Nel caso in esame la Procedura chiedeva la revocatoria fallimentare di alcuni pagamenti relativi ad un contratto di fornitura di servizi e la Suprema Corte confermava il ragionamento svolto dal giudice di merito che non aveva ritenuto sussistente la scientia decoctionis in capo ad un creditore “ordinario” come il fornitore, a cui non poteva chiedersi il costante monitoraggio mediante l’esame dei bilanci di esercizio della società poi posta in amministrazione straordinaria (tanto più in presenza di bilanci consolidati di una grande impresa e di indici di insolvenza che non potevano essere di immediata percezione da parte di un operatore non qualificato, non aduso a valutazioni di natura economica e finanziaria).
Secondo la Corte di Cassazione il convincimento del giudice del merito può formarsi anche attraverso il ricorso alle presunzioni, alla luce del parametro della comune prudenza ed avvedutezza e della normale ed ordinaria diligenza, ma attribuendo rilevanza peculiare alla condizione professionale dell’accipiens e al contesto nel quale gli atti solutori si sono realizzati (cfr. Cass. 8 febbraio 2018, n. 3081 e Cass. 18 aprile 2011, n. 8827).
La certezza logica dell’esistenza dello stato soggettivo può dunque legittimamente dirsi acquisita quando la probabilità della scientia decoctionistrovi il suo fondamento nei presupposti e nelle condizioni (economiche, sociali, organizzative, topografiche, culturali) nelle quali si sia concretamente trovato ad operare, nella specie, il creditore del fallito (Cass. 3 maggio 2012, n. 6686); in altri termini, ai fini dell’accertamento della scientia decoctionisoccorre conferire rilevanza peculiare della condizione professionale dell’accipiens, onde la misura della diligenza esigibile da quel soggetto va riferita alla categoria di appartenenza dello stesso e all’onere di informazione tipico del relativo settore di operatività (Cass. 4 febbraio 2008, n. 2557).