Con la sentenza n. 45353 del 6 dicembre 2011, la III sezione penale della Corte di Cassazione ha confermato il sequestro preventivo delle somme presenti in un conto corrente cointestato fra il contribuente indagato per fatture false e un familiare, somme oggetto di rientro dei capitali secondo il c.d. “scudo fiscale” (art. 13-bis del d.lgs. n. 78 del 2009 e successive modifiche).
In sede di ricorso, era stato eccepito il fatto che il Tribunale avesse conservato la misura su beni di pacifica pertinenza di persona estranea ai reati (il familiare dell’indagato), persona che, invece, avrebbe diritto a rientrare nella disponibilità degli stessi.
Per il ricorrente, la certezza sulla titolarità della somma risultava sia a mezzo presunzioni ex art. 1298 c.c., sia in ragione del fatto che la somma depositata sul conto corrente bancario era oggetto di rientro dei capitali secondo il c.d. “scudo fiscale”.
Nel respingere il ricorso, la Corte evidenzia come, nell’ipotesi di unico conto corrente bancario cointestato con soggetto estraneo al reato, la misura reale provvisoria si estende ai beni comunque nella disponibilità dell’indagato, e che tale misura non risente di limitazioni legate a vincoli o presunzioni operanti ai sensi del codice civile nel rapporto di solidarietà tra creditori o debitori ai sensi dell’art. 1289 oppure nel rapporto tra istituto bancario e soggetto o soggetti depositanti ai sensi dell’art. 1834.
La prevalenza della cautela penale sulla disciplina di natura civilistica, infatti, trova giustificazione nell’esigenza di evitare che nelle more dell’adozione del provvedimento definitivo di confisca vengano comunque dispersi i beni che si trovano nella disponibilità dell’indagato.