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Giurisprudenza

Sanzioni Consob: rifiuto di presentarsi all’audizione e diritto al silenzio

21 Aprile 2022

Cassazione Civile, Sez. II, 11 febbraio 2022, n. 4521 – Pres. Di Virgilio, Rel. Cosentino

Di cosa si parla in questo articolo

L’art. 187 quinquiesdecies T.U.F., nella parte non dichiarata costituzionalmente illegittima dalla sentenza della Corte cost. n. 84 del 2021, va interpretato nel senso che la condotta consistente nel rifiuto di presentarsi all’audizione fissata dalla Consob, ovvero nell’adozione di manovre dilatorie miranti a rinviarne lo svolgimento, è sanzionabile in ogni caso se posta in essere in epoca successiva alla pubblicazione della suddetta sentenza; per contro, se anteriore, la stessa – rappresentando l’unico modo per sottrarsi all’alternativa tra rendere dichiarazioni potenzialmente autoaccusatorie o rischiare la sanzione per il rifiuto di renderle – non può essere sanzionata di per sé, ma va considerata una forma di legittimo esercizio del diritto al silenzio costituzionalmente garantito, a meno che non si sia concretizzata in comportamenti ingannevoli, fraudolenti o decettivi ulteriori rispetto alla mera mancata presentazione o alla mera richiesta di differimento.

In materia di sanzioni amministrative previste dal d.lgs. n. 58 del 1998 n. 58 (T.U.F.), il principio che la doglianza relativa alla violazione del diritto al contraddittorio nell’ambito del procedimento amministrativo sanzionatorio svoltosi dinanzi alla Consob ed alla Banca d’Italia presuppone la deduzione di una lesione concreta ed effettiva del diritto di difesa specificamente conculcato o compresso non opera quando la lesione derivi dalla mancata identità tra fatto contestato e fatto sanzionato; la violazione della regola legale della previa contestazione dell’illecito per il quale sia stata emessa una sanzione amministrativa è, infatti, di per sé lesiva del diritto di difesa, determinando l’illegittimità del provvedimento sanzionatorio per violazione di legge.

Le sanzioni amministrative irrogate dalla Consob per gli abusi di mercato, pur avendo natura sostanzialmente penale secondo i c.d. “criteri Engel”, sono prive dei meccanismi che consentono allo “ius superveniens” (derivante da nuova normativa o da pronuncia della Corte costituzionale) di infrangere il giudicato, non esistendo nel giudizio civile o amministrativo una figura analoga al giudice dell’esecuzione penale, avente la funzione di valutare gli incidenti processuali successivi al giudicato, e non potendosi utilizzare a tal fine lo strumento della revocazione della sentenza. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha ritenuto non rideterminabile, alla stregua della sentenza della Corte cost. n. 63 del 2019, la sanzione inflitta per l’illecito amministrativo di cui all’art. 187 bis, comma 1, lettera a) del T.U.F., in quanto ormai coperta da giudicato).

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