La cauzione versata per l’ammissione alla procedura di concordato fallimentare, pur essendo funzionale al successo dell’operazione, non per questo si sottrae al rischio dell’insuccesso, che è anzi ontologicamente implicito nell’assunzione stessa della garanzia come evento speculare, ma ugualmente prevedibile, rispetto al successo del divisato programma. In altri termini, non è ipotizzabile il venir meno della garanzia proprio nel momento patologico della risoluzione – ex art. 137 L.F – dovuta all’inadempimento dell’imprenditore o del garante (Cass. SU 1482/1997).
Diversamente opinando, il concordato fallimentare, da strumento per assicurare una più rapida definizione della procedura concorsuale attraverso un parziale ma garantito soddisfacimento delle ragioni creditorie, finirebbe per trasformarsi in un espediente per prorogare artificiosamente il dissesto in danno degli incolpevoli creditori, sui quali, se privati della garanzia prestata per l’attuazione del concordato, verrebbe spostato il rischio relativo all’inadempimento e alla conseguente risoluzione del concordato medesimo.
Il versamento della cauzione, assicurando da un lato la serietà della proposta concordataria e aggiungendosi dall’altro alle garanzie prestate per l’adempimento delle condizioni offerte, trasferisce a carico del proponente il rischio della mancata attuazione, cui fa seguito in ogni caso l’incameramento della somma versata, e ciò tanto nel caso in cui la proposta sia stata formulata dal debitore quanto nel caso in cui sia stata formulata da un terzo assuntore, il quale non può considerarsi estraneo all’iniziativa, assumendo in proprio gli obblighi derivanti dall’omologazione del concordato.