Il socio accomandante è privo di legittimazione – attiva e passiva – rispetto alle obbligazioni tributarie riferibili alla società, salvo le deroghe alla regola di cui all’art. 2313 c.c., il quale, nel limitare la responsabilità dell’accomandante per le obbligazioni sociali alla quota conferita, non autorizza i creditori sociali, incluso l’erario, ad agire direttamente nei suoi confronti, limitandosi tale disposizione a disciplinare i rapporti interni alla compagine sociale.
La sentenza in commento affronta il tema della responsabilità per le obbligazioni sociali dei soci accomandanti di società in accomandita semplice, con particolare riferimento alla responsabilità che discende da evasione dell’IVA – ad opera della s.a.s – e relative sanzioni applicate.
La questione sottoposta ai giudici di legittimità scaturisce da un avviso di accertamento IVA emesso nei confronti della s.a.s. in questione, avverso il quale i soci hanno proposto ricorso, giungendo sino in Cassazione. Il ricorso per cassazione è stato respinto con riferimento ai primi tre motivi, ma il quarto motivo – d’interesse, relativo alla violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e, in particolare, alla violazione degli artt. 2313 e 2318 c.c. – è stato accolto.
Infatti – si rammenta – a norma dei menzionati articoli del codice civile, i soci accomandanti “rispondono limitatamente alla quota conferita” (art. 2313, comma 1, c.c.) e solo i “soci accomandatari hanno i diritti e gli obblighi dei soci della società in nome collettivo” (art. 2318, comma 1, c.c.). Da detta disciplina giuscivilistica – che “vale anche per le obbligazioni di natura tributaria” (Cass. 9429 del 2020) – discende che i soci accomandanti non possono essere chiamati a rispondere dell’IVA evasa e delle sanzioni applicate dovute dalla società in accomandita semplice. A tal proposito si era già espressa la Suprema Corte affermando che, in tale modello societario, “il socio accomandante è privo di legittimazione – attiva e passiva – rispetto alle obbligazioni tributarie (nella specie IVA e IRPEF) riferibili alla società, salvo le deroghe alla regola di cui all’art. 2313 c.c., il quale, nel limitare la responsabilità dell’accomandante per le obbligazioni sociali alla quota conferita, non autorizza i creditori sociali, incluso l’erario, ad agire direttamente nei suoi confronti, limitandosi tale disposizione a disciplinare i rapporti interni alla compagine sociale” (Cass. n. 13565 del 2021, massima richiamata dalla sentenza commentata).
I giudici di legittimità, infine, nell’accogliere la doglianza, precisano anche che l’IVA indebitamente detratta non costituisce un maggior reddito della società e – dunque – di tutti i soci della società personale: infatti, l’avviso di accertamento impugnato nel caso in esame si riferiva esclusivamente alla detta imposta evasa, non contenendo alcun accertamento di maggiori redditi tratti dalla società; redditi “normalmente imputati per trasparenza ai soci del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, ex art.5”.