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Giurisprudenza

Scissione totale e fallimento della società scissa cancellata dal registro delle imprese

8 Maggio 2020

Maria Giulia Musardo, Avvocato presso Borlone Papi Rossi & Associati – Ph.D. in Business and Social law presso Università Bocconi

Cassazione Civile, Sez. I, 21 febbraio 2020, n. 4737 – Pres. Didone, Rel. Dolmetta

Di cosa si parla in questo articolo

Con la sentenza pubblicata la Corte di Cassazione si pronuncia per la prima volta sul tema della fallibilità della società scissa, in caso di scissione totale, una volta che sia stata cancellata dal registro delle imprese.

Le pronunce dei precedenti gradi di merito – che avevano concluso per l’assoggettamento al fallimento della società scissa – avevano già suscitato particolare attenzione fra i commentatori sia per la novità del tema sia per le importanti implicazioni a livello applicativo (si segnala in particolare il contributo di Boggio, su Le Società, 6/2017 a commento della sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Torino, 26 luglio 2016).

Ebbene, la Suprema Corte ha confermato la fallibilità della società scissa cancellata dal registro delle imprese a seguito di scissione totale ai sensi dell’art. 10 l.f. osservando che “nel vigente sistema normativo, un fenomeno di riorganizzazione societario – quale tra gli altri è la scissione – […] non può, come principio, realizzare una causa di sottrazione dell’impresa dalla soggezione alle procedure concorsuali”.

Invero, la questione dell’assoggettabilità o meno della società scissa (anche in caso di scissione totale) alle procedure concorsuali non attiene propriamente al piano dell’organizzazione societaria, quanto piuttosto “al piano della responsabilità dell’impresa nei confronti di terzi”. Detta responsabilità, come noto, non può essere esclusa né limitata se non nei casi espressamente previsti dalla legge (cfr. art. 2740, comma 2, c.c.) fra i quali la Corte esclude che possa essere annoverata la fattispecie della scissione totale.

L’esclusione della responsabilità della scissa non potrebbe essere giustificata per il fatto che permarrebbe comunque la responsabilità delle beneficiarie per i debiti propri della stessa scissa. Infatti, da un lato dette società potrebbero difettare dei presupposti di fallibilità previsti ex lege, dall’altro la loro responsabilità sussisterebbe solo nei limiti del patrimonio netto ad esse effettivamente assegnato (cfr. artt. 2506-bis, comma 3 e 2506-quater, comma 3, c.c.), con la conseguenza che “in assenza di una responsabilità della scissa, potrebbe anche verificarsi il caso […] di debiti per cui nessuno venga più a rispondere illimitatamente”.

In ogni caso, ha altresì rilevato la Corte, “non può essere fattore di ostacolo alla dichiarazione di fallimento della società scissa il fatto che nessuno dei suoi creditori abbia formulato opposizione alla disaggregazione dell’ente ex artt. 2506-ter, comma 5 e 2503 c.c.”.

Per tali ragioni, dunque, anche la società scissa cancellata dal registro delle imprese potrà essere assoggettata al fallimento ai sensi dell’art. 10 l.f., la cui previsione normativa – ha osservato sempre la Corte – presuppone unicamente la cancellazione dell’imprenditore dal registro delle imprese medesimo e non anche che “la corrispondente attività di impresa venga a cessare sul piano oggettivo”.

 

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