In materia di servizi di investimento mobiliare, l’intermediario finanziario è tenuto a fornire al cliente una dettagliata informazione preventiva circa i titoli mobiliari, con particolare riferimento alla natura di essi ed ai caratteri propri dell’emittente, la cui mancata indicazione configura la violazione del dovere di fornire al cliente un’informazione adeguata e, in ultima analisi, del dovere di efficiente svolgimento dei servizi finanziari ex art. 21 TUF.
Gli obblighi d’informazione che gravano sull’intermediario, dal cui inadempimento consegue in via presuntiva l’accertamento del nesso di causalità del danno subito dall’investitore, impongono la comunicazione di tutte le notizie conoscibili in base alla necessaria diligenza professionale e l’indicazione, in modo puntuale, di tutte le ragioni idonee a rendere un’operazione inadeguata rispetto al profilo di rischio dell’investitore, ivi comprese quelle attinenti al rischio di “default” dell’emittente con conseguente mancato rimborso del capitale investito, in quanto tali informazioni costituiscono reali fattori per decidere, in modo effettivamente consapevole, se investire o meno.
Ricorre, dunque, un inadempimento sanzionabile ogni qualvolta detti obblighi informativi non siano integrati, restando irrilevante, a tal fine, ogni valutazione di adeguatezza dell’investimento.
Nel caso di specie, la Suprema Corte accoglie le censure mosse nei confronti della sentenza della Corte territoriale nella parte in cui quest’ultima, pur riconoscendo una carenza informativa imputabile alla banca, aveva escluso che potesse ritenersi acquisita la prova del nesso causale con il danno subito dalla ricorrente, alla luce della propensione della ricorrente stessa all’acquisto di titoli azionari o obbligazionari con caratteristiche di rischio analoghe a quelle dei titoli in questione e, dunque, dell’asserita adeguatezza dell’operazione.