Una Società contribuente, in qualità di cessionaria del credito IRES maturato dal fallimento di una S.n.c. e di tre dei quattro soci dichiarati falliti nel maxiperiodo fallimentare, ricorreva avverso il silenzio rifiuto del rimborso del sopramenzionato credito opposto dal competente Ufficio dell’Agenzia delle Entrate, ottenendo sentenza favorevole da parte della CTP competente.
Tuttavia, nel giudizio di appello le doglianze dell’Amministrazione finanziaria, che opponeva al creditore la presenza di debiti iscritti a ruolo nei confronti dei falliti per annualità diverse da quelle di causa, venivano accolte, ritenendo il collegio di seconde cure applicabile il disposto di cui all’art. 56, comma 2 della legge Fallimentare (R.D. 16 marzo 1942 n. 267), nel punto in cui è preclusa la compensazione in caso di acquisto di credito di terzi non scaduto, per atto tra vivi, dopo la dichiarazione di fallimento o nell’anno anteriore.
Giungeva invece a differenti conclusioni il Collegio di Legittimità adito che, con la pronuncia in commento, cassava la sentenza impugnata e rinviava la causa alla CTR competente in diversa composizione.
A parere del supremo consesso, il comma 2 dell’art. 56 non sarebbe applicabile al caso di specie, dal momento che il divieto di compensazione attiene esclusivamente all’acquisto di crediti di terzi e all’eccezione di compensazione opposta nei confronti del curatore.
La disposizione suddetta costituisce infatti un presidio al proliferare del fenomeno del “mercato dei crediti”, nell’ambito del quale un debitore del fallito, per non soggiacere alla richiesta di adempimento da parte del curatore, acquisti un credito vantato da terzi nei confronti del fallimento, a prezzo vile, al precipuo scopo di eccepire poi allo stesso curatore la compensazione con la propria posizione debitoria, compensazione ordinariamente riconosciuta del comma primo del menzionato articolo 56.
Il caso di specie attiene invece una situazione diametralmente contraria in virtù del fatto che l’eccezione viene opposta non dal creditore acquirente ma dal debitore-erario nei confronti del cessionario del credito del fallimento.
Il cessionario aveva infatti acquistato dal fallito, al fine di ottenerne il rimborso, un credito maturato nel corso della procedura, derivante da ritenute acconto su interessi attivi, e liquidato dopo la chiusura della procedura all’atto della dichiarazione finale.
La posizione della Società ricorrente era dunque quella di avente causa della massa dei creditori, e non quella di soggetto debitore del fallito che acquisti a sua volta crediti vantati nei confronti di quest’ultimo al fine di paralizzare l’attività del curatore.
Il principio espresso dalla sentenza in analisi sancisce che al cessionario di un credito IRES maturato da un fallimento in costanza di procedura concorsuale, che domandi il rimborso in luogo del cedente, non è applicabile il disposto contenuto al secondo comma dell’art. 56 della Legge Fallimentare, trattandosi di una norma riguardante unicamente il debitore della procedura che acquisti crediti vantati da terzi nei confronti del fallimento nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento o successivamente a questa. Al cessionario sono opponibili unicamente debiti sorti in epoca successiva alla dichiarazione di fallimento in conformità dell’articolo 56, comma primo.