatore ad agire per il ristoro del corrispondente danno (Tribunale di Milano 22 dicembre 2010, n. 14632; Tribunale di Milano 18 gennaio 2011, n. 501; Tribunale di Milano 4 gennaio 2013).
Non costituisce condotta depauperativa del patrimonio della società fallita l’esecuzione di migliorie su beni di terzi, anche se di proprietà dello stesso amministratore, nella misura in cui necessarie a rendere l’immobile funzionale all’attività di impresa.