Nell’ipotesi di perdite di capitale sociale cc.dd. qualificate, con una riduzione dello stesso al di sotto del minimo legale, la causa di scioglimento di cui all’art. 2484, comma 1, n. 4, cod. civ., è da intendersi attuale e concreta, con ingresso nella fase liquidatoria.
È tuttavia fatta salva la facoltà, prevista ai sensi dell’art. 2482-ter cod. civ., di ridurre il capitale sociale in proporzione alle perdite registrate e contestualmente di reintegrarlo fino al minimo legale in modo tale da rimuovere la causa di scioglimento.
La Cassazione, con l’ordinanza n. 2984/2022, le cui statuizioni sono da intendersi applicabile anche alle società per azioni, ribadisce il consolidato orientamento, in linea con la dottrina maggioritaria, secondo cui da una parte la società sarebbe da considerarsi sciolta al momento stesso della riduzione del capitale al di sotto del minimo legale e, dall’altra, gli adempimenti di cui all’articolo suindicato costituirebbero la condizione risolutiva di uno scioglimento già precedentemente verificatosi al momento del verificarsi della perdita “qualificata”.
Secondo la Corte, peraltro, non è condivisibile l’interpretazione restrittiva basata sul tenore letterale della norma di cui all’art. 2482-ter cod. civ., che impone all’amministratore di convocare «senza indugio» l’assemblea in caso di perdite “qualificate” che riducono il capitale al di sotto del minimo di legge.
Come già sancito da Cass. n. 8928 del 1994, infatti, la suddetta disposizione non preclude all’assemblea di deliberare in ogni tempo, e con efficacia sanante ex tunc, la ricostituzione del capitale eroso dalle perdite, anche ove non sussista un rapporto di immediatezza temporale con il verificarsi delle stesse, e quindi anche trascorso più di un esercizio. Non si ravvisa, infatti, nell’ordinamento un esplicito riferimento temporale oltre il quale è precluso all’assemblea la possibilità di adottare suddetti provvedimenti.
Tuttavia, non è possibile ignorare del tutto il dato letterale con il quale il legislatore, sollecitando l’organo amministrativo, richiede un intervento tempestivo. La disposizione, quindi, se da un lato non determina il sorgere di un termine di decadenza oltre il quale l’assemblea non può deliberare ai sensi dell’art. 2482-ter cod. civ, dall’altro comporta senz’altro una causa di responsabilità degli amministratori verso la società, potenzialmente pregiudicata da un ritardo nella convocazione assembleare.