Presupposto della fattispecie di riciclaggio (art. 648-bis c.p.) è la provenienza del bene da un delitto anteriore, ancorché non accertato giudizialmente. Basta che il delitto presupposto risulti, alla stregua degli elementi di fatto acquisiti ed interpretati secondo logica, almeno astrattamente configurabile.
Ciò che conta è che emerga l’esistenza di un delitto non colposo presupposto, ancorché delineato solo per sommi capi quanto alle esatte modalità di sua commissione, senza che sia necessario identificarne con precisione il soggetto passivo e, anzi, senza che sia indispensabile neppure l’accertamento dell’esatta tipologia del delitto presupposto, essendo sufficiente che sia raggiunta la prova logica della provenienza illecita delle utilità oggetto delle operazioni compiute.
La Corte, nel prosieguo, chiarisce che integra il delitto di riciclaggio il compimento di operazioni volte non solo ad impedire in modo definitivo, ma anche a rendere difficile l’accertamento della provenienza (illecita) del denaro, dei beni o delle altre utilità, attraverso un qualsiasi espediente che consista nell’aggirare la libera e normale esecuzione dell’attività posta in essere.
Nel caso di specie, la Suprema Corte ha confermato la condanna per riciclaggio nei confronti di un soggetto che faceva confluire su una polizza vita di diritto lussemburghese, sottoscritta dalla anziana madre su propria sollecitazione ed oggetto di un trust, denaro di sicura provenienza illecita e già “ripulito” per effetto di altre e diverse operazioni.