1. Premessa
L’entrata in vigore della Direttiva 2014/65 UE (“MiFID II”) e la sua recente implementazione ad opera del D.lgs. 129/2017, che ha recepito le previsioni regolamentari europee modificando il d.lgs. 58/1998 (“Testo Unico della Finanza” o “T.U.F.”), sta comportando per gli enti creditizi e le imprese di investimento operanti nel mercato italiano ed europeo un notevole e rilevante impegno volto all’adeguamento del proprio modello di business alle nuove e piuttosto restrittive previsioni normative.
Il processo di adeguamento su cui è intervenuto, da ultimo, il Regolamento recante norme di attuazione del d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 in materia di intermediari del 16 febbraio 2018 adottato dalla Consob con Delibera n. 20307[1] il (“Nuovo Regolamento Intermediari”) è oggetto di ampio e costante dibattito – anche a livello operativo – tra le differenti funzioni aziendali dell’impresa di investimento in esso coinvolte, visto l’impatto a 360 gradi della predetta novella.
A tale riguardo, un primo interessante tema di analisi attiene alle incertezze interpretative contenute nei considerando del Regolamento Delegato della Commissione n. 565/2017 (il “Regolamento Delegato”) in relazione al contenuto dei c.d. “pareri generici”, rispetto al servizio di consulenza in materia di investimenti fondato sulla raccomandazione personalizzata.
Seguitamente, si darà conto della normativa prevista in tema “incentivi” ai sensi e per gli effetti dell’art. 24 MiFID II, passando poi a trattare un particolare sotto insieme di tali incentivi, ovvero la ricerca finanziaria e la distinzione tra quest’ultima e la predetta nozione di raccomandazione personalizzata.
Considerato il ruolo che la ricerca finanziaria ricopre attualmente nel modello di business adottato da imprese di investimento ed asset manager, si è ritenuto opportuno approfondire le circostanze in cui la ricezione di tale ricerca è consentita ovvero richiede l’adozione di peculiari procedure ex ante.
Da ultimo, si commenterà l’impatto del nuovo regime introdotto da MiFID II in tema di ricerca ed alcune delle principali sfide che gli asset managers italiani ed europei dovranno fronteggiare al fine di adeguarsi alla neo-introdotta disciplina di settore.
2. La consulenza in materia di investimenti nel regime MiFID II e nel Regolamento Delegato n. 565/2017
Il servizio di consulenza in materia di investimenti, nel suo aspetto definitorio, si caratterizza quale “prestazione di raccomandazioni personalizzate ad un cliente, dietro sua richiesta o per iniziativa dell’impresa di investimento, riguardo ad una o più operazioni relative a strumenti finanziari[2]”.
Rispetto al regime MiFID I, secondo cui la prestazione della raccomandazione personalizzata (…) riguardava una o più operazioni relative ad un determinato strumento finanziario, la nuova normativa ha dunque eliminato il secondo elemento che caratterizzava tale servizio, ovvero la “determinazione”, intesa come “rilascio di consigli specifici, ossia riferiti ad un particolare strumento finanziario[3]”.
L’assenza di tale elemento dunque potrebbe porre dei dubbi interpretativi circa il confine tra la consulenza in materia di investimenti e la consulenza generale, in quanto ora non pare più esulare “dalla definizione [di consulenza in materia di investimenti] l’attività che consiste nel rilasciare consigli e raccomandazioni relativi a categorie, gruppi o tipologie generali di strumenti finanziari[4]”.
Pare dunque che la nuova formulazione definitoria abbia attenuato quel “mutamento radicale di prospettiva[5]” avutosi con l’introduzione di MiFID I mediante la considerazione della “consulenza specifica e personalizzata (riguardante determinati strumenti finanziari) [quale] servizio di investimento principale”. In effetti, il servizio parrebbe perdere uno degli elementi caratterizzanti il fulcro della sua nozione, ossia l’oggetto del consiglio, che deve vertere su un determinato strumento finanziario[6].
Tuttavia, tali dubbi paiono potersi risolvere nella lettura coordinata delle disposizioni della MiFID II e del corpus normativo di recepimento delegato.
In particolare, l’elemento della determinazione torna, quale peculiarità definitoria della fattispecie, nell’articolo 9 lettere a) e b) del Regolamento Delegato, secondo cui la raccomandazione personalizzata deve consistere nella raccomandazione di:
- comprare, vendere, sottoscrivere, scambiare, riscattare, detenere un determinato strumento finanziario o assumere garanzie nei confronti dell'emittente rispetto a tale strumento;
- esercitare o non esercitare il diritto conferito da un determinato strumento finanziario di comprare, vendere, sottoscrivere, scambiare o riscattare uno strumento finanziario.
Ciò detto, illustrate le incertezze che, in prima istanza, possono sorgere per l’interprete circa l’assenza del requisito della determinatezza, occorre focalizzarsi adeguatamente, ai fini della presente analisi, sul secondo elemento[7] cardine che descrive la fattispecie, ossia quello della personalizzazione della raccomandazione, inteso quale criterio distintivo del servizio affinché possano trovare applicazione i presidi, in vario modo disseminati nella MIFID II, a tutela della clientela fruitrice di tale servizio.
Nell’ambito dell’analisi definitoria di tale elemento, occorre evidenziare come l’ESMA[8] sia intervenuta indicando una modifica di non marginale rilievo circa i requisiti negativi della personalizzazione.
In particolare, l’art. 52 della Direttiva 2006/73/CE recante modalità di esecuzione della MiFID I, prevedeva due requisiti, soddisfatti i quali la raccomandazione non fosse considerata come personalizzata:
- laddove venisse diffusa esclusivamente tramite canali di distribuzione o
- ove fosse destinata al pubblico.
A tale proposito, l’ESMA ha ritenuto opportuno sopprimere il primo dei due requisiti nell’ambito dell’advice finalizzato all’implementazione della MiFID II, in quanto non ha ritenuto che il ricorso a canali di distribuzione potesse escludere necessariamente il requisito della personalizzazione, dovendo ciò essere valutato a seconda delle circostanze. Tale advice è stato quindi recepito nell’art. 9 comma 3 del Regolamento 565/2017.
Volgendo lo sguardo ai summenzionati presidi che MiFID II ha individuato in merito alla raccomandazione personalizzata oggetto del servizio di consulenza in materia di investimenti, tra di essi, assumono peculiare rilievo le previsioni in materia di valutazione dell’idoneità e dell’adeguatezza degli strumenti finanziari raccomandati al cliente.
In particolare, nell’ambito della prestazione del servizio la MiFID II, in combinato disposto con le previsioni del Regolamento Delegato n. 565/2017 delle Commissione, individua tutta una serie di presidi (sebbene parametrati sulla tipologia di clientela) finalizzati:
- ad ottenere le informazioni necessarie in merito:
a) alle “conoscenze ed esperienze del cliente o potenziale cliente in riguardo al tipo specifico di prodotto o servizio[9]”;
b) alla “sua situazione finanziaria, tra cui le capacità di tale persona di sostenere perdite e ai suoi obiettivi di investimento, inclusa la sua tolleranza al rischio, per essere in grado di raccomandare i servizi di investimento e gli strumenti finanziari che siano adeguati al cliente o al potenziale cliente[10]”, nonché i “dati sulla fonte e sulla consistenza del reddito regolare, le attività, comprese le attività liquide, gli investimenti e beni immobili e impegni finanziari regolari[11]”, oltre“ai dati sul periodo di tempo per il quale il cliente desidera conservare l’investimento, le preferenze in materia di rischio, il profilo di rischio e le finalità dell’investimento[12]” ;
- alla loro adeguatezza in funzione della tolleranza al rischio e della capacità del cliente sostenere perdite del cliente.
L’impatto della raccolta delle predette informazioni e della loro concreta valutazione in relazione al cliente destinatario della raccomandazione personalizzata attiene sia all’ambito “esterno” del rapporto tra l’impresa di investimento ed il cliente, che ai profili di organizzazione “interna” in quanto l’impresa tra l’altro: (i) dovrà dotarsi di appropriate politiche e procedure dimostrabili; (ii) mantenere informazioni adeguate e aggiornate sui clienti nella misura necessaria a soddisfare i criteri previsti della normativa in relazione alla specifica operazione da raccomandare o realizzare[13].
Non solo: la raccomandazione personalizzata comporta, una volta effettuata tale qualificazione, rilevanti conseguenze anche dal punto di vista della disciplina applicabile all’impresa di investimento in tema di inducements.
3. La disciplina degli inducements: un regime a due velocità
In particolare, a seguito dell’introduzione di MiFID II, si è assistito ad una generale intensificazione delle regole poste a tutela della clientela nell’ambito della percezione degli inducements in relazione alla prestazione di servizi di investimento e, in particolar modo, con riguardo ai servizi di gestione di portafogli e consulenza in materia di investimenti.
La necessità dapprima (regime MiFID I) di predisporre determinate regole in materia di inducements, sorge in relazione quelle diverse e contrastanti esigenze che influiscono sulle condotte dei principali attori coinvolti nella prestazione di servizio di investimento.
Come evidenziato dalla Dottrina invero, “la legittima remunerazione dell'attività di distribuzione mediante la retrocessione di una parte delle commissioni pagate dall'investitore al gestore può (…) venire a sovrapporsi con l'urgenza per i gestori collettivi del risparmio di fidelizzare il distributore, così generando effetti distorsivi sul comportamento di entrambi i soggetti: per il product provider potrebbe risultare preferibile investire sulla relazione con il distributore piuttosto che sulla qualità dell'Oicr; mentre l'intermediario potrebbe utilizzare come criterio dell'azione più la retrocessione ricevuta per la distribuzione degli Oicr che il miglior interesse del proprio cliente, secondo una vasta gamma di comportamenti che giunge sino alla distribuzione di prodotti del tutto estranei alle caratteristiche dell'investitore (c.d. mis-selling)[14]”.
La successiva (regime MiFID II), intensificazione delle summenzionate regole in materia di inducements tanto più trova ragione d’essere quanto più si pensi ai recenti scandali che sono emersi nel corso degli ultimi anni, dove inadeguate politiche di controllo interno, combinate con la predetta pratica di mis-seling, hanno ampliato l’esigenza di un intervento regolamentare finalizzato ad un maggiore controllo delle pratiche di business degli operatori nel settore finanziario.
Peraltro, una prima strategia ante MiFID II, era già stata anticipata dalla Consob, che nella comunicazione n. 9019104[15] inerente al “dovere dell’intermediario nella distribuzione di prodotti finanziari illiquidi”, aveva segnalato la necessità di una tutela ex ante in fase di “sviluppo del prodotto e di identificazione delle strategie di distribuzione (c.d. product governance) affronta[ndo] il problema “dal di dentro” del processo produttivo dell’intermediario[16]”.
Con riferimento al dato normativo, la disciplina applicabile ai c.d. inducements (termine che, nella versione in lingua originale di MiFID II non viene mai esplicitamente utilizzato), ovvero i c.d. incentivi, forniti e/o ricevuti dinanzi alla prestazione di servizi di investimento è delineata all’art. 24, commi 7, 8 e 9 della MiFID II, dal Capo IV della le disposizioni del Direttiva Delegata (Ue) 2017/593 della Commissione del 7 aprile 2016 e dal Libro Terzo, Titolo V, del Nuovo Regolamento Intermediari.
In generale, la ratio della disciplina sugli inducements può rinvenirsi nell’esigenza di protezione del cliente, che:
- a livello interno dell’impresa di investimento possa essere strutturata mediante policy che promuovano, monitorino e inibiscano condotte del personale in contrasto con il duty of loyalty del proprio personale, non remunerandolo o valutandolo sulla base di obiettivi di vendita e altri mezzi che forniscano un incentivo a raccomandare o vendere un particolare strumento finanziario allorché uno strumento diverso potrebbe rispondere meglio alle necessità del cliente[17]. Strumento importante per il perseguimento di tale esigenza di protezione è l’adeguato coordinamento del duty of loyality all’interno delle misure adottate dall’intermediario in tema di conflitti di interesse;
- a livello esterno, possa concretizzarsi mediante specifica disclosure nei confronti della clientela e, in taluni casi in seguito descritti, specifici obblighi di restituzione.
Pare opportuno premettere, prima di analizzarne più nel dettaglio il regime di volta in volta applicabile, le principali tipologie di incentivi ed il loro contenuto.
Una prima distinzione attiene alla natura economica o meno degli incentivi, distinguendosi tra (i) benefici monetari e (ii) benefici non monetari. Qualora la portata e le caratteristiche dei primi pare non necessitare di ulteriori commenti, benefici non monetari possono consistere nella ricezione di ricerca in materia di investimenti, come meglio accennato nei paragrafi successivi, ovvero ospitalità di un valore de minimis ragionevole.
Da ultimo, i predetti benefici di natura non monetaria si distinguono, sulla base delle considerazioni svolte nei paragrafi successivi, tra benefici non-monetari di minore entità ammissibili e non.
Invero, la normativa vigente distingue il regime applicabile non solo avendo a riferimento la tipologia di incentivi previsti, ma altresì alla tipologia di servizi di investimento prestati dalla impresa finanziaria rispetto ai quali siano percepiti inducements.
3.1 Consulenza indipendente e gestione del portafoglio vs altri servizi
MiFID II e la relativa normativa di secondo livello ha previsto un regime differenziato a seconda che l’attività svolta dall’istituto finanziario consista nella prestazione di (i) consulenza in materia di investimenti prestata su base indipendente e/o gestione del portafoglio o (ii) altri servizi di investimento (inclusa la consulenza prestata su base non indipendente).
Per quanto attiene alla seconda fattispecie, la MiFID II (art. 24 par. 9) e la Direttiva delegata n. 593/2017 (art. 11), ammettono la possibilità che le imprese di investimento paghino o percepiscano un onorario o una commissione o forniscano o ricevano benefici non monetari in relazione alla prestazione di un servizio di investimento o di un servizio accessorio da parte di un qualsiasi soggetto diverso dal cliente o da una persona operante per suo conto a condizione che i pagamenti o i benefici:
- abbiano lo scopo di accrescere la qualità del servizio fornito al cliente[18], ai sensi del c.d. “quality enahancement test”, e
- non pregiudichino il rispetto del dovere dell’impresa di investimento di agire in modo onesto, equo e professionale nel migliore interesse del cliente[19].
Qualora percepibili e percepiti, l’impresa di investimenti dovrà comunicare al cliente (i) l’esistenza, (ii) la natura e (iii) l’importo dei pagamenti o dei predetti benefici ricevuti, ovvero il metodo di calcolo di tale importo, laddove quest’ultimo non fosse accertabile[20].
Tale impostazione è peraltro stata confermata anche all’art. 52 del Nuovo Regolamento Intermediari adottato dalla Consob.
3.2 Servizi Particolari
Diversamente, le disposizioni in materia di consulenza indipendente, nonché in materia di gestione del portafoglio:
- vietano in linea generale la percezione di onorari, commissioni o altri benefici monetari o non monetari pagati o forniti da terzi o da una persona che agisce per conto di terzi in relazione alla prestazione del servizio ai clienti[21];
- impongono perciò la restituzione in toto[22] al cliente di eventuali onorari, commissioni o benefici monetari pagati o forniti da terzi o da un soggetto che agisce per conto di terzi in relazione ai servizi prestati a tale cliente non appena ragionevolmente possibile dopo il ricevimento[23];
- in deroga a quanto precede, ammettono i soli (1) benefici non monetari di entità minima (2) atti a migliorare la qualità del servizio offerto ai clienti e che, per la loro portata e natura, (3) non possono essere considerati tali da pregiudicare il rispetto da parte delle imprese di investimento del dovere di agire nel migliore interesse dei clienti[24];
Con riguardo agli elementi costitutivi di quegli incentivi delineati alla lettera (c) che precede e potenzialmente ammissibili, si possono identificare tre elementi caratterizzanti degni di maggior commento, ovvero:
- la natura non monetaria degli stessi in uno alla loro minima entità;
- il superamento del predetto “quality enhancement test”; e
- l’idoneità, laddove percepiti, a non pregiudicare gli interessi dei clienti e distorcere il comportamento dell’impresa di investimento destinataria.
Ai sensi del predetto Nuovo Regolamento Intermediari, pare opportuno precisare l’esistenza di uno specifico obbligo relativo alla conservazione documentale di tali compensi, commissioni e benefici non monetari ricevuti da terzi in relazione alla prestazione di servizi di investimento o accessori, illustrando altresì le ragioni della compatibilità degli stessi, e della loro ricezione, con la normativa applicabile.
Qualora l’ultimo dei punti menzionati pare non necessitare di maggiori commenti, pare d’interesse, ai fini del presente contributo e della sezione a seguire, analizzare in cosa consistano i predetti “benefici non monetari di entità minima” potenzialmente ammissibili.
Ai sensi della predetta Direttiva delegata n. 593/2017, vanno considerati genericamente ammissibili e pertanto accettabili, salva la comunicazione degli stessi al cliente ed alcuni obblighi di reporting connessi, i seguenti benefici:
- informazioni o documentazione relativa a uno strumento finanziario o a un servizio di investimento, di natura generica o personalizzata in funzione della situazione di un singolo cliente (“Informazioni generiche”);
- materiale scritto ricevuto da terzi, commissionato e pagato da una società emittente al fine di promuovere una nuova emissione di strumenti finanziari da parte della predetta società;
- inviti e partecipazione ad eventi quali conferenze, seminari e simili eventi formativi e
- ospitalità i cui costi siano ragionevoli, come cibi e bevande a margine di un incontro di lavoro o di una conferenza, seminario o altri eventi di formazione.
Come evidenziato al paragrafo 5 a seguire, l’elemento di cui alla lettera (a) fornisce un interessante spunto di riflessione in considerazione dell’impatto delle restrizioni previste da MiFID II in tema di incentivi e ricerca su asset manager ed imprese di investimento.
Ad ogni buon conto, prima di analizzare tale aspetto, un ulteriore approfondimento attiene alla – sottile – distinzione tra consulenza generica, prestata sotto forma di “pareri generici” e consulenza personalizzata. Invero, quella che pare una diatriba lessicale, pare idonea a costituire un elemento decisivo nel valutare l’applicazione o meno di una disciplina peculiare assai differente.
4. I pareri generici nei considerando del Regolamento Delegato 565/2017
Il tema della definizione del parere generico all’interno dei considerando della normativa del Regolamento Delegato 565/2017 può comportare interessanti spunti di analisi in merito: i) alle previsioni di MiFID II relative servizio di consulenza in materia di investimenti, tra cui, precipuamente, le prescrizioni dettate in tema di idoneità e adeguatezza di cui all’articolo 24 della MiFID II, sia ii) all’applicabilità o meno della rigida disciplina degli inducements (cfr. infra, par. 5.1).
In particolare, molteplici sono le previsioni, all’interno del corpus normativo della Direttiva MiFID II e normativa delegata, da cui possono sorgere incertezze per l’interprete.
Partendo dalla fattispecie più agevole, la distinzione tra il parere generico e la ricerca finanziaria, questa non pare essere particolarmente problematica in ragione del fatto che, elemento distintivo delle ricerche in materia di investimenti, disciplinate dall’ art. 24, par. 3 della Direttiva MiFID II[25] e dall’art. 36 del Regolamento Delegato n. 565/2017[26], consiste nella destinazione della raccomandazione/ o suggerimento della strategia di investimento riguardante uno o diversi strumenti finanziari[27] a canali di distribuzione e/o al pubblico delle stesse (inclusi i pareri sul valore o il prezzo attuale o futuro di tali strumenti finanziari). Siffatto servizio, unitamente ad altre forme di raccomandazione generale riguardanti le operazioni relative a strumenti finanziari, è destinatario delle tutele protettive della disciplina MiFID II in quanto qualificato come servizio accessorio ai sensi dell’Allegato I, Sez. B, numero 5) della Direttiva MiFID II.
Se dunque, dal punto di vista della ricerca in materia di investimenti il parere generico appare definito in ragione della sua diffusione ad un amplia platea di destinatari, alcuni dubbi possono sorgere nell’ambito dell’analisi testuale normativa contenuta dei considerando del Regolamento Delegato.
Ciò in quanto, sebbene l’incipit del considerando numero 15 del Regolamento delegato n.565/2017 esclude che i pareri generici riguardo a un tipo di strumento finanziario siano considerati come consulenza in materia di investimenti, il predetto incipit precisa tuttavia che qualora l’impresa di investimento fornisca un parere generico a un cliente riguardo a un tipo di strumento finanziario qualificato come idoneo per tale cliente o basato sulle circostanze specifiche di tale cliente e, successivamente, tale parere si dimostri nei fatti inidoneo per il cliente o non basato sulle sue specifiche circostanze, l’impresa finanziaria potrebbe comunque essere soggetta a censure conseguenti alla violazione del succitato articolo 24, paragrafo 1 o 3, della MiFID II.
Ulteriori incertezze parrebbe comportare il successivo considerando numero 16 del Regolamento delegato n. 565/2017, secondo cui gli atti compiuti dall'impresa di investimento in preparazione della prestazione di un servizio di investimento o dello svolgimento di un'attività di investimento dovrebbero essere considerati parte integrante di tale servizio o attività. Tra tali atti rientrerebbe ad esempio la fornitura di pareri generici da parte dell'impresa di investimento a clienti o potenziali clienti prima o nel corso della prestazione di consulenza in materia di investimenti o di qualsiasi altro servizio o attività di investimento.
Alla luce di quanto precede, le incertezze interpretative descritte non parrebbero consentire un’interpretazione applicativa uniforme delle regole europee, posizionandosi dunque in possibile contrasto con le esigenze, da sempre ratio fondante dell’intervento del legislatore europeo, di uniformità nell’applicazione del diritto finanziario finalizzate a stimolare una maggiore competitività degli operatori nel mercato europeo.
5. Inducement e ricerca finanziaria: rivoluzione copernicana?
La prestazione di servizi di ricerca da parte di soggetti terzi, usualmente banche di investimento o botique specializzate, ad imprese di investimento soggette a MiFID II ha costituito per anni un servizio usualmente abbinato ad altre prestazioni e/o fornito gratuitamente quale strategia di marketing.
Come specificato dalla Comunicazione Consob n. DIN/9003258 del 14-1-2009, il regime previgente qualificava, e sottoponeva alla relativa disciplina applicabile, “soft commission” la fornitura,non separatamente remunerata (bundled) rispettoad alter attività di investimento, da parte del soggetto terzo di materiale diricerca all’impresa di investimenti.In quanto tale, la legittimità della stessa sussisteva qualora l’attivitàdi ricerca ricevuta (i) apportasse un incremento della qualitàdel servizio reso al cliente o all’OICR[28] (ii) in assenza di pregiudizio dei loro interessi e (iii) fosse oggetto di disclosure.
Invero, l’entrata in vigore di MiFID II ha rivoluzionato la normativa applicabile alla ricezione di tali strumenti di ricerca, prevedendo, ancora una volta, un regime differenziato a seconda che il destinatario della stessa presti servizi di gestione del portafoglio e/o consulenza in materia di investimenti prestata su base indipendente (i “Servizi Particolari”) ovvero altri servizi di investimento.
Data la sua natura, la ricezione di servizi di ricerca può costituire proprio uno di quei benefici di natura non monetaria qualificabile come incentivo e pertanto soggetto alla normativa commentata nei paragrafi che precedono.
Tra le principali innovazioni apportate al regime precedente, la Direttiva delegata n. 593/2017, all’art. 13, specifica ora come la ricezione di tale ricerca, indipendentemente dalla natura dei servizi di investimento svolti dal destinatario della stessa, sia consentita solo qualora:
- i costi della stessa siano sostenuti direttamente dal destinatario con risorse proprie; o
- sia ricevuta in cambio di pagamenti da un conto di pagamento per la ricerca separato controllato dall'impresa di investimento ma finanziato dal cliente in misura predefinita e previamente discussa[29].
Alla luce di quanto sopra, pare allora opportuno identificare il regime applicabile ad imprese finanziarie destinatarie di ricerca a seconda che queste ultime svolgano i Servizi Particolari ovvero altri servizi di investimento.
Prima di entrare nel dettaglio, pare opportuno svolgere un approfondimento circa la distinzione tra materiale costituente ricerca e soggetto alla predetta disciplina ed il materiale definito “Informazioni Generiche” descritto nel precedente paragrafo 3.2.
5.1 Per una distinzione normativa del servizio di ricerca nella disciplina sugli inducements
Nonostante MiFID II non definisca espressamente la documentazione contenuta nelle summenzionate Informazioni Generiche, pare opportuno richiamarsi alle premesse dell’anzidetta Direttiva delegata n. 593/2017, la quale, al considerando 29, esplicita che materiale o servizi non approfonditi costituiti da un commento su un mercato a breve termine sulle ultime statistiche economiche o sui risultati societari, ad esempio, o da informazioni sulle pubblicazioni o eventi futuri fornite da terzi e che contengono solo un breve sunto della propria opinione su tali informazioni che non sono fondate né includono analisi approfondite, come ad esempio nei casi in cui semplicemente ribadiscono una visione basata su una raccomandazione esistente o su materiale o servizi di ricerca approfonditi, possono essere ritenuti come informazioni su uno strumento finanziario o su un servizio di investimento di una portata e di una natura tale da costituire un beneficio non monetario minore accettabile.
Diversamente, sempre muovendo sulla base della predetta Direttiva Delegata e delle relative premesse, ricerca in materia di investimenti pare comprendere materiale o dei servizi di ricerca riguardanti uno o più strumenti finanziari o altri attivi, o gli emittenti o i potenziali emittenti di strumenti finanziari, o essere strettamente correlata a un settore o mercato specifico in modo tale che informi su strumenti finanziari, attivi o emittenti all'interno di tale settore. Guardando al contenuto di tale materiale e/o servizi, questi ultimi, al fine di rientrare nella nozione di ricerca, contengono raccomandazioni e/o proposte, esplicite o implicite circa una strategia di investimento, formulando un parere motivato sul valore attuale o futuro o sul prezzo di tali strumenti o attivi, o altrimenti fornendo analisi e traendo conclusioni sulla base di informazioni nuove o esistenti che potrebbero essere impiegate per informare in merito a una strategia di investimento ed essere pertinente e in grado di apportare valore aggiunto alle decisioni dell'impresa di investimento.
5.2 Servizi Particolari
Qualora il destinatario della ricerca presti Servizi Particolari, dato il rigido divieto in capo a quest’ultimo di ricevere incentivi, benché di natura non-monetaria e, restando beninteso, purché non rientranti nell’elenco di cui al paragrafo 3.2, le alternative citate poc’anzi costituiscono le uniche alternative disponibili rispetto alla ricezione di servizi e/o materiale di ricerca.
Invero, sulla base delle considerazioni svolte al paragrafo 5.1., non pare vi siano sono elementi per far rientrare materiale di ricerca nel novero di qui benefici di natura non monetaria di entità minima potenzialmente ammissibili.
5.3 Altri Servizi
Ben diverso é il regime applicabile a servizi di investimento non rientranti nella predetta categoria.
Invero, ad avviso di scrive, la normativa attuale consentirebbe al destinatario di materiale costituente ricerca, di individuare una “terza via”, alternativa al pagamento mediante risorse proprie e/o all’addebito della ricerca al cliente.
Invero, le due alternative elencate nel paragrafo precedente consentono di evitare la qualifica del materiale di ricerca in termini di incentivo[30]. Ciò implica che, qualora l’impresa di investimento decida di non adottare alcuna una delle predette alternative, la ricerca ricevuta costituirà “incentivo” ai sensi di MiFID II.
Non per questo però la ricezione della stessa sarà vietata, in quanto, come delineato nel paragrafo 3.1 che precede, laddove i requisiti del quality enhancement test siano validamente superati, la stessa ricerca sarà ricevibile anche senza rispettare le onerose restrizioni di cui al predetto Art. 13.
Da quanto sopra, ad avviso di chi scrive ed alla luce delle linee guide fornite dall’ESMA in materia, una prima considerazione attiene alla possibilità di ricevere ricerca gratuitamente da soggetti terzi. Ebbene, tale possibilità é ora sicuramente preclusa rispetto a qui soggetti che prestano Servizi Particolari. Con riguardo agli altri servizi, pare opportuno rinviare a quanto commentato nelle linee che precedono.
6. Conclusioni. Alcuni spunti critici.
L’entrata in vigore di MiFID II ha costituito una rivoluzione copernicana nel mondo degli operatori finanziari e, in verità, dei consulenti operativi nel settore.
Una disciplina peculiare è prevista in tema di consulenza personalizzata in materia di investimenti, la quale, ad oggi, soggiace ad una normativa ben più capillare rispetto al passato. Invero, tale servizio, ove prestato su base indipendente, in uno al servizio di gestione del portafoglio su base discrezionale, rientra altresì nelle rigide maglie di MiFID II previste in tema di “incentivi”. Questi ultimi, definiti quali benefici monetari e non monetari percepiti dall’impresa finanziaria dinanzi alla prestazione di servizi di investimento, sono soggetti ad una normativa particolarmente restrittiva, laddove non proibitiva, rispetto ai predetti due servizi di investimento. Con riguardo ad altri servizi, seppur in misura meno rigida, la percezione di incentivi soggiace ad un severo “quality enhancement test” ed a minuziosi obblighi di disclosure. Un regime peculiare, si è evidenziato, è previsto in tema di ricerca finanziaria, la cui ricezione gratuita è totalmente proibita laddove prestata ad imprese di investimento che offrano servizi di consulenza personalizzata su base indipendente e/o gestione del portafoglio.
Pare allora opportuno, sulla base delle considerazioni svolte nei paragrafi che precedono, trarre alcune spunti circa l’impatto delle commentate previsioni di MiFID II sugli alcuni operatori finanziari quali asset managers e fondi di investimento.
Se da un lato, ai sensi dell’art. 2 di MiFID II, le previsioni di quest’ultima non si applicano a fund managers con riguardo alle attività tipiche (gestione collettiva del portafoglio e gestione del rischio) fintantoché svolte nei confronti dei fondi gestiti, dall’altro, qualora tali manager prestino altri servizi finanziari contemplati da MiFID II a soggetti terzi (e.g. consulenza in materia di investimenti), le disposizioni della predetta direttiva troveranno applicazione. In particolar modo, ad oggi costituiva prassi consolidata la ricezione gratuita per le imprese di investimento di tale materiale da parte di banche di investimento o imprese specializzate.
Tale materiale veniva spesso rielaborato ed utilizzato dai team di ricerca interni e costituiva la base di partenza di servizi di consulenza personalizzata e/o influiva sulle scelte di gestione del portafoglio adottate dall’impresa destinataria. Ora, considerato l’obbligo di remunerare, o mediante risorse proprio ovvero addebitandone i costi, predefiniti e propriamente indicati in maniera preventiva, al cliente, numerose sono le ricadute sia dal lato dei soggetti produttori di ricerca, sia dal lato dei soggetti destinatari, nonché dei clienti stessi. Invero, questi ultimi beneficiavano di un servizio fornito dall’impresa di investimento sulla base di materiale di ricerca ricevuto gratuitamente idoneo, in teoria, ad ampliare le informazioni disponibili al prestatore del servizio di investimento.
In tal senso, MiFID II è intervenuta al fine di sradicare, con un taglio netto e lineare, eventuali circostanze di conflitti di interesse e/o influenza patologica che, secondo il legislatore europeo, potevano derivare dalla ricezione di materiale di ricerca spesso fornito dagli stessi soggetti i cui prodotti e/o servizi venivano poi offerti al cliente finale.
In conclusione, ad avviso di chi scrive, la scelta di intervenire al fine di eliminare un rischio, potenziale e patologico, ha reso invece materiale e fisiologica la creazione di un costo sia per l’operatore (il quale, laddove paghi con le proprie risorse il materiale di ricerca ricevuto, ne recupererà il costo attraverso l’aumento delle tariffe di altri servizi) sia per il cliente finale, il quale si troverà costretto (i) a pagare per un servizio di cui beneficiava in precedenza, sebbene indirettamente, gratuitamente ovvero (ii) a dover rinunciare al valore aggiunto che tale ricerca comportava al servizio di investimento fornito dal destinatario di tale ricerca. Pare allora lecito domandarsi se, rispetto a soggetti di stati terzi non sottoposti a normative comparabili, il peso della regolamentazione renda ancora una volta più iniqua la competizione tra imprese finanziarie.
[1] Consultabile al link: http://www.consob.it/documents/46180/46181/d20307.pdf/71257764-9d49-4031-963d-3516ead52ab7
[2] Cfr.: Direttiva MiFID II, art. 4, par. 1 num. 4) e T.U.F. art. 1 comma 5-septies.
[3] F. Annunziata, “La Disciplina del mercato mobiliare”, sesta edizione, G. Giappichelli Editore Torino, 2012, p. 100
[4] Idem
[5] T. Atrigna, Commento Art. 1 co. 5-septies, in Commentario al Testo Unico della Finanza aggiornato al d.lg.16 aprile 2012 n. 47, a cura di M. Fratini, G. Gasparri, Tomo Primo, artt. 1 – 90, 2012 Utet Giuridica, p. 65.
[6] Ibid, p. 69.
[7] Peraltro, M. E. Salerno, ha evidenziato come L. Zitiello avesse individuato “quattro elementi caratterizzanti la raccomandazione oggetto della consulenza. Essi consistono nella personalizzazione, nell’indipendenza soggettiva, nell’indipendenza oggettiva e nella remunerazione adeguata”. M. E. Salerno, “La disciplina in materia di protezione degli investitori nella MiFID II: dalla disclosure alla cura del cliente?” nota 128, in Diritto della banca e del mercato finanziario luglio-setembre 2/2016, Pacini Giuridica.
M. Maggiolo ha inoltre rimarcato “come la consulenza sussista sia nel caso di raccomandazioni chieste dal cliente e fornite dall'intermediario, sia nel caso di raccomandazioni spontaneamente offerte dall'intermediario e ricevute dal cliente”, non ritenendo condivisibile l’impostazione adottata in una recente sentenza del Tribunale di Milano del 5/12/2012, secondo cui la consulenza presuppone“non solo che la raccomandazione sia stata presentata come adatta al cliente, ma in più “che detta raccomandazione venga anche accettata da parte del cliente” (M. Maggiolo, “Servizio di consulenza in materia di investimenti vs. servizio di ricezione e trasmissione di ordini”, nota a Tribunale Milano, 05 dicembre 2012, in Banca Borsa Titoli di Credito, fasc.4, 2014, pag. 491).
[8] Final Report ESMA’s Technical Advice to the Commission on MiFID II and MiFIR, 19 December 2014 | ESMA /2014/1569
[9] Art. 25 Direttiva MiFID II
[10] Art. 25 Direttiva MiFID II
[11] Reg. delegato n. 565/2017, art. 54 comma 4
[12] Reg. delegato n. 565/2017, art. 54 comma 5
[13] Cfr. Reg. delegato n. 565/2017, art. 54 commi 2 e 7
[14] A. Perrone, “Tanto rumore per nulla? Per un ripensamento sulla disciplina degli inducements”, in Banca Borsa Titoli di Credito, fasc.2, 2016, pag. 129
[15] Per un commento si rimanda a L. Carlando, “Livello 3 MiFID. Prime riflessioni alla Comunicazione Consob n. 9019104 del 2 marzo 2009”, in Rivista di Diritto Bancario, aprile 2009.
[16] A. Perrone,“Tanto rumore per nulla? Per un ripensamento sulla disciplina degli inducements”, op. cit.
[17] Cfr. Direttiva MiFID II, considerando n.77.
[18] Ai sensi della predetta Direttiva Delegata, sono tali gli incentivi connotati delle seguenti caratteristiche:
1) sono giustificati dalla prestazione di un servizio aggiuntivo o di livello superiore per il relativo cliente, proporzionale al livello di incentivi ricevuti, come:
- la prestazione di consulenza non indipendente in materia di investimenti e accesso a una vasta gamma di strumenti finanziari adeguati, tra cui un numero appropriato di strumenti di fornitori terzi di prodotti che non hanno legami stretti con l'impresa di investimento;
- la prestazione di consulenza non indipendente in materia di investimenti in combinazione o con l'offerta al cliente, almeno su base annuale, di valutare il persistere dell'adeguatezza degli strumenti finanziari in cui il cliente ha investito, o con un altro servizio continuativo in grado di costituire un valore per il cliente come la consulenza sull'asset allocation ottimale; o
- l'accesso, a un prezzo competitivo, a una vasta gamma di strumenti finanziari che possano soddisfare le esigenze dei clienti, compreso un numero adeguato di strumenti di fornitori terzi di prodotti che non hanno legami stretti con l'impresa di investimento, insieme o alla fornitura di strumenti a valore aggiunto, come gli strumenti di informazioni oggettivi, che assistono il cliente interessato nell'adozione delle decisioni di investimento o consentono al cliente interessato di monitorare, modellare o regolare la gamma di strumenti finanziari in cui ha investito, o alla fornitura di relazioni periodiche sulla performance e i costi e oneri collegati agli strumenti finanziari;
- non offrono vantaggi diretti all'impresa beneficiaria, ai suoi azionisti o dipendenti senza beneficio tangibile per il cliente interessato;
- sono giustificati dalla garanzia di un beneficio continuativo per il cliente interessato in relazione a un incentivo continuativo.
[19] Art. 24 par. 9 Direttiva MiFID II
[20] Spetta a precisare che la predetta disciplina non si applica ai pagamenti o benefici che consentono la prestazione dei servizi di investimento o siano necessari a tal fine, quali, in via esemplificativa, i costi di custodia, le competenze di regolamento e cambio, i prelievi obbligatori o le competenze legali. Ciò in quanto, I predetti costi, per loro natura, non sono idonei a creare conflitti con il dovere dell’intermediario di agire in modo onesto, equo e professionale per servire al meglio gli interessi dei clienti.
[21] Art. 24 Direttiva MIFID II, par. 7
[22] Parimenti, il Nuovo Regolamento Intermediari prevede, all’art. 52-ter, il trasferimento integrale al cliente.
[23] Art. 12 Regolamento del. n. 593/2017
[24] Art. 24 Direttiva MIFID II, par. 7
[25] Che prescrive all’impresa di investimento che tutte le informazioni, comprese le comunicazioni di marketing, indirizzate ai clienti o potenziali clienti, rispettino i requisiti di correttezza, chiarezza e veridicità.
[26] Di cui al successivo paragrafo 5.
[27] Ovvero gli emittenti di strumenti finanziari
[28] A tal riguardo, si vedano i criteri elencati nella predetta Comunicazione Consob n. DIN/9003258 del 14-1-2009, p. 3.
[29] Sugli oneri interni incombenti all’impresa di investimento che ha optato per la costituzione di un predetto conto di pagamento, si v. art. 13, comma 2, Direttiva delegatan. 593/2017.
[30] Le due fattispecie sono disciplinate dall’art. 55 del Nuovo Regolamento Intermediari. A tale proposito, tra le condizioni relative al conto di pagamento per la ricerca controllato dagli intermediari, si richiede (art. 55 lett. b, num. 4) che gli intermediari formulino per iscritto un’apposita politica in cui sono definiti tutti gli elementi necessari ai fini della valutazione regolare, sulla base di rigorosi criteri, della qualità della ricerca acquistata e di come la stessa sia in grado di contribuire all’assunzione di decisioni di investimento nell’interesse dei clienti. Interessante notare come a tale riguardo come in sede di consultazioni, fosse stato richiesto all’autorità di vigilanza di “basare la determinazione dell’entità del beneficio che la ricerca può apportare ai clienti su uno “spread over benchmark” misurato su orizzonti temporali coerenti con gli obiettivi di investimento dei vari portafogli o determinati in sede di mandato”. Tuttavia la Consob, parrebbe aver non recepito detto suggerimento, precisando che poiché, con riferimento a detti benchmarks, la disciplina“non impone l’adozione di metodi uniformi e standardizzati”; tale scelta, merita di essere apprezzata in quanto, nel lasciare libertà agli “intermediari di adottare, nella propria autonomia organizzativa e decisionale, metodologie differenziate, purché funzionali al raggiungimento degli obiettivi sottesi alle prescrizioni normative”, evidenzia quell’opportuno grado di flessibilità nell’approccio alla vigilanza che sarebbe, ad avviso di chi scrive, auspicabile estendere anche per altre fattispecie. Cfr.: Regolamento recante norme di attuazione del d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 in materia di intermediari, relazione illustrativa degli esiti della consultazione, delle conseguenza sulla regolamentazione, sull’attività delle imprese e degli operatori e sugli interessi degli investitori e dei risparmiatori del 16 febbraio 2018, pp.. 99 e 100, consultabile al link: http://www.consob.it/documents/46180/46181/cons_int_mifid_II_rel.pdf/70773778-bce8-4a12-9758-f5d182b003c6