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Giurisprudenza

Revoca dell’ammissione al concordato e successivo fallimento

29 Novembre 2016

Giovanni Guglielmo

Cassazione Civile, Sez. I, 26 febbraio 2016, n. 3813

Di cosa si parla in questo articolo

La sentenza in commento concerne il caso di dichiarazione di fallimento successiva alla revoca dell’ammissione alla procedura di concordato preventivo.

I giudici hanno espresso il principio secondo il quale, in tema di dichiarazione di fallimento nel corso della procedura di concordato preventivo, nel caso in cui sia promosso il procedimento per la revoca della relativa ammissione ai sensi dell’art. 173, L. Fall., la formale conoscenza, da parte del debitore, dell’esistenza di un’iniziativa per la dichiarazione di fallimento è idonea ad integrare il disposto dell’art. 15, comma IV, L. Fall..

Come previsto dall’art. 173, comma II, L. Fall., infatti, il Tribunale «su richiesta del pubblico ministero, accertati i presupposti […], dichiara il fallimento del debitore» senza che siano necessari ulteriori adempimenti procedurali.

In proposito, la Corte evidenzia che la revoca dell’ammissione alla procedura di concordato può costituire un presupposto della dichiarazione di fallimento: conseguentemente, il contraddittorio tra creditore istante e debitore risulta già instaurato in sede di revoca del concordato ed il debitore, quindi, è già a conoscenza che, in caso di sua convocazione ex art. 173 L. Fall., l’accertamento del Tribunale e, correlativamente, l’ambito della propria difesa, non attengono solo alla revocabilità dell’ammissione al concordato, ma anche (e soprattutto) alla possibile successiva dichiarazione di fallimento (in questo senso anche Cass. Civ., sez. I, 31/01/2014, n. 2130).

Concludono i giudici evidenziando che, in ogni caso, la comunicazione integrale della richiesta di fallimento da parte del P.M., oltre ad integrare in modo completo il contraddittorio anche sulla fattispecie dell’eventuale fallimento, fa divenire non necessaria la notifica della stessa richiesta di fallimento nei confronti del debitore.

Infine la Corte ha anche disposto che, nel caso in cui i poteri rappresentativi (senza distinzione fra attività negoziali ed attività processuali) risultino dall’assemblea conferiti congiuntamente a più liquidatori, è inammissibile l’impugnazione proposta dalla società in base ad un mandato difensivo conferito da solo uno degli stessi (così anche Cass. Civ., sez. II, 15.02.1986, n. 909).

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