Con ordinanza n. 1387 del 18 gennaio 2023, la Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione (Pres. Rubino Lina, Rel. Condello) è tornata sul tema del ricorso abusivo al credito.
Il caso nasce dall’azione avanzata dal curatore fallimentare per la condanna della banca al risarcimento dei danni arrecati alla società fallita in conseguenza del ricorso abusivo al credito, da parte degli amministratori, che aveva protratto illegittimamente lo stato deficitario della società.
La società fallita, infatti, nel decennio anteriore la dichiarazione di fallimento, aveva registrato gravi perdite, ma, malgrado lo stato di decozione, gli amministratori avevano chiesto ed ottenuto dalla banca un forte sostegno finanziario, da cui era poi derivato il ritardo nel fallimento, con conseguente maggiorazione del passivo e diminuzione dell’attivo.
La presente ordinanza da conferma all’orientamento già espresso dalla Cassazione con ordinanza del 30 giugno 2021, n. 18610, laddove è stata riconosciuta la legittimazione attiva del curatore fallimentare.
In particolare, viene confermato il principio che attribuisce alla curatela, in caso di fallimento, la legittimazione ad agire nei confronti delle banche per i danni cagionati alla società fallita allorquando venga dedotta la responsabilità del finanziatore verso il soggetto finanziato per il pregiudizio diretto causato al patrimonio di quest’ultimo dall’attività di finanziamento, in ragione del ricorso abusivo al credito da parte degli amministratori, dovendosi, invece, escludere la legittimazione del curatore all’azione di risarcimento del danno diretto patito dal singolo creditore per l’abusiva concessione del credito quale strumento di reintegrazione del patrimonio di quest’ultimo.
La presente ordinanza si sofferma inoltre sul tema della prescrizione del diritto al risarcimento.
Sul punto la Cassazione richiama il principio consolidato in tema di azione di responsabilità dei creditori sociali nei confronti degli amministratori di società ex art. 2394 cod. civ., ritenendolo applicabile pur quando l’azione sia promossa dal curatore fallimentare ai sensi dell’art. 146 legge fallimentare per far valere il ricorso abusivo al credito.
Secondo tale principio il dies a quo da cui far decorrere il termine di prescrizione del diritto coincide con il momento in cui i creditori sono oggettivamente in grado di venire a conoscenza dell’insufficienza del patrimonio sociale per l’inidoneità dell’attivo – raffrontato alle passività – a soddisfare i loro crediti.
Tale momento coincide, in via di presunzione semplice fondata sull’id quod plerumque accidit, con la dichiarazione di fallimento, mediante lo spossessamento del debitore e la presa in consegna delle attività da parte dell’organo della procedura, anche se tale presunzione non esclude come, in concreto, il deficit si sia manifestato in un momento anteriore, gravando tuttavia il relativo onere probatorio su chi allega la circostanza e fonda su di essa un più favorevole inizio del decorso della prescrizione.