La Cassazione, con sentenza n. 1254 del 18 gennaio 2025, nell’ambito della valenza di prova documentale civile, ha chiarito che gli screenshot dei messaggi WhatsApp e di messaggi del tipo “sms” fanno piena prova, ai sensi dell’art. 2712 C.c., dei fatti e delle cose rappresentate, se non disconosciuti in giudizio dalla parte contro cui vengono prodotti.
Questo il principio espresso, in tema di prova documentale civile degli screenshot dei messaggi WhatsApp, peraltro conforme alla sentenza delle Sezioni Unite n. 11197/2023:
“i messaggi “whatsapp” e gli “sms” conservati nella memoria di un telefono cellulare sono utilizzabili quale prova documentale e, dunque, possono essere legittimamente acquisiti mediante la mera riproduzione fotografica, con la conseguente piena utilizzabilità dei messaggi estrapolati da una “chat” di “whatsapp” mediante copia dei relativi “screenshot”, tenuto conto del riscontro della provenienza e attendibilità degli stessi. […] in tema di efficacia probatoria dei documenti informatici, il messaggio di posta elettronica (c.d. e-mail) – e così i messaggi whatsapp – costituisce un documento elettronico che contiene la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti che, seppure privo di firma, rientra tra le riproduzioni informatiche e le rappresentazioni meccaniche di cui all’art. 2712 C.c. e, pertanto, forma piena prova dei fatti e delle cose rappresentate se colui contro il quale viene prodotto non ne disconosca la conformità ai fatti o alle cose medesime. E ciò pur non avendo l’efficacia della scrittura privata prevista dall’art. 2702 C.c.”
La Corte rileva, quindi, che, nel caso di specie, non era stata contestata l’utilizzabilità processuale del “documento” in sé, bensì unicamente la natura artefatta del suo contenuto.
Conseguentemente, ha rigettato il motivo di ricorso.