Nella pronuncia in oggetto la Corte di Cassazione ha sostenuto il principio – già sviluppato in precedenza (Cass. Civ., Sez. III, 7 novembre 2003, n. 16724) – secondo cui la risoluzione del contratto per inadempimento non può essere inquadrata fra le cause negoziali di scioglimento del rapporto obbligatorio.
Nel caso di specie, muovendo da tale principio, la Suprema Corte ha ritenuto inapplicabile la norma di cui all’articolo 2558 c.c., in base alla quale “se non è pattuito diversamente, l’acquirente dell’azienda subentra nei contratti stipulati per l’esercizio dell’azienda stessa”, ai contratti (a prestazioni corrispettive) stipulati dall’affittuario dell’azienda precedentemente alla risoluzione per inadempimento del contratto d’affitto e ancora pendenti in tale data.
La successione nei rapporti contrattuali prevista dall’articolo 2558 c.c. trova applicazione, infatti, esclusivamente nei casi di volontaria retrocessione dei rapporti giuridici, nella misura in cui quest’ultima sia caratterizzata dall’autonomia negoziale delle parti (sussistente anche nei casi di apposizione di termini finali o di condizioni risolutive, ma non in quelli di risoluzione per inadempimento contrattuale).