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Giurisprudenza

Rimesse in conto corrente e prescrizione dell’azione di ripetizione

2 Aprile 2024

Edoardo Cecchinato, dottorando in Diritto dell’Economia presso l’Università degli Studi di Padova

Cassazione Civile, Sez. I, 6 febbraio 2024, n. 3310 – Pres. Valitutti, Rel. Campese

Di cosa si parla in questo articolo

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 3310 del 6 febbraio 2024 (Pres. Valitutti, Rel. Campese) è tornata sul tema della natura – solutoria o ripristinatoria – delle rimesse in conto corrente assistito da apertura di credito e, in particolare, sulla prescrizione dell’azione di ripetizione esercitata rispetto alle somme oggetto della rimesse in conto corrente.

La Suprema Corte, rifacendosi alla precedente ordinanza n. 31927 del 6 dicembre 2019 (Pres. De Chiara, Rel. Falabella), ha precisato che “la rimessa del correntista, che avrebbe natura solutoria in assenza di una apertura di credito, potrà assumere, in presenza di quest’ultima, natura ripristinatoria: ciò accadrà, precisamente, nei casi in cui tale rimessa ripiani l’esposizione maturata nel limite dell’affidamento, operando quindi su di un conto ‘passivo’, e non ‘scoperto’.

Il contratto di apertura di credito, secondo la Corte, “si mostra idoneo ad escludere che la prescrizione del diritto alla ripetizione della somma oggetto della rimessa decorra dal momento dell’attuato versamento: in base alla regola generale posta dall’art. 2697 c.c., dunque, sarà il correntista che intenda contrastare l’eccezione di prescrizione (avendo proprio riguardo al contestato suo decorso) ad essere onerato di provare l’esistenza del detto contratto”.

La controversia – rimessa dalla Corte di Cassazione alla Corte d’Appello – vedeva una società convenire la banca con la quale aveva intrattenuto un rapporto di conto corrente affidato e chiedere l’accertamento della nullità parziale dei contratti di apertura di credito e di conto corrente, in relazione alle clausole di pattuizione di interessi anatocistici e alla indeterminatezza dei tassi di interesse praticati dalla banca, del carattere indebito delle spese addebitate, tra cui la commissione di massimo scoperto, nonché dell’esistenza in conto corrente di addebiti non documentati.

Conseguentemente, l’attrice domandava, previa determinazione dell’esatto dare-avere tra le parti, la condanna della banca alla restituzione delle somme indebitamente addebitate e riscosse, oltre agli interessi.

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