Con la sentenza in esame, la Cassazione ha avuto occasione di pronunciarsi sul tema dell’onere della prova del credito da parte della banca.
Nel caso di specie, la Corte d’Appello di Catanzaro aveva dichiarato l’invalidità ex art. 1283 c.c. della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi relativi ad un rapporto di apertura di credito in conto corrente, e non aveva ritenuto assolto l’onere probatorio della banca che non aveva prodotto tutti gli estratti conto relativi a tale rapporto, nonostante la ricognizione di debito contenuta in un contratto di estensione della fideiussione che a tale rapporto accedeva.
La Suprema Corte ha confermato la decisione dei Giudici di merito, affermando che, infatti, la ricognizione di debito contenuta nel contratto di estensione della fideiussione ha la sola funzione di invertire l’onere della prova, ex art. 1988 c.c., e non può sanare l’invalidità di una clausola contrattuale, in conformità peraltro al principio espresso dalla stessa sezione con sentenza n. 19792 del 2014. Il riconoscimento di debito derivante dalla estensione della fideiussione non può quindi costituire la base per il calcolo dell’importo dovuto relativamente al capitale, posto che l’importo indicato nella fattispecie non consentiva di determinare l’ammontare progressivo degli interessi.
Non avendo la banca prodotto tutti gli estratti conto relativi al rapporto, era impossibile calcolare il l’ammontare dell’importo degli interessi trimestralmente capitalizzati, e dunque l’eventuale saldo passivo relativo al capitale. La banca, in conclusione, non aveva assolto all’onere probatorio del proprio credito, ciò che ne ha determinato la soccombenza.