Il presente contributo analizza l’applicazione della Riforma Cartabia del processo civile soffermandosi sulle prassi del Distretto di Milano, sulla sentenza n. 96 del 3 giugno 2024 della Corte costituzionale e sulle novità del Decreto correttivo D.Lgs. 31 ottobre 2024, n. 164.
1. Il quadro di riferimento della Riforma Cartabia
I. Premessa: la Riforma Cartabia, le questioni interpretative e applicative e le principali novità del decreto correttivo.
1. La Riforma Cartabia (D.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, entrato in vigore il 18 ottobre 2022 e applicabile ai procedimenti civili instaurati dopo il 28 febbraio 2023) ha introdotto mutamenti rilevanti nella struttura del processo civile.
La giurisprudenza si è trovata fin da subito al centro dell’attenzione, con prassi che hanno iniziato a riflettere l’applicazione, in concreto, delle nuove regole processuali.
In questo contesto applicativo non sono mancate difficoltà interpretative e questioni attinenti, in particolare, alla tutela del contraddittorio e del diritto di difesa.
Tanto che il 6 marzo 2024 il Consiglio dei Ministri ha presentato alle Camere uno schema di decreto correttivo; schema che, a seguito di un lungo iter parlamentare, è confluito da ultimo nel D.lgs. 31 ottobre 2024, n. 164 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale l’11 novembre 2024, entrato in vigore il 26 novembre 2024 e applicabile, in linea generale, ai procedimenti introdotti successivamente al 28 febbraio 2023) (il “Decreto correttivo”).
2. Le principali novità apportate dal Decreto correttivo al rito ordinario di cognizione, al rito semplificato e all’appello possono essere così sintetizzate:
a) viene ristretta la possibilità di deposito di note scritte in sostituzione dell’udienza ai sensi dell’art. 127-terp.c.: infatti non si può procedere con la trattazione scritta quando la presenza personale delle parti è prescritta dalla legge o disposta dal giudice e, in ogni caso, quando una delle parti si opponga;
b) viene riformulato l’art. 171-bisp.c. (su cui torneremo tra breve): in particolare, viene introdotto un ulteriore momento processuale di verifica preliminare da parte del giudice[1];
c) viene modificata la disciplina del rito semplificato di cognizione: in particolare, è stato abrogato l’art. 183-bisp.c. e, ai sensi del nuovo testo dell’art. 171-bis c.p.c.[2], la possibile conversione del rito è anticipata alla fase delle verifiche preliminari (prima del Decreto correttivo tale verifica doveva essere fatta alla prima udienza); nelle cause con cognizione del giudice in forma monocratica, il ricorso si può proporre anche senza che sussistano i requisiti di cui all’art. 281-decies, comma 1, c.p.c.; viene estesa l’applicazione del rito semplificato ai procedimenti ex artt. 615, 617 e 645 c.p.c.; all’art. 281-undecies c.p.c. viene dettagliato il contenuto degli avvertimenti da inserire nel ricorso (prima vi era un semplice rinvio all’art. 163, comma 3, n. 7, c.p.c.); viene eliminato il requisito del “giustificato motivo” per la concessione dei termini per il deposito delle memorie previste dall’art. 281-duodecies c.p.c., essendo sufficienti la richiesta di una parte e che l’esigenza sorga dalle difese dell’altra parte;
d) viene riformulato l’art. 342 c.p.c., del quale però rimane invariato il contenuto sostanziale.
3. In questo quadro, anche alla luce dell’emanazione del Decreto correttivo, è utile passare in rassegna alcune delle principali questioni che sono emerse nell’applicazione della Riforma Cartabia, e le soluzioni date dal Tribunale e dalla Corte d’Appello di Milano.
Prima peraltro è importante ricordare che, nelle more dell’iter che ha portato al Decreto correttivo, la Corte costituzionale era intervenuta su una delle disposizioni ora maggiormente interessate dal nuovo intervento normativo, ossia l’art. 171-bis c.p.c., in tema di verifiche preliminari da parte del giudice.
Infatti, con sentenza n. 96 del 3 giugno 2024, la Corte ha dato un’importante interpretazione (costituzionalmente orientata) della disposizione sotto il profilo del rispetto del contraddittorio in tema di verifiche preliminari da parte del giudice.
Per un corretto inquadramento dello “stato dell’arte” della Riforma Cartabia conviene, quindi, partire proprio da qui.
II. L’art. 171-bis c.p.c.: la sentenza n. 96 del 3 giugno 2024 della Corte costituzionale e le modifiche apportate alla norma dal Decreto correttivo della Riforma Cartabia.
1. La questione di legittimità era stata sollevata dal Tribunale di Verona e, per quanto qui interessa, riguardava, come si diceva, l’art. 171-bis c.p.c.[3] nella parte in cui prevedeva che il giudice, dopo la scadenza del termine per la costituzione del convenuto (e prima dell’udienza), dovesse (e debba ancora) compiere una serie di verifiche preliminari; verifiche funzionali a un efficiente svolgimento della prima udienza di comparizione.
In particolare, il Tribunale di Verona aveva censurato la disposizione nella parte in cui essa prevedeva che il giudice potesse emettere tali provvedimenti (con decreto) in assenza del contraddittorio tra le parti.
La Corte costituzionale, dando un’interpretazione orientata dell’art. 171-bis c.p.c., ha precisato, in sintesi, quanto segue:
a) il principio del contraddittorio è un connotato intrinseco del processo, nel quale deve essere assicurato il diritto di difesa spettante a tutti i cittadini;
b) l’art. 171-bisp.c. è volto proprio ad assicurare tale diritto; infatti esso prevede che il giudice debba indicare alle parti le questioni rilevabili d’ufficio delle quali ritiene opportuna la trattazione;
c) peraltro, la disposizione – nella parte contemplante il potere del giudice di adottare, su tali questioni, provvedimenti in via anticipata rispetto all’udienza di prima comparizione – va interpretata, appunto, in senso costituzionalmente orientato;
d) ne segue che, anche in virtù del potere di coordinamento del processo da parte del giudice (art. 175 c.p.c.): (i) da un lato, quest’ultimo, in occasione delle verifiche preliminari, può apprezzare egli stesso la necessità, in concreto, che le parti interloquiscano, e può quindi fissare un’udienza apposita a tal fine; (ii) dall’altro lato, le parti possono sollecitare il giudice affinché questi, esercitando il suo potere direttivo, fissi un’udienza per discutere di questioni oggetto del decreto emanato;
e) in entrambi i casi, la fissazione di un’udienza apposita soddisfa la necessità della piena realizzazione del contraddittorio;
f) tuttavia, non si può ritenere che il giudice abbia un dovere in tal senso; ne segue che, in caso di mancata fissazione dell’udienza, i provvedimenti emessi ai sensi della disposizione saranno sempre revocabili e/o modificabili all’udienza di merito.
2. Il Decreto correttivo sembra aver tenuto conto solo in parte dei principi espressi dalla Corte costituzionale, così come dell’esigenze difensive rappresentate dalla dottrina e dall’avvocatura.
In particolare, con il nuovo testo dell’art. 171-bis c.p.c. (che si riporta in nota[4]), si prevede, tra l’altro, quanto segue:
a) quando il giudice pronuncia i provvedimenti di cui al secondo comma, necessari per una corretta instaurazione del contraddittorio (ad esempio, integrazione del contraddittorio in caso di litisconsorzio necessario, dichiarazione di nullità della citazione e assegnazione dei termini previsti dall’art. 164 c.p.c., regolarizzazione della procura, ecc.): (i) fissa una nuova udienza per la comparizione delle parti e (ii) almeno cinquantacinque giorni prima, procede nuovamente alle verifiche preliminari;
b) solo quando non occorre pronunciare i provvedimenti di cui al secondo comma (v. precedente lettera b), il giudice sottopone alle parti le questioni rilevabili d’ufficio di cui ritiene necessaria la trattazione;
c) se ritiene che sussistano i presupposti, il giudice dispone già in questa sede la prosecuzione del giudizio con le forme del rito semplificato (art. 281-decies e ss. c.p.c.) (come si è detto, nel precedente assetto, era previsto, invece, che la conversione avvenisse alla prima udienza).
Fatto questo inquadramento generale, passiamo, come si è anticipato, a una sintetica rassegna delle principali prassi applicative del Tribunale e della Corte d’Appello di Milano; prassi applicative che, salve le precisazioni che faremo, paiono mantenere la loro attualità anche alla luce del Decreto correttivo.
2. Le prassi applicative in primo grado (giudizio di cognizione ordinario e rito semplificato) nella Riforma Cartabia
I. Quali sono i principali contenuti del decreto ex art 171-bis c.p.c che sono rilevati nella prassi del Tribunale di Milano?
Le questioni più diffusamente rilevate dai giudici in sede di decreto ex art. 171-bis c.p.c. sono le seguenti:
a) incompetenza (cfr. Trib. Milano, sez. III, ordinanza 22 aprile 2024, in giustizia.it, che richiama precedente decreto ex art. 171-bis c.p.c. con il quale il Tribunale aveva sottoposto la questione dell’incompetenza alle parti);
b) necessità o opportunità di riunione di procedimenti (cfr. Trib. Milano, sez. Specializzata in materia di Imprese “B”, decreto 1° giugno 2023, inedita, con cui il Tribunale ha invitato le parti a trattare, nelle memorie ex 171-ter c.p.c., una questione relativa ai rapporti tra riunione di due procedimenti, di cui uno instaurato prima dell’entrata in vigore della Riforma Cartabia e l’altro nella vigenza di quest’ultima);
c) invito alle parti a verificare la possibilità di una conciliazione (cfr.: (i) Trib. Milano, sez. XIII, decreto 19 gennaio 2024, in giustizia.it, con cui il Tribunale ha invitato le parti, “nelle more del giudizio, a volere fattivamente e seriamente tentare di percorrere possibili ipotesi di soluzioni concordate e conciliative-transattive della presente vertenza e ciò anche al fine di contenere i tempi (invero poco prevedibili), i possibili eventuali anche ingenti costi legali e/o endo-procedimentali del giudizio, oltre che l’inevitabile alea quale imprescindibile elemento proprio di ogni vertenza”; (ii) Trib. Milano, sez. IV, decreto 22 gennaio 2024, in bdp.giustizia.it, con cui il Tribunale ha invitato “le parti a dare tempestiva comunicazione al giudice dell’eventuale definizione transattiva della causa ovvero della pendenza di trattative che comportano istanze di rinvio, scrivendo” all’indirizzo e-mail ivi indicato “al fine di una migliore organizzazione dell’agenda del magistrato”);
d) modalità di formulazione dei capitoli di prova e di deposito dei documenti in funzione del “rispetto dell’obbligo legale di chiarezza e sinteticità degli atti, ai sensi dell’art. 121 c.p.c. e del d.m. n. 110/2023” (cfr. Trib. Milano, sez. VI, decreto 26 marzo 2024, in giustizia.it).
II. Termine per il deposito di note scritte in sostituzione di udienza ex art. 127-ter c.p.c.: è perentorio?
Con diverse pronunce il Tribunale di Milano ha confermato che tale termine è perentorio (Trib. Milano, sez. III, sentenza n. 5809, 10 luglio 2023, nonché Trib. Milano, sez. VII, sentenza n. 7452, 29 luglio 2024, entrambe in bdp.giustizia.it). Anche la Corte d’Appello di Milano si è espressa nel medesimo senso (cfr. App. Milano, sez. II, sentenza n. 2189, 24 luglio 2024, in bdp.giustizia.it).
III. Mediazione a seguito della Riforma Cartabia: che cosa si intende per “partecipazione personale” delle parti?
La Corte d’Appello di Milano ha ritenuto che la partecipazione dell’avvocato con procura sostanziale della parte, anche in mancanza di autentica di notaio, sia sufficiente a far ritenere integrato il requisito della partecipazione personale delle parti al procedimento di mediazione richiesto dall’art. 8, comma 4, del D.Lgs. n. 28/2010, nel testo come modificato dalla Riforma Cartabia (App. Milano, sez. I, sentenza n. 2022, 5 luglio 2024, in bdp.giustizia.it).
Sempre in merito alla partecipazione personale delle parti al procedimento di mediazione richiesta dall’art. 8, comma 4, del D.Lgs. n. 28/2010 (nel testo come modificato dalla Riforma Cartabia) si è espresso anche il Tribunale di Milano; esso ha, in particolare, evidenziato la necessità a tal fine di una procura all’avvocato “avente lo specifico oggetto della partecipazione alla mediazione e il conferimento del potere di disporre dei diritti sostanziali che ne sono oggetto” (Trib. Milano, sez. VI, sentenza n. 7643, 9 agosto 2024, in bdp.giustizia.it).
IV. Mediazione obbligatoria e mancato esperimento: possibile rilievo, da parte del giudice, nel decreto ex art. 171-bis c.p.c.?
Come si è visto, nella giurisprudenza milanese si è ritenuto che il mancato esperimento della mediazione possa essere oggetto del decreto ex art. 171-bis c.p.c.
Ad esempio, il Tribunale di Milano, con decreto ex art. 171-bis c.p.c., nel rilevare che non era stata esperita la mediazione obbligatoria, ha differito la prima udienza, specificando che dalla stessa sarebbero decorsi “i termini indicati nell’art. 171 ter c.p.c.” e che “all’udienza si verificherà l’espletamento della mediazione obbligatoria” (Trib. Milano, sez. VI, decreto 21 dicembre 2023, in bdp.giustizia.it.). Peraltro, in altri casi, il rilievo del mancato esperimento della mediazione obbligatoria è stato fatto alla prima udienza, e non con il provvedimento ex art. 171-bis c.p.c.: si veda, per esempio, Trib. Milano, sez. VI, sentenza n. 7982, 12 settembre 2024, in bdp.giustizia.it.
V. Rito semplificato: è ammissibile la produzione di un documento dopo la scadenza dei termini ex art. 281-duodecies, comma 4, c.p.c.?
Il Tribunale di Milano ha dato risposta negativa alla luce della formulazione letterale dell’art. 281-undecies, comma 1, c.p.c. (Trib. Milano, sez. VI, sentenza n. 3980, 11 aprile 2024, in bdp.giustizia.it)[5].
VI. Rito semplificato: fino a quando è possibile svolgere nuove allegazioni?
Il Tribunale di Milano ha ritenuto al riguardo che nel rito semplificato sia irrituale l’allegazione di nuove circostanze oltre la prima udienza (Trib. Milano, sez. VII, sentenza n. 4938, 10 maggio 2024, in bdp.giustizia.it)[6].
VII. Rito semplificato: la nozione di “giustificato motivo”
Il Tribunale di Milano, nell’ambito del rapporto di collaborazione con il Foro di Milano, nel marzo 2023 aveva ritenuto di rendere pubblico il verbale di una propria seduta in tema di rito semplificato; seduta nella quale la Sezione aveva condiviso il principio che “l’effettiva tutela del contraddittorio, di cui al novellato art. 101 c.p.c., appare garantita dall’interpretazione estensiva del ‘giustificato motivo’ di cui all’art. 281 duodecies, IV comma, c.p.c., rendendo così ancora più effettivo il diritto di difesa delle parti anche nel procedimento semplificato di cognizione” (Trib. Milano, sez. X, verbale 16 marzo 2023).
Va peraltro ricordato che, come si è visto, il Decreto correttivo ha ormai eliminato la necessità del “giustificato motivo”.
Infatti esso prevede che all’art. 281-duodecies, comma 4, c.p.c. le parole se “richiesto e sussiste giustificato motivo, il giudice può concedere” siano sostituite da “quando l’esigenza sorge dalle difese della controparte, il giudice, se richiesto, concede”.
3. Il giudizio di appello nella Riforma Cartabia
I. Motivi di appello: analogie rispetto al regime ante Riforma Cartabia.
La Corte d’Appello di Milano ha confermato, anche post Riforma Cartabia, l’orientamento per cui, al fine dell’integrazione del requisito di specificità dei motivi di appello ex art. 342 c.p.c., occorre “una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze che li confutino, con prospettazione al contempo della diversa soluzione pretesa con l’impugnazione, e senza che possa richiedersi la redazione effettiva di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado” (App. Milano, sez. III, sentenza n. 956, 28 marzo 2024, in bdp.giustizia.it [7]. In senso analogo si vedano anche App. Milano, sez. I, sentenza n. 1635, 5 giugno 2024; App. Milano, sez. I, sentenza n. 2078, 12 luglio 2024; entrambe in bdp.giustizia.it).
II. Appello caotico e disordinato e lesivo del principio di chiarezza: è inammissibile?
La Corte d’Appello di Milano ha ritenuto che l’atto di appello fosse ammissibile in un caso nel quale, “pur mediante una tecnica espositiva che non si contraddistingue per particolare chiarezza, incisività e sintesi”, lo stesso “consenti(va) comunque di individuare i capi di sentenza contestati e le ragioni, fattuali e giuridiche, delle critiche mosse alla sentenza impugnata” (App. Milano, sez. Lavoro, sentenza n. 700, 4 settembre 2024, in bdp.giustizia.it).
III. Occorre ancora riprodurre integralmente le parti del provvedimento impugnato?
La Corte d’Appello di Milano si è espressa già diverse volte sul tema rilevando che post Riforma Cartabia non è più necessario riprodurre integralmente le parti del provvedimento censurate (secondo quanto la giurisprudenza richiedeva nel vigore della precedente formulazione degli artt. 342 e 434 c.p.c.) (App. Milano, sez. Lavoro, sentenza n. 733, 26 agosto 2024; App. Milano, sez. Lavoro, sentenza n. 560, 30 maggio 2024[8]; entrambe in bdp.giustizia.it).
IV. Estinzione del procedimento per mancata comparizione delle parti: ordinanza o sentenza?
La Corte d’Appello di Milano ha, in più occasioni, applicato anche post Riforma Cartabia il principio secondo il quale il provvedimento di estinzione del procedimento per mancata comparizione delle parti va reso in forma di sentenza, e non di ordinanza (App. Milano, sez. III, sentenza n. 159, 18 gennaio 2024; App. Milano, sez. III, sentenza n. 254, 29 gennaio 2024; App. Milano, sez. I, sentenza n. 2610, 4 ottobre 2024[9]; App. Milano, sez. III, sentenza n. 3590, 21 dicembre 2023; tutte in bdp.giustizia.it).
V. Dichiarazione di improcedibilità ai sensi dell’art. 348, comma 3, c.p.c.: ordinanza o sentenza?
La Corte d’Appello di Milano ha ritenuto che la declaratoria di improcedibilità dell’appello debba rivestire la forma dell’ordinanza, tenuto conto della “disposta nomina del consigliere istruttore ai sensi dell’art. 349-bis c.p.c.” (App. Milano, sez. II, ordinanza 28 maggio 2024, in bdp.giustizia.it[10]..In senso analogo si vedano anche App. Milano, sez. I, ordinanza 11 marzo 2024; App. Milano, sez. I, ordinanza 6 giugno 2024, tutte in bdp.giustizia.it).
VI. Che cosa accade in caso di mancato deposito delle note scritte di precisazione delle conclusioni?
La Corte d’Appello di Milano ha affermato che deve applicarsi il principio vigente già ante Riforma Cartabia secondo il quale tale comportamento “può e deve, ad avviso della Corte, essere interpretato quale espressione della volontà della medesima parte appellante di insistere sulle domande ed eccezioni formulate nell’atto introduttivo del gravame” (App. Milano, Sezione I, sentenza n. 1286, 6 maggio 2024, in bdp.giustizia.it).
VII. Rito semplificato: nuove prove in appello?
La Corte d’Appello di Milano ha precisato, sia pur incidentalmente, che nel nuovo rito semplificato, mancando una disposizione come quella dell’art. 702-quater c.p.c., si applica il principio di cui all’art. 345 c.p.c., con conseguente inammissibilità di nuovi mezzi di prova in appello (App. Milano, sez. II, sentenza n. 662, 4 marzo 2024, in bdp.giustizia.it)[11].
VIII. Istanze istruttorie in appello: in che fase avviene la decisione?
L’art. 349-bis c.p.c. prevede che, davanti alla corte d’appello, la trattazione è, di regola, affidata a un consigliere istruttore, il quale, alla prima udienza, provvede anche “sulle eventuali istanze istruttorie” (cfr. art. 350 c.p.c.).
La prassi che la Corte d’Appello di Milano pare aver adottato è quella di fissare in ogni caso l’udienza di discussione ai sensi dell’art. 352 c.p.c. e rimettere la decisione anche sulle istanze istruttorie al collegio (si veda in tal senso App. Milano, sez. IV, sentenza n. 1107, 17 aprile 2024, in bdp.giustizia.it).
IX. Istanza di sospensione dell’esecutorietà della sentenza di primo grado: quali sono i presupposti a seguito della Riforma Cartabia?
La Corte d’Appello di Milano ha, in diverse occasioni, applicato il principio introdotto dalla Riforma Cartabia di cui al riformato art. 283 c.p.c.; tale disposizione, quanto ai requisiti per la sospensione della provvisoria esecutorietà della sentenza di primo grado, ha introdotto, in via alternativa, quello della manifesta fondatezza dell’impugnazione ovvero quello della sussistenza di un pregiudizio grave e irreparabile dall’esecuzione della sentenza (App. Milano, sez. feriale, ordinanza 16 agosto 2024[12]; App. Milano, sez. IV, ordinanza 28 dicembre 2023; entrambe in bdp.giustizia.it).
4. Conclusioni sull’applicazione della Riforma Cartabia
In conclusione, in questa prima fase di applicazione della Riforma Cartabia sono emerse rilevanti questioni interpretative, tanto che, a poco più di un anno dall’entrata in vigore, la Corte costituzionale ha già avuto occasione di pronunciarsi su un tema essenziale del processo civile, quale è quello della tutela del contraddittorio e del diritto di difesa.
Tema questo avvertito anche nelle prassi finora registrate, come dimostra anche la pubblicazione del verbale della Sezione X del Tribunale di Milano in tema di giustificato motivo nel rito semplificato (ancorché superato dalla modifica apportata dal Decreto correttivo).
Il Decreto correttivo sembra aver risolto solo in parte le questioni che si sono poste.
Se, infatti, ad esempio, in tema di rito semplificato, la tutela del contraddittorio e del diritto di difesa è stata rafforzata con l’eliminazione del presupposto del “giustificato motivo” per la concessione dei termini per il deposito delle memorie integrative (e la riduzione della discrezionalità del giudice), nel rito ordinario l’intervento sull’art. 171-bis c.p.c. appare meno risolutivo.
Infatti non sembra che il legislatore abbia tenuto conto pienamente delle indicazioni date dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 96 del 2024; indicazioni che avrebbero potuto essere recepite esplicitando, a livello normativo, il potere del giudice di fissare, e delle parti di chiedere, un’udienza ad hoc per discutere dei provvedimenti previsti dalla norma tutte le volte in essi possano incidere sul principio del contraddittorio e sul diritto di difesa delle parti.
Ciò nonostante, si deve peraltro ritenere che tali indicazioni della Corte costituzionale restino valide, ed espressione di un’interpretazione costituzionalmente orientata, anche nel vigore del Decreto correttivo; con la conseguenza che tale potere del giudice e facoltà delle parti in merito alla fissazione di un’udienza apposita non potranno ritenersi affatto preclusi dalla nuova disciplina dell’art. 171-bis c.p.c.; al contrario tali indicazioni continueranno a rappresentare il criterio interpretativo anche della nuova disposizione quale regola generale espressione del diritto di difesa previsto dalla Costituzione.
[1] “(…) Quando occorre, il giudice pronuncia i provvedimenti previsti dagli articoli 102, secondo comma, 107, 164, secondo, terzo, quinto e sesto comma, 167, secondo comma, 182, 269, secondo comma, 271, 291, primo comma, e 292, primo comma, e fissa nuova udienza per la comparizione delle parti. Almeno cinquantacinque giorni prima della nuova udienza di comparizione delle parti, il giudice procede nuovamente alle verifiche preliminari”.
[2] “(…) se ritiene che in relazione a tutte le domande proposte ricorrono i presupposti di cui al primo comma dell’articolo 281-decies, il giudice dispone la prosecuzione del processo nelle forme del rito semplificato di cognizione e fissa l’udienza di cui all’articolo 281-duodecies nonché il termine perentorio entro il quale le parti possono integrare gli atti introduttivi mediante deposito di memorie e documenti ex art. 171-bis c.p.c.”.
[3] Riportiamo qui per comodità di lettura il testo della disposizione nel testo vigente prima del Decreto correttivo:
“1.Scaduto il termine di cui all’articolo 166, il giudice istruttore, entro i successivi quindici giorni, verificata d’ufficio la regolarità del contraddittorio, pronuncia, quando occorre, i provvedimenti previsti dagli articoli 102, secondo comma, 107, 164, secondo, terzo, quinto e sesto comma, 167, secondo e terzo comma, 171, terzo comma, 182, 269, secondo comma, 291 e 292, e indica alle parti le questioni rilevabili d’ufficio di cui ritiene opportuna la trattazione, anche con riguardo alle condizioni di procedibilità della domanda e alla sussistenza dei presupposti per procedere con rito semplificato. Tali questioni sono trattate dalle parti nelle memorie integrative di cui all’articolo 171-ter.
2.Quando pronuncia i provvedimenti di cui al primo comma, il giudice, se necessario, fissa la nuova udienza per la comparizione delle parti, rispetto alla quale decorrono i termini indicati dall’articolo 171-ter.
3.Se non provvede ai sensi del secondo comma, conferma o differisce, fino ad un massimo di quarantacinque giorni, la data della prima udienza rispetto alla quale decorrono i termini indicati dall’articolo 171-ter”.
[4] Nuovo testo 171-bis c.p.c.:
“Scaduto il termine di cui all’articolo 166, entro i successivi quindici giorni il giudice istruttore verifica d’ufficio la regolarità del contraddittorio.
Quando occorre, il giudice pronuncia i provvedimenti previsti dagli articoli 102, secondo comma, 107, 164, secondo, terzo, quinto e sesto comma, 167, secondo comma, 182, 269, secondo comma, 271, 291, primo comma, e 292, primo comma, e fissa nuova udienza per la comparizione delle parti. Almeno cinquantacinque giorni prima della nuova udienza di comparizione delle parti, il giudice procede nuovamente alle verifiche preliminari.
Quando non occorre pronunciare i provvedimenti previsti dal secondo comma, il giudice conferma o differisce, fino a un massimo di quarantacinque giorni, la data dell’udienza di comparizione delle parti e indica le questioni rilevabili d’ufficio di cui ritiene opportuna la trattazione nelle memorie integrative di cui all’articolo 171-ter, anche con riguardo alle condizioni di procedibilità della domanda.
Se ritiene che in relazione a tutte le domande proposte ricorrono i presupposti di cui al primo comma dell’articolo 281-decies, il giudice dispone la prosecuzione del processo nelle forme del rito semplificato di cognizione e fissa l’udienza di cui all’articolo 281-duodecies nonché il termine perentorio entro il quale le parti possono integrare gli atti introduttivi mediante deposito di memorie e documenti.
Il giudice istruttore provvede con decreto, che è comunicato alle parti costituite a cura della cancelleria. I termini di cui all’articolo 171-ter iniziano a decorrere quando è pronunciato il decreto previsto dal terzo comma e si computano rispetto all’udienza fissata nell’atto di citazione o a quella fissata dal giudice istruttore a norma del presente articolo”.
[5] “L’art. 281-undecies comma primo c.p.c. prevede che: ‘la domanda si propone con ricorso, sottoscritto a norma dell’articolo 125, che deve contenere le indicazioni di cui ai numeri 1), 2), 3), 3-bis), 4), 5), 6) e l’avvertimento di cui al numero 7) del terzo comma dell’articolo 163’. Il ricorso deve contenere ‘l’indicazione specifica dei mezzi di prova dei quali l’attore intende valersi e in particolare dei documenti che offre in comunicazione’ ex art. 163 comma 3 n. 5. Non può pertanto condividersi quanto affermato all’udienza del 4.4.24 dal procuratore di parte ricorrente secondo cui il rito semplificato consentirebbe una produzione integrativa anche a seguito della scadenza dei termini ex art. 281 duodecies comma 4 c.p.c.”.
[6] “Nel caso di specie si verte in ipotesi di rito semplificato (artt. 281 decies cpc ss.). Ciò nonostante, parte ricorrente ha irritualmente allegato ulteriori circostanze in fatto e articolato capitoli di prova ben oltre la prima udienza, bensì in sede di note sostitutive dell’ulteriore e successiva udienza fissata per la sola acquisizione del fascicolo dell’ATP. Né è stato richiesto il termine di cui al comma quarto dell’art. 281 duodecies cpc”.
[7] “Quanto all’eccezione d’inammissibilità dell’appello sollevata in via preliminare per dedotta totale carenza di motivi specifici di impugnazione e conseguente violazione dell’art. 342 c.p.c., si richiama l’ormai consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità (Cass. SS.UU. n. 27199 del 16.11.2017, non superato anche in seguito all’entrata in vigore del D.lgs. 10 ottobre 2022 n.149, c.d. ‘Riforma Cartabia’), secondo cui, pur nel contesto dei vincoli di specificità imposti dall’art. 342 (nonché dall’art. 434) c.p.c. (nell’attuale più restrittivo testo formulato dal DD.L. 22.6.2012 n.83 art.54, conv. con modif. in L.7 agosto 2012 n.134), la sostanza dell’atto debba comunque prevalere sulla forma, sicché, stante la permanente natura di revisio prioris instantiae del giudizio di appello e la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata, non sono necessarie particolari forme sacramentali, ma si deve superare il formalismo fine a sé stesso e verificare se nella sostanza l’atto integri la ratio della norma, essendo sufficiente che l’impugnazione contenga una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze che li confutino, con prospettazione al contempo della diversa soluzione pretesa con l’impugnazione, e senza che possa richiedersi la redazione effettiva di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado”.
[8] “Il novellato art. 434, I comma c.p.c. richiede che ciascun motivo di appello debba indicare, a pena di inammissibilità, in modo chiaro, sintetico e specifico il capo della decisione che viene impugnato, le censure proposte alla ricostruzione dei fatti compiuta dal giudice di primo grado, le violazioni di legge denunciate e la loro rilevanza ai fini della decisione impugnata. Ogni censura, quindi, deve essere espressamente orientata verso un determinato capo della decisione impugnata, non essendo più necessario, quindi, riprodurre integralmente ‘le parti del provvedimento’ censurate così com’era richiesto dalla previgente formulazione del requisito n. 1 dell’art. 342 c.p.c.”.
[9] “La pronuncia di estinzione de(ve) essere adottata con sentenza, trattandosi di provvedimento che definisce il giudizio decidendo una questione pregiudiziale attinente al processo ai sensi dell’art. 279 n. 2 c.p.c. (v. Cass. 12527/03)”.
[10] “– che l’appello deve essere dichiarato improcedibile a norma dell’art. 348, III comma, c.p.c., che nel giudizio di impugnazione costituisce norma speciale rispetto alla disciplina di cui agli artt. 309 e 181 c.p.c.; -che la presente declaratoria di improcedibilità dell’appello riveste la forma dell’ordinanza, in considerazione della disposta nomina del consigliere istruttore ai sensi dell’art. 349 bis c.p.c.”.
[11] “Il nuovo rito semplificato di cognizione ha introdotto termini preclusivi anche per dedurre i mezzi di prova, non replicando una norma di contenuto analogo a quello dell’art. 702 quater c.p.c. con conseguente applicazione al procedimento di appello nei confronti delle sentenze pronunciate all’esito del nuovo procedimento del regime ordinario in materia di produzioni probatorie previste dall’art. 345 c.p.c.”
[12] “Nella nuova formulazione introdotta dalla riforma del D.lgs. n. 149/2022, il giudice d’appello per concedere la sospensione della provvisoria esecuzione della sentenza di primo grado deve valutare il fumus boni iuris, da individuarsi nella manifesta fondatezza dell’impugnazione, ovvero la sussistenza di un periculum, quale ‘pregiudizio grave ed irreparabile’ che potrebbe derivare dall’esecuzione della sentenza”.