Con ordinanza n. 739 del 9 gennaio 2024 la Sezione V della Corte di Cassazione (Pres. Bruschetta, Rel. Salemme) ha ribadito il proprio precedente indirizzo in ordine alla responsabilità per i debiti fiscali relativi agli anni di imposta antecedenti a un’operazione di scissione parziale.
Nella scissione parziale, infatti, la responsabilità per i debiti fiscali relativi agli anni di imposta antecedenti l’operazione, non è soggetta alle limitazioni previste per le obbligazioni civili.
Pertanto, tutte le società che partecipano alla scissione sono solidalmente e illimitatamente responsabili per i debiti tributari, indipendentemente dalle quote di patrimonio assegnato con l’operazione.
Si ricorda infatti che, mentre per i debiti tributari è prevista la responsabilità solidale illimitata a carico delle società beneficiarie di scissione parziale (art. 173 del D.P.R. 917/1986 –Tuir), la normativa civilistica, invece, prevede, per i debiti imputabili alla scissa, la responsabilità solidale della beneficiaria, solo nei limiti del valore del patrimonio netto ad essa assegnato.
Su tale asserita disparità e sul conseguente trattamento favorevole riservato all’erario dalla normativa tributaria era altresì intervenuta anche la Corte Costituzionale con sentenza n. 90/2018, che aveva escluso qualsivoglia profilo di incostituzionalità.
Questo il principio diritto nuovamente ribadito dalla Corte:
“quando sia realizzata un’operazione di scissione parziale – qual è pacificamente quella di cui si controverte nel presente giudizio – “la responsabilità per i debiti fiscali riguardanti gli anni di imposta ad essa antecedenti, prevista dall’art. 173, comma 13, d.P.R. n. 917 del 1986, e confermata, quanto alle somme dovute per violazioni tributarie, dall’art. 15, comma 2, d.lgs. n. 472 del 1997, diverge da quella riguardante le obbligazioni civili, soggetta invece ai limiti di cui agli artt. 2506-bis, comma 2, e 2506-quater, comma 3, c.c., in quanto, fermi gli obblighi erariali in capo alla scissa e alla designata, si estende non solo solidalmente, ma anche illimitatamente a tutte le società partecipanti all’operazione, indipendentemente dalle quote di patrimonio assegnato con detta operazione, senza che tale differente trattamento sia costituzionalmente illegittimo, siccome rispondente all’esigenza di un’agevole riscossione dei tributi nel rispetto del principio costituzionale di pareggio del bilancio e a criteri di adeguatezza e di proporzionalità, come affermato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 90 del 2018”.