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Attualità
NPL

Riflessioni a margine delle Linee guida per le banche less significant sulla gestione degli NPL

1 Febbraio 2018

Margherita Gagliardi

Di cosa si parla in questo articolo
NPL

Premessa

La pubblicazione, da parte della Banca d’Italia, del documento “Linee guida per le banche less significant italiane in materia di gestione di crediti deteriorati” esplicita e consolida l’orientamento della Vigilanza verso una gestione attiva degli NPL. Significativa, al riguardo, è la richiesta di affrontare il problema del deterioramento del credito attraverso strategie, piani operativi ed azioni concrete. Ciò, ovviamente, in linea con le indicazioni fornite nel 2017 dalla Banca Centrale Europea (“Guidance to banks on non performing loans”) e dal Financial Stability Board (“Resolution of non performing loans – policy options”).

Best practices promosse dalla Banca d’Italia

Una prima notazione riguarda la scelta dello strumento delle “linee guida” da parte dell’Autorità italiana, certa che i destinatari siano pronti a conformarsi ai desiderata dell’organo di vigilanza al fine di intraprendere un percorso di miglioramento della qualità degli attivi che non possa prestarsi a critiche. Ad avvalorare tale scelta v’è l’incertezza sugli esiti delle strategie, che nel passato – restando ancorate alle metodologie delle cartolarizzazioni e delle cessioni – non sempre hanno registrato la conservazione del valore degli attivi all’interno della banca.

In tale contesto, sono chiare le preferenze della Banca d’Italia in ordine ai principali aspetti che dovranno essere presi in considerazione ai fini della corretta gestione del credito deteriorato da parte degli enti creditizi. Altrettanto evidenti sono le aspettative della Vigilanza con particolare riferimento alle strategie di gestione degli NPL, alla governance e all’assetto operativo di gestione degli NPL, al monitoraggio e al controllo dei rischi derivanti dagli NPL. Da qui, l’obiettivo – sotteso al documento – di evitare che le banche accettino operazioni che, per costi e prezzi, incidano negativamente sull’economia e sul patrimonio della banca.[1]

Si è in presenza, dunque, di un documento che, in quanto presenta “carattere non vincolante”, detta regole che “non sostituiscono in alcun modo il vigente quadro regolamentare di riferimento”. Pertanto, gli inviti formulati alle (piccole)banche italiane (e in, particolar modo, a quelle connotate da una elevata incidenza degli NPL) vanno intese come un sollecito a “valutare la sostanziale rispondenza del proprio assetto rispetto alle indicazioni fornite e, ove necessario, ad adottare le opportune misure”, tenendo conto del principio di proporzionalità e, più in generale, della sana e prudente gestione dell’intermediario.

Da qui, un apprezzamento di una“strategia formalizzata volta ad ottimizzare la gestione degli NPL massimizzando il valore attuale dei recuperi”, definita sulla base delle capacità aziendali, del contesto esterno e delle caratteristiche dei portafogli. Tale strategia dovrà essere alla base di piani operativi ed azioni concrete volte a raggiungere un’efficace riduzione degli NPL nel medio-lungo termine. Utile ricordare che, in letteratura, è stato evidenziato che tra le soluzioni applicate sinora solo quelle più evolute hanno consentito alle banche di migliorare la qualità degli attivi mediante una cessionepro soluto dei crediti non performing a fondi comuni di investimento, gestiti nella Sgr specializzate nel recupero delle esposizioni critiche.[2]

Pertanto, è utile evidenziare le indicazioni della Banca d’Italia in ordine alle caratteristiche della predetta strategia, la quale dovrebbe:

  1. “essere integrata a tutti gli effetti nei processi strategici e gestionali aziendali” (quali piano industriale, budget, RAF, ICAAP, piani di risanamento e politiche di remunerazione e di incentivazione dell’intermediario);
  2. basarsi su “l’analisi delle proprie capacità gestionali, del contesto esterno, delle caratteristiche dei portafogli deteriorati, individuando la combinazione ottimale tra le diverse azioni possibili per il recupero: gestione interna o affidamento a intermediari specializzati nel recupero crediti; ristrutturazione e rilascio di concessioni (forbearance); acquisizione di garanzie; procedure legali o stragiudiziali; cessioni e cartolarizzazioni con derecognition contabile e prudenziale delle attività cedute”;
  3. essere supportata “da solide analisi quantitative, che evidenzino i vantaggi e gli svantaggi tra le possibili alternative di gestione”;
  4. risultare nella predisposizione di “piani operativi di gestione degli NPL di breve (indicativamente 1 anno) e medio-lungo (indicativamente 3/5 anni) periodo, che definiscano gli obiettivi di chiusura delle posizioni […] e le azioni da intraprendere […] per il raggiungimento degli stessi”.
  5. prevedere “obiettivi di riduzione significativa degli NPL, realistici nella loro quantificazione e sostenuti da coerenti programmi realizzativi”;
  6. ancorarsi a un solido sistema di monitoraggio e gestione dei rischi a cui l’intermediario può risultare esposto, costruito sulla base di apposite procedure interne, sulla previsione di presidi specifici e di opportuni accorgimenti organizzativi per la classificazione, valutazione e gestione delle posizioni deteriorate e mediante il continuo coinvolgimento delle funzioni di controllo di II° e III° livello dell’intermediario.

Risulta centrale, quindi, il ruolo dell’organo con funzione di supervisione strategica nell’attuazione di siffatte misure, cui consegue il pieno coinvolgimento e la piena consapevolezza degli amministratori nella definizione e nel monitoraggio della strategia di gestione degli NPL. Ciò, anche in ragione dello specifico impegno richiesto ai predetti soggetti dal quadro normativo dopo il recepimento della CRD IV e del CRR.

Viene, dunque, in considerazione il richiamo effettuato al principio di proporzionalità, che non dovrebbe sminuire l’impegno richiesto ai gruppi bancari e alle banche stand alone less significant sottoposti alla vigilanza diretta della Banca d’Italia. Non sorprende, quindi, l’esplicita indicazione in ordine all’opportunità di un coinvolgimento di ulteriori soggetti, in quanto le linee guida si estendono anche “agli intermediari finanziari ex art. 106 del TUB”. Ed invero, va evidenziato che “la Vigilanza si attende comunque che tali intermediari siano dotati di processi avanzati per la gestione degli NPL coerenti con i principi alla base delle Linee Guida”. Pertanto, appare utile un ulteriore intervento, dell’Autorità, al fine di chiarire quali siano i “processi avanzati” che danno contenuto all’ipotesi di una loro implementazione da parte dei soggetti di ridotta dimensione organizzativa e operativa (i quali sono “esonerati” dall’utilizzo di tecniche di misurazione dei rischi particolarmente evolute, v. Circ. n. 285, parte I, Titolo III).

In conclusione, appare chiara la call to action rivolta alle banche, le quale vengono sollecitate all’attivazione di procedure in grado di rispondere alle pressioni del mercato. Sicché, le variegate soluzioni offerte dal mercato dovranno esser comparate al fine di individuare quella che consenta alla banca di conservare il valore dei propri attivi e, quindi, di evitare perdite patrimoniali in grado di incidere sui presidi prudenziali che supportano l’operatività. Diversamente, l’obiettivo del miglioramento della qualità degli attivi potrebbe condurre ad una contrazione dell’operatività tale da compromettere gli equilibri che assicurano il funzionamento della banca.



[1] Cfr. Comana, Spunti sulla proposta di linee guida sugli NPL, in www.dirittobancario.it, ottobre 2017.

[2] Cfr. Lemma, Messa in sicurezza del mercato bancario: problematica dei crediti deteriorati e resilienza degli intermediari,in RTDE, supp. 3/2017, p. 145 ss.

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