L’ordinanza del 5 marzo 2018, n. 5115 ha per oggetto un giudizio di disconoscimento delle sottoscrizioni promosso da dei correntisti, deducendo la consegna da parte di una banca di un carnet di assegni a persona non legittimata e l’emissione di assegni a firma apocrifa, con addebito non dovuto sul conto corrente degli attori.
Sul punto, la Suprema Corte ha confermato il principio secondo cui: “la parte che sostenga la non autenticità della propria apparente sottoscrizione di scrittura privata, che non sia stata riconosciuta e che non debba ritenersi legalmente riconosciuta, può assumere l’iniziativa del processo, per sentire accertare, secondo le ordinarie regole probatorie, la non autenticità di detta sottoscrizione, nonché per sentire accogliere tutte quelle domande che postulino tale accertamento”.
I giudici di legittimità hanno chiarito come questo sia quanto ha ritenuto la corte di merito, che ha giudicato provato non solo come le sottoscrizioni non fossero riconducibili ai correntisti ma anche l’inadempimento della banca ai propri obblighi di diligenza, non avendo né identificato la persona cui fu consegnato il carnet, né rilevato la palese apocrifia della firma apposta sui titoli.
La Cassazione ha quindi rigettato il ricorso dell’istituto di credito per ragioni di rito: quello sul disconoscimento delle sottoscrizioni è un giudizio di fatto non sindacabile dalla corte di legittimità.