Nella sentenza in epigrafe, la Corte di Cassazione si è pronunciata sull’interpretazione dell’art. 67, comma terzo, lett. a), il quale prescrive l’esenzione dell’azione revocatoria con riguardo ai pagamenti effettuati nei termini d’uso. Detta locuzione è da riferirsi alle modalità di pagamento proprie del rapporto tra le parti e non, viceversa, alla prassi del settore economico in questione. Se, infatti, si riconoscesse carattere dirimente a quest’ultimo riferimento fattuale, conviene la Suprema Corte, si finirebbe con l’equiparare la fattispecie summenzionata a quella di cui all’art. 67, comma primo, n. 2), la quale fa, viceversa, riferimento al pagamento c.d. anormale.
La Corte, nel caso di specie, si è inoltre pronunciata su due questioni di carattere processuale. Da un lato, dovendo decidere del ricorso proposto ex art. 360 n. 5 c.p.c., ha statuito che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il relativo vizio avente ad oggetto un fatto decisivo, laddove il fatto storico, rilevante per la causa, sia stato considerato dal giudice, sebbene, poi, nella sentenza, comunque, non si sia dato conto di tutte le risultanze probatorie. Dall’altro lato, ha statuito, pronunciandosi sul ricorso proposto per violazione e falsa applicazione dell’art. 92, comma secondo, c.p.c., che, posto il rispetto del principio in ragione del quale le spese non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, rientra nel potere discrezionale del giudice di merito la valutazione dell’opportunità – ai sensi della succitata norma – di compensare in tutto in parte le spese di lite, sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca, che nell’ipotesi di concorso di altri giusti motivi.