Con la sentenza in esame, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso avverso la pronuncia della Corte d’appello di Milano (n. 1942/2011), convalidante, tra l’altro, l’applicazione della sanzione accessoria della confisca per equivalente (benché siffatta sanzione sia stata introdotta da una normativa sopravvenuta rispetto alla commissione dell’illecito amministrativo contestato).
Più in particolare, i giudici di legittimità hanno accolto i motivi di ricorso denuncianti “violazione e falsa applicazione dell’art. 187 sexies t.u.f., in relazione all’art. 7, par. 1 Cedu e all’art. 25 Cost., comma 2, e vizio di motivazione, per avere applicato la più gravosa sanzione della confisca per equivalente dell’intero “prodotto” dell’illecito, prevista dalla normativa sopravvenuta, anziché quella prevista dalla normativa vigente all’epoca del fatto che limitava la confisca ai “mezzi, anche finanziari, utilizzati per commettere il reato e (ai) beni che ne costituiscono il profitto” (art. 180, comma 5)”, e così annullato la delibera Consob impugnata nella parte in cui applica la sanzione accessoria della confisca per equivalente.
A sostegno di tale decisione, i giudici si avvalgono della pronuncia della Corte costituzionale n. 223 del 2018, con la quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 9, comma 8, l. n. 62/2005 “nella parte in cui stabilisce che la confisca per equivalente prevista dall’art. 187 sexies si applica, allorché il procedimento penale non sia stato definito, anche alle violazioni commesse anteriormente alla data di entrata in vigore della stessa L. n. 62 del 2005, quando il complessivo trattamento sanzionatorio conseguente all’intervento di depenalizzazione risulti in concreto più sfavorevole di quello applicabile in base alla disciplina previgente”.
Pertanto, nel caso di specie, considerata la maggiore gravosità della normativa sopravvenuta, nonché la circostanza che, a seguito della già citata pronuncia costituzionale, “la confisca per equivalente risulta priva di base normativa, essendo stata espunta dall’ordinamento la disposizione che la prevedeva, e quindi illegittima l’applicazione della stessa al ricorrente”, secondo la Corte di Cassazione deve applicarsi la disciplina vigente al momento della commissione dell’illecito, ovvero la confisca dei mezzi (anche finanziari) utilizzati per commettere il reato, nonché dei beni costituenti il profitto, ancorché non sia possibile la confisca diretta del prodotto o del profitto dell’illecito e dei beni strumentali alla sua commissione.