Con la sentenza in esame la Corte di Cassazione ribadisce, in conformità al proprio consolidato indirizzo, che la complessa articolazione della struttura organizzativa di una società quotata non possa comportare l’esclusione o il semplice affievolimento del potere-dovere di controllo riconducibile a ciascuno dei componenti del collegio sindacale. Questi ultimi, in caso di accertate carenze delle procedure aziendali predisposte per la corretta gestione societaria, sono dunque sanzionabili a titolo di concorso omissivo “quoad functione”.
Nel caso di specie (relativo al perfezionamento di una serie di rilevanti operazioni con parti correlate poste in essere dalla società con i propri azionisti di riferimento), la Consob aveva infatti irrogato nei confronti dei ricorrenti delle sanzioni amministrative pecuniarie, ravvisando una serie di violazioni dei doveri di vigilanza di cui all’art. 149, comma 1, del TUF.
In relazione ai vari motivi di ricorso proposti, la Suprema Corte rigetta innanzitutto l’eccezione di decadenza della Consob dal proprio potere sanzionatorio per decorrenza del termine, giustificata dai ricorrenti con la circostanza che, nonostante le informazioni relative agli illeciti contestati fossero state acquisite nel 2010, si fosse proceduto alla contestazione formale solo nel dicembre 2012 (quando l’art. 195 TUF prevede invece, come termine di contestazione, 180 giorni dall’accertamento dell’illecito qualora l’interessato abbia sede o residenza in Italia).
In merito, i Supremi Giudici rilevano infatti che il momento dal quale decorre il termine ex art 195 TUF non coincide necessariamente né con il giorno in cui è terminata l’attività ispettiva, né con quello in cui è stata depositata la relazione della relativa indagine. La constatazione di un fatto mediante indagini non comporta dunque, di per sé, l’accertamento del medesimo. Ne consegue che il momento in cui ragionevolmente la contestazione si tradurrà in accertamento deve essere individuato a seconda della particolarità dei singoli casi. Con riguardo al caso di specie, la Corte di Cassazione ha in particolare ritenuto che la complessità del materiale acquisito giustificasse il decorso di un lasso di tempo ragionevole tra l’acquisizione degli elementi probatori e l’”accertamento” come dies a qua per la contestazione.
In secondo luogo, i Supremi Giudici si soffermano su degli ulteriori motivi di impugnazione, in virtù dei quali la responsabilità dei sindaci debba ritenersi esclusa o quantomeno limitata qualora la loro azione fosse stata caratterizzata dalla mancata conoscenza di atti gestori non risultanti dalla documentazione sociale e dalla complessità dell’organizzazione societaria del gruppo del quale la società quotata, nel caso di specie, era posta al vertice.
Non varrebbe infatti ad escludere la responsabilità dei sindaci l’adempimento solo parziale, da parte degli amministratori, degli obblighi informativi a loro carico: l’obbligo di vigilanza, infatti, comporta un monitoraggio concreto e costante della gestione, ben potendo i sindaci, in presenza di informazioni insufficienti da parte degli amministratori, attivarsi autonomamente per acquisire i dati mancanti attraverso l’esercizio di poteri di indagine propri.
Di conseguenza, i Supremi Giudici rilevano come al collegio sindacale siano attribuiti dei compiti di vigilanza essenziali, che proprio attraverso l’adempimento del dovere di segnalare a Consob le irregolarità riscontrate consentono altresì a tale organo di attivare la tutela di interessi di natura pubblica, tramite l’azione della Commissione.