La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con sentenza del 22 febbraio 2024 (Pres. Rel. von Danwitz) pronunciata in sede di rinvio pregiudiziale, ha ritenuto irricevibile la domanda con la quale la Corte di Cassazione italiana chiedeva se il meccanismo di “way out” previsto dalla riforma delle banche di credito cooperativo (BCC) fosse compatibile con gli artt. 63, 101, 102, 120 e 173 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea.
In particolare la Corte di Cassazione chiedeva se gli articoli del Trattato ostino ad una disciplina nazionale che, come l’art. 2, commi 3‑ter e 3‑quater, del decreto‑legge n. 18/2016, condizioni al versamento di una somma pari al 20 per cento del patrimonio netto al 31 dicembre 2015 la possibilità per le banche di credito cooperativo aventi a tale data un patrimonio netto superiore a duecento milioni di euro, in luogo dell’adesione ad un gruppo, di conferire l’azienda bancaria ad una società per azioni, anche di nuova costituzione, autorizzata all’esercizio dell’attività bancaria.
Ciò, nell’ipotesi in cui l’operazione in questione venga posta in essere modificando lo statuto, in modo da escludere l’esercizio dell’attività bancaria e mantenere al contempo le clausole mutualistiche di cui all’art. 2514 c.c., assicurando ai soci servizi funzionali al mantenimento del rapporto con la società per azioni conferitaria, in particolare di formazione ed informazione sui temi del risparmio e di promozione dei programmi di assistenza.
Il procedimento principale vedeva una banca di credito cooperativo con patrimonio netto superiore ad euro 200 milioni alla data del 31 dicembre 2015, versare all’Erario italiano una somma corrispondente al 20% di detto patrimonio per esercitare l’opzione di “way‑out” prevista dal decreto‑legge n. 18/2016. Successivamente, la banca presentava un’istanza di rimborso della somma versata, deducendo che l’obbligo di versarla fosse contrario sia alla Costituzione italiana sia al diritto dell’Unione.
L’istanza di rimborso era stata respinta sia dalla Commissione tributaria provinciale competente sia da quella regionale e, avverso quest’ultimo rigetto, era stato proposto ricorso per Cassazione.
La Suprema Corte, quindi, proponeva domanda di legittimità costituzionale (ritenuta infondata con sentenza n. 149/2021 della Consulta) e domanda di pronuncia pregiudiziale ai giudici comunitari qui commentata, relativamente al summenzionato meccanismo di “way out” previsto per le BCC.
Per quanto riguarda la compatibilità delle disposizioni del decreto‑legge n. 18/2016 con l’art. 63 del Trattato, in materia di libera circolazione di capitali, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha ritenuto il ricorso irricevibile in quanto le indicazioni contenute nella domanda di pronuncia pregiudiziale mostravano che tutti gli elementi della controversia si collocavano all’interno di uno Stato membro.
Quanto agli artt. 101, 102, 120 e 173 del Trattato, secondo la Corte, il ricorso è irricevibile non avendo il giudice del rinvio chiarito le ragioni per le quali chiedeva l’interpretazione di tali disposizioni, né il collegamento tra queste disposizioni e la normativa nazionale.