Con la Sentenza in oggetto, la Corte di Cassazione si è espressa in merito al riporto delle perdite delle società partecipanti a fusione.
Il perimetro entro cui il legislatore ha inteso riconoscere il riporto delle perdite delle società partecipanti alla fusione presidia il meccanismo di tutela da fenomeni elusivi, di commercio di perdite fiscali, così evitando la fusione di “scatole vuote”, cariche solo di perdite da portare “in dote” all’incorporante, ma ormai svuotate di ogni concreta operatività, cd. “bare fiscali” utilizzabili al solo scopo di abbattere gli utili tassabili.
Dalla disciplina dettata nell’art. 172, comma 7, d.P.R. n. 917 del 1986, sottolinea la Cassazione, si evince che il riporto e la compensabilità delle perdite pregresse delle società incorporate, e più in generale di quelle fuse, è condizionato alla verifica che:
- nell’esercizio anteriore alla delibera di fusione risulti un ammontare di ricavi e proventi dell’attività caratteristica e un ammontare delle spese per prestazioni di lavoro dipendente e relativi contributi superiore al 40percento rispetto alla media dei due periodi di imposta immediatamente precedenti;
- le perdite realizzate dalle società partecipanti alla fusione siano inferiori, e comunque riportabili nel limite del patrimonio netto delle stesse, senza tener conto dei versamenti effettuati dai soci nei ventiquattro mesi precedenti la situazione patrimoniale di riferimento.
In tema di reddito imponibile di società partecipanti ad una operazione di fusione, la Cassazione evidenzia come, al fine della deducibilità delle perdite, ai sensi dell’art. 172, comma 7, del d.P.R. 22 dicembre 1986, il cd. patrimonio netto inferiore va individuato tra quello dell’ultimo bilancio di esercizio e quello risultante dalla situazione patrimoniale aggiornata, previa rettifica in diminuzione dei conferimenti e versamenti eventualmente eseguiti nel biennio precedente alla data cui detto patrimonio si riferisce.
Inoltre, continua la Cassazione, la disciplina contenuta nell’art. 172, comma 7, del d.P.R. n. 917 del 1986, posta a tutela dal rischio di operazioni finalizzate al raggiungimento di obiettivi esclusivamente o prevalentemente elusivi, costituisce una regola circolare, che, mediante l’identificazione di criteri legali presuntivi ma specificamente predeterminati, assicura all’operatore economico la conoscenza degli effetti della fusione sotto il profilo fiscale ed è in ogni caso disapplicabile, mediante il ricorso all’interpello previsto dall’art. 11 della L. n. 212 del 2000, qualora sia dimostrato che la società partecipante all’operazione, pur con perdite fiscali incompatibili con la deducibilità dal reddito della società risultante dalla fusione, non è una “scatola vuota.