Il presente contributo analizza il provvedimento del Tribunale di Novara n. 2366 del 8 settembre 2020 il quale ha sancito l’inapplicabilità, per le operazioni di scissione societaria, della riduzione del termine per l’opposizione dei creditori prevista ex art. 2505-quater c.c. per le operazioni di fusione.
1. La vicenda
Su istanza del Conservatore del Registro delle Imprese, il Tribunale di Novara[1], con il provvedimento n. 2366, reso in data 8 settembre 2020, ha statuito la cancellazione di un atto di scissione societaria poiché iscritto prima del decorso del termine previsto dall’art. 2503 c.c. per l’attuazione della scissione stessa e per la relativa opposizione dei creditori.
2. Il provvedimento del Tribunale di Novara. Considerazioni giuridiche
L’atto di scissione societaria era stato depositato dal Notaio, il quale aveva ipotizzato l’applicabilità dell’art. 2505-quater c.c. relativo agli effetti della pubblicazione degli atti del procedimento di fusione, anche agli atti di scissione. Tuttavia, su istanza del Conservatore, il Tribunale ha disposto la cancellazione dell’atto di scissione dal Registro delle Imprese competente per due ordini di ragioni:
- l’art. 2505-quaterc. non è specificamente richiamato dall’art. 2506-ter c.c. tra le norme applicabili alla scissione societaria, né può sostenersi che tale omissione sia giustificata dal fatto che un richiamo a tale norma sia implicito o comunque conseguente al richiamo fatto dall’art. 2506-ter c.c. all’art. 2503 c.c., norma che disciplina in generale il termine ordinario di 60 giorni a decorrere dal quale è possibile stipulare l’atto di fusione;
- il richiamo alla norma che indica quale sia il termine ordinario non implica il richiamo alla diversa norma che quel termine dimezza in presenza di alcune ipotesi.
Pertanto, in difetto di un richiamo esplicito all’applicabilità dell’art. 2505-quater c.c., il Tribunale di Novara accoglie un’interpretazione prudenziale che attribuisce una maggior tutela ai creditori (consentendo loro di potersi sempre opporre alla scissione nel termine più ampio di sessanta giorni, anziché in quello dimezzato di trenta).
Il provvedimento in esame è spunto di numerose riflessioni giuridiche.
3. Brevi cenni sulla scissione societaria e sulle differenze con la fusione
Come noto, la scissione societaria è un’operazione straordinaria, regolata dagli articoli 2506 e ss. c.c., consistente in un evento modificativo degli statuti delle società partecipanti, un fenomeno di riorganizzazione delle strutture societarie e, conseguentemente statutarie, ove l’attività svolta precedentemente da una sola società viene, a seguito della scissione, svolta da più enti beneficiari della scissione.[2]
Si possono avere diverse forme di scissioni:
- scissione totale o parziale. Si parla di scissione totale quanto tutto il patrimonio della società scissa viene attribuito a non meno di altre due società. Se, infatti, tutto il patrimonio di una società viene trasferito ad una sola altra società non si ha scissione ma fusione per incorporazione. In caso di scissione totale, si ha l’estinzione della società che si scinde, ma i soci ed i creditori continueranno nel loro preesistente rapporto con le società beneficiarie, che aumenteranno proporzionalmente il loro patrimonio. Si ha scissione parziale quando una società cede parte del proprio patrimonio ad una o più società, per cui non si determina l’estinzione della società che si scinde ma solo una sua riduzione proporzionale del patrimonio (a cui può e non deve seguire una riduzione del capitale). I soci saranno al contempo soci della scissa e della/e beneficiarie; i diritti e gli obblighi della scissa potranno essere variamente ripartiti come ritenuto più opportuno e così come riportato nel progetto di scissione;
- scissione in senso stretto o per incorporazione. Si ha scissione in senso stretto quando dalla scissione viene creata una nuova società; considerata la natura dell’operazione non si sarebbe di fronte a un fenomeno di costituzione in senso proprio (anche se si ha una vera e propria costituzione di una nuova società). È quindi opportuno, anche se non necessario, applicare tutte le relative formalità. Si ha scissione per incorporazione, quando le società beneficiarie sono preesistenti;
- scissione a favore di società appartenenti allo stesso tipo o a tipi diversi. In particolare, si parla di scissione eterogenea quando la scissione avviene a favore di enti di tipo diverso. In questa ipotesi si devono applicare necessariamente le norme in tema di trasformazione eterogenea. Si dovrà quindi procedere ad una scissione e poi alla trasformazione nell’ente diverso, seppure in un unico contesto ed atto.
La scissione societaria non gode di disciplina codicistica completamente autonoma, in quanto gli articoli 2506-ter e quater c.c. rinviano espressamente alla normativa dettata in tema di fusione.
La fusione, regolata dagli articoli 2501 e ss. c.c., consente la concentrazione di due o più imprese societarie ampliandone la dimensione e la competitività sul mercato, evitando il duplice passaggio della liquidazione delle società originarie seguita dalla costituzione di una nuova società tra i medesimi soggetti (ovvero dall’aumento di capitale sottoscritto dai soci delle società estinte), con notevoli vantaggi sul piano della continuità dell’attività d’impresa[3].
Come anticipato, la disciplina codicistica in tema di scissione societaria, nell’art. 2506-ter, ultimo comma, c.c. sancisce l’applicabilità a tale operazione straordinaria di alcune previsioni dettate in tema di fusione. Una parte di tali norme si riferisce agli adempimenti del procedimento di fusione, (e.g., il deposito degli atti relativi all’operazione ex art. 2501-septies c.c., l’adozione della decisione in ordine alla fusione ex art. 2502 c.c., il deposito e l’iscrizione di tale decisione ex art. 2502-bis c.c., l’atto di fusione ex art. 2504 c.c. e i divieti conseguenti alla fusione), agli effetti dell’iscrizione dell’atto di fusione sulla relativa invalidità ex art. 2504-quater c.c., nonché agli effetti della pubblicazione degli atti del procedimento di fusione nel Registro delle Imprese.
Infine, l’ordinamento predispone, negli artt. 2503-bis e 2503 c.c., una tutela nei confronti dei soggetti che potrebbero subire effetti svantaggiosi a seguito della fusione e, in particolare, agli obbligazionisti delle società partecipanti alla fusione e ai creditori anteriori alla pubblicazione della fusione.
In particolare, l’art. 2503 c.c. concede un termine, pari a sessanta giorni e decorrente dall’ultima delle iscrizioni nel Registro delle Imprese della delibera di scissione societaria, prima della quale la scissione non può essere attuata. Nello stesso termine i creditori anteriori delle società possono proporre opposizione alla scissione stessa. Tuttavia, si noti che tale previsione non trova applicazione qualora si verifichi una delle eccezioni specificamente previste dal legislatore, quali, qualora consti il consenso di tutti i creditori anteriori o si provveda al pagamento dei creditori dissenzienti.
Lo strumento dell’opposizione dei creditori riflette una visione protezionistica dei creditori, già evidenziata dalla direttiva 82/891/CEE. Detto orientamento è stato accolto dal nostro legislatore anche mediante lo strumento della responsabilità solidale delle società risultanti dalla scissione per i debiti della scissa anteriori alla pubblicazione del Registro delle Imprese del progetto di scissione.
A tal proposito, si evidenzia che la ratio dello strumento dell’opposizione dei creditori, la quale costituisce un tipo di tutela reale, sia di evitare che le garanzie patrimoniali dei creditori siano destinatarie di un pregiudizio, ideato, pertanto, dal legislatore al fine di consentire ai creditori medesimi di far fronte a decisioni relative alla vita della società.[4]
Lo strumento della responsabilità solidale, invece, rappresenta uno strumento di tutela dei creditori ulteriore e ad esso sussidiario, nella misura in cui l’opposizione costituisce strumento destinato ad operare ex ante come mezzo di conservazione della garanzia diretto a paralizzare gli effetti di atti dispositivi del patrimonio del debitore; per converso, il sistema delle responsabilità sussidiarie e solidali ex art. 2506-quater c.c. opera ex post ed è diretta a sostituire o integrare l’originaria garanzia, eventualmente lesa.[5]
Alla luce di quanto sopra, occorre in definitiva interrogarsi sul thema della presente trattazione, i.e., sull’applicabilità del dimezzamento dei termini previsto in tema di fusione anche all’operazione di scissione, e, in particolare, sul quesito se l’art. 2503, comma 1, e, quindi, l’art. 2505-quater c.c., trovi applicazione anche con riferimento al periodo che deve intercorrere tra il giorno di iscrizione delle deliberazioni di scissione nel Registro delle Imprese e il giorno di stipula dell’atto di scissione.
Come anticipato, la disciplina in tema di scissione e, in particolare, l’art. 2506-ter c.c., richiama espressamente l’art. 2503 c.c., ma non anche l’art. 2505-quater c.c., per effetto del quale sono ridotti alla metà (nel caso in cui alla fusione non partecipino società il cui capitale è suddiviso in azioni), (a) il termine tra la data di iscrizione nel Registro delle Imprese del progetto di fusione (o di pubblicazione sul sito internet) e la data di svolgimento dell’assemblea che approva il progetto di fusione; (b) il termine tra la data di iscrizione al Registro delle Imprese delle deliberazioni assembleari di approvazione del progetto di fusione e la data di stipula dell’atto di fusione. Dottrina e giurisprudenza hanno a lungo discusso sul tema e, in particolare, se il mancato richiamo all’art. 2505-quater c.c. da parte dell’art. 2506-ter c.c. sia frutto di una scelta o di una svista del legislatore. Da ciò ne deriva che, nella prassi, alcuni uffici del Registro delle Imprese consentono il dimezzamento dei termini mentre altri rifiutano il deposito degli atti nei termini dimezzati.
In favore dell’applicazione del dimezzamento dei termini e, quindi, del richiamo implicito al, e dell’applicazione analogica del, art. 2505-quater c.c., si è espresso il Tribunale di Vicenza[6], il quale lo ha ritenuto applicabile anche alla scissione, sul presupposto che si tratterebbe di una norma generale relativa alla riduzione dei termini previsti sia per la fusione sia per la scissione.
Tale conclusione avrebbe come assunto che l’art. 2506-ter c.c. contiene un riferimento generale all’art. 2503 e, dunque, dovrebbe ritenersi richiamato anche l’art. l’art. 2505-quater c.c., che è collegato alla norma sui termini.
A tale orientamento ha aderito anche il Consiglio dei Notai del Triveneto[7], il quale ha affermato che l’art. 2505-quater c.c. non è una disposizione autonoma, ma una modalità di applicazione degli articoli relativi ai termini, tra cui rientra anche l’art. 2503 c.c. Detto richiamo sarebbe giustificato da due ordini di ragioni: (i) la norma in esame rientra nel generale contesto di previsione di omogeneità tra i procedimenti di fusione e scissione tracciato dal Consiglio dell’allora Comunità Europea; (ii) l’applicazione dell’ordinario termine di sessanta giorni non sarebbe coerente con il permanere della responsabilità solidale delle società coinvolte per i debiti anteriori alla scissione, sancita dall’art. 2506-quater, comma 3, c.c.
Depongono in tal senso anche alcune massime del Consiglio Notarile di Roma[8], il quale, trasversalmente, affrontando il tema della validità ed efficacia della fusione, ha rilevato che si debba ritenere far riferimento anche per la scissione al decorso del termine di sessanta giorni o trenta giorni nei casi in cui ciò sia concesso dalla legge o, comunque, decorsi i diversi termini abbreviati previsti dalla legislazione speciale, dall’ultima delle iscrizioni previste dall’art. 2502-bis c.c. delle relative deliberazioni o decisioni.
All’orientamento opposto rispetto a quello appena esposto, ha aderito il Tribunale di Bari, il quale, sulla base delle medesime assunzioni accolte anche dal Tribunale di Novara, ha sottolineato la circostanza per cui il mancato richiamo dell’art. 2505-quater c.c. non può essere inquadrata quale svista del legislatore, ma, semmai, trova la sua ragione nella circostanza per cui la riduzione stabilita da tale norma riguarda i termini per gli adempimenti interni che la società deve eseguire ai fini della scissione e, in particolare:
- il termine di trenta giorni, che deve decorrere dalla pubblicazione del progetto di scissione alla data fissata per la decisione (art. 2501-terc.);
- il lasso temporale di trenta giorni prima della data fissata per la decisione, durante il quale il progetto di scissione, i bilanci e le situazioni patrimoniali devono rimanere depositati presso la sede di ogni società (art. 2501-septiesc.);
- il termine dilatorio di sessanta giorni dall’iscrizione della delibera di scissione nel registro delle imprese (art. 2503, comma 1, c.c.).
Al contrario, il termine di sessanta giorni previsto dall’ultimo comma dell’art. 2503 c.c. sarebbe, nell’impostazione del Tribunale di Bari, un termine di decadenza dall’opposizione alla scissione, volto ad assicurare la tutela giurisdizionale dei creditori. Tale termine, pertanto, in virtù della differenza ontologica con i termini soprarichiamati, non sarebbe soggetto a dimezzamento.
4. Considerazioni conclusive
Il quesito giuridico posto all’attenzione del Tribunale di Novare appare piuttosto complicato e le controversie rilevate in giurisprudenza e in dottrina ne sono una dimostrazione.
Tuttavia, appare particolarmente rilevante, a detta di chi scrive, un inciso utilizzato dal Tribunale di Novara in un passaggio del relativo provvedimento. Invero, il provvedimento fa riferimento all’adozione, da parte del giudice di merito, di un’“interpretazione prudenziale”. A tal proposito appare necessario sottolineare che le disposizioni del Codice Civile concernenti l’interpretazione della legge non fanno riferimento al criterio della “prudenza”, ma, semmai, si riferiscono al significato proprio delle parole secondo la loro connessione e secondo l’intenzione del legislatore, per poi stabilire che, qualora una controversia non possa essere risolta con una precisa disposizione, si deve avere riguardo alle norme relative a casi simili o materie analoghe e, in ultima istanza, ai principi generali dell’ordinamento[9].
Il Tribunale di Novara ha, dunque, cercato di colmare una lacuna normativa mediante l’utilizzo di un’interpretazione “prudenziale” degli articoli 2505-quater e 2503 c.c., con il fine di tutelare i creditori nella misura maggiore possibile. Tuttavia, i risultati di tale sforzo interpretativo non appaiono condivisibili. A ciò si aggiunga che il mancato richiamo espresso all’art. 2505-quater c.c. non può essere indice della volontà del legislatore di introdurre una disparità di trattamento per i creditori anteriori della società scissa rispetto a quelli di una società coinvolta in un’operazione di fusione. Infine, la non applicabilità dell’art. 2505-quater c.c. anche alla scissione comporterebbe una dicotomia tra tale operazione di scissione e la fusione; principio non riflesso nell’impostazione del codice civile, che sembra, invece, voler allineare le discipline delle due operazioni straordinarie. Ne consegue che, per gli scriventi, sarebbe applicabile anche all’operazione di scissione la previsione di cui all’articolo 2505-quater c.c., con conseguente dimezzamento dei termini.
[1] Busani, Scissioni senza Spa, opposizione con termine lungo, in The Italian Notaries, 4 maggio 2022; O. Cascarano, Rivista di Corporate Governance, Fascicolo 2 – 2020.
[2] Ex multis, Maffei Alberti, Commentario Breve al Diritto delle Società, CEDAM, 2017; Campobasso, Diritto Commerciale. 2. Diritto delle società, Torino, 2008; M. Confortini, G. Guida, Codice Civile Ragionato, Nel Diritto Editore, 2021; Bavetta, La scissione nel sistema delle modificazioni societarie, in Gco, 1994, I; Caruso, Osservazioni sul dibattito in tema di natura giuridica della scissione, in Gco, 2002, II; Civerra, Le operazioni di fusione e scissione, Milano, 2003; De Angelis, Le operazioni di trasformazione, fusione e scissione nella legge delega per la riforma del diritto societario, in RS, 2002; Ferro, Luzzi, La nozione di scissione, in Gco, 1991; Irrera, Scissione delle società, in Digesto comm., XIII, Torino, 1996; Lamandini, Riflessioni in tema di scissione «parziale» di società, in Gco, 1992, I; Lucarelli, La scissione di società, Torino, 1999; Paolini, La scissione delle società, in Tratt. Schiano di Pepe, Milano, 1999; Rordorf, La scissione di società, in Soc, 1989; Simonetto, Della trasformazione e della fusione delle società, in Comm. Scialoja, Branca, Bologna-Roma, 1976; Speronello, La scissione di società fra tipicità ed autonomia negoziale: un caso di «assegnazione» di quote della scissa, in Gco, 2001, II.
[3] Ex multis, Maffei Alberti, Commentario Breve al Diritto delle Società, CEDAM, 2017; Campobasso, Diritto Commerciale. 2. Diritto delle società, Torino, 2008; Bellezza, Fusioni, scissioni, trasformazioni e verbali assembleari: spunti di riflessione per qualche semplificazione, in RN, 2002; Cagnasso, Irrera, Fusione e trasformazione delle società, in Digesto comm., VI, Torino, 1991; Civerra, Le operazioni di fusione e scissione, l’impatto della riforma e la nuova disciplina del leveraged buy out, Torino, 2004; Di Sabato, Manuale delle società, Torino, 1990; Fabiani, Fusione eterogenea, fallimento del socio e riflessi sulla riforma societaria (nota a C. n. 3733/2003), in FI, 2003, 1; Ferrara, Corsi, Gli imprenditori e le società, Milano, 1994; Ferrari, Fusione eterogenea e responsabilità dei soci: profili di costituzionalità, in Soc, 1992; Ferri, Le società, in Tratt. Vassali, Torino, 1987.
[4] Trib. Piacenza, 6 marzo 2019, in DeJure.
[5] Trib. Roma, sez. specializzata Impresa, 12 giugno 2017, in DeJure.
[6] Trib. Vicenza, 15 giugno 2007, in www.ilcaso.it.
[7] L.A.8 (Riduzione dei termini nelle scissioni in cui non partecipano spa, sapa o coop. per azioni – 1° pubbl. 9/04 – motivato 9/11), O. Cascarano, Rivista di Corporate Governance, cit.,.
[8] Consiglio Notarile di Roma, massima n. 4/2013, in consiglioroma.it.
[9] O. Cascarano, Scissione societaria: i termini per l’opposizione dei creditori, Rivista Corporate Governance, Fascicolo 2 – 2020.