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Giurisprudenza

Se la banca ha agito in qualità di advisor dell’ente locale, risponde di danno erariale laddove dalle operazioni eseguite su suo consiglio sia derivato un pregiudizio all’ente locale

15 Marzo 2016

Avv. Domenico Gaudiello, Partner, Responsabile del dipartimento di Finanza Pubblica, Studio legale DLA Piper

Corte dei Conti, Sez. I Giurisdizionale Centrale di Appello, 16 dicembre 2015, n. 609

Di cosa si parla in questo articolo

Con la recente sentenza n. 609/2015/A la Corte dei Conti (prima sezione giurisdizionale centrale di appello) ha stabilito che l’intermediario finanziario che abbia agito quale advisor (consulente) di un ente locale in materia di indebitamento e di politiche di gestione del bilancio sia del tutto assoggettabile alla giurisdizione contabile ed alla azione erariale per i danni eventualmente patiti dall’ente in dipendenza delle valutazioni e soluzioni fornite ad esso dall’intermediario in questione.

La pronuncia in questione è di portata cruciale perché:

(i) si inserisce nel più complessivo panorama degli strumenti che il giudice contabile, come evidenziato nella relazione inaugurale del procuratore generale della Corte dei Conti Salvatore Nottola per l’anno giudiziario 2015, sta di volta in volta adoperando per affrontare la materia dei contratti finanziari derivati e delle perdite che detti contratti possano aver causato ai clienti pubblici;

(ii) configura una precisa responsabilità in capo ai soggetti privati che, con le loro iniziative e raccomandazioni, abbiano concorso alle decisioni degli enti locali circa l’utilizzo delle proprie risorse e la gestione dei propri debiti;

(iii) ritiene, più in particolare, che il rapporto di advisory non debba necessariamente risultare da un contratto, ma possa anche configurarsi sulla base di un rapporto di fatto.

La sentenza 609/2015 ha in realtà confermato il disposto della la sentenza/ordinanza n. 236/2014 della Corte dei Conti, sezione giurisdizionale, della Regione Toscana, che aveva già ritenuto la propria giurisdizione sul ruolo di advisor svolto da Merrill Lynch per il Comune di Firenze, a far data dal 2001, in relazione a specifiche decisioni di indebitamento e di utilizzo dei contratti finanziari da parte di detto Comune.

In particolare, la vicenda trattata dalla Corte dei Conti toscana traeva origine da una precedente comunicazione inviata dalla Procura della Repubblica di Firenze in relazione ad un procedimento penale in corso attinente alla possibile truffa subita dal Comune di Firenze. Nell’ambito della indagine penale (i cui esiti avevano portato alla successiva archiviazione) erano stati condotti accertamenti sugli esborsi del Comune di Firenze in relazione ai contratti finanziari derivati sottoscritti dal Comune. Detti accertamenti avevano evidenziato perdite considerevoli per l’ente fiorentino. In presenza di detti elementi ed indipendentemente dagli esiti del procedimento penale (poi archiviato), la procura contabile aveva convenuto in giudizio tutti i soggetti che avevano preso parte alla stipula di dette operazioni in derivati (la banca e i due funzionari tempo per tempo coinvolti).

In ragione di ciò, la banca convenuta aveva sollevato inter alia eccezioni di difetto giurisdizione . Sul punto, il giudice contabile di prime cure aveva formulato una recisa argomentazione a sostegno della sussistenza della giurisdizione contabile, asserendo che il rapporto di servizio con la pubblica amministrazione (che è appunto il presupposto per incardinare la giurisdizione contabile) sussiste ogni volta che ad un soggetto (anche estraneo alla P.A.) venga affidato un contratto per la realizzazione di un programma, di un obiettivo o di un servizio che siano d’interesse della stessa amministrazione.

Detta argomentazione è stata appunto confermata dalla sentenza 609/2015 con dovizia di ragionamenti e riferimenti giurisprudenziali e costituisce allo stato un fondamentale arresto giurisprudenziale su cui merita intrattenersi. In ragione dei suoi contenuti, la pronuncia in questione non è destinata a rimanere isolata e sembra quasi anticipare un preciso programma di iniziative del giudice contabile nei confronti degli intermediari finanziari che abbiano agito come advisor delle amministrazioni nelle operazioni di ristrutturazione del debito e per l’ utilizzo di strumenti finanziari derivati.

Vediamo meglio perché.

Per i giudici di appello l’azione erariale può estendersi a chiunque abbia instaurato un rapporto da cui sia discesa una retribuzione da parte dell’amministrazione. Questo esclude che l’azione erariale sia esperibile solo nei confronti di chi abbia in essere un rapporto di pubblico impiego. Se ciò è vero, ne discende che anche un advisor di un ente pubblico (nel caso di specie il Comune di Firenze) sia in linea di principio assoggettabile alla azione erariale. Anzi, il ruolo di advisor finanziario si caratterizzerebbe per una sua specificità e tipicità, destinataria di apposite norme di condotta e di relazione. In tal senso, “la tipicità delle azioni che l’advisor deve porre in essere è tale da porre in risalto il suo inserimento nella organizzazione dell’Ente pubblico con l’assunzione di particolari vincoli ed obblighi funzionali atti ad assicurare il perseguimento delle esigenze generali”.

In sintesi, ed è questo forse l’argomento principale, laddove la valutazione fornita da un soggetto privato assuma valore determinante nella formazione della volontà dell’ente, questo implica che si sia instaurato un rapporto diretto tra il consulente e l’ente medesimo, funzionale al perseguimento dei fini istituzionali dell’ente. Nel caso deciso, questo è vieppiù vero, ad avviso del collegio giudicante,

in ragione del fatto che l’advisor abbia preso parte sostanziale al procedimento di formazione della volontà dell’ente pubblico e alla successiva esecuzione delle decisioni assunte (anche) sulla scorta del suo intervento.

In proposito, il collegio di seconde cure individua e ripercorre le singole attività svolte dall’intermediario in favore del Comune, evidenziando come alla iniziale proposta di ristrutturazione del debito esistente siano seguite due distinte iniziative esecutive: la emissione di un prestito obbligazionario (volto a rifinanziare una parte del debito esistente in capo all’ente, allungandone la durata) e la stipulazione nel 2001 (seguita da successiva ristrutturazione nel 2004) di un contratto derivato (volto a gestire i rischi di tasso connessi alla parte dei debito residuo, non rifinanziata mediante l’emissione del prestito obbligazionario).

Orbene, ciò che per il collegio è determinate per assoggettare l’intermediario alla giurisdizione contabile è il fatto che l’intermediario abbia preso parte a ciascuna delle attività sopra descritte, non limitandosi solo a formulare preliminari ipotesi operative, ma affiancando altresì l’ente nella esecuzione delle proposte formulate, al punto da agire anche (tramite altra società dello stesso gruppo) come controparte proprio del contratto derivato consigliato all’ente nel quadro delle strategie raccomandate.

La pronuncia in questione contiene un ulteriore argomento degno di particolare attenzione ed è quello relativo alla prescrizione del danno erariale nel caso dei contratti derivati. Al riguardo il collegio ha stabilito che, laddove la legge (art. 1, comma 2, legge 20/1994) prevede che il diritto al risarcimento del danno erariale (azionabile dalla Corte dei Conti) si prescrive in ogni caso in cinque anni dalla data in cui si è verificato il fatto dannoso, detta norma debba intendersi nel senso che il fatto dannoso vada identificato nel momento in cui l’erario abbia subito l’effettivo pregiudizio. Il che vale a dire, nel caso dei contratti derivati, che non può aversi prescrizione dell’azione erariale fino allo scadere del contratto. La natura aleatoria dei contratti derivati impedisce, infatti, che possa rilevarsi la loro dannosità prima che si siano consolidati i loro oneri effettivi in capo all’ente contraente.

Chiarito ciò, il collegio precisa che, essendo in ogni caso intervenuta una transazione su alcuni dei contratti stipulati dall’ente con la banca advisor, sarà cura del giudice contabile di primo grado accertare se la transazione abbia o meno ridimensionato il danno erariale in questione. Questo a conferma altresì della assoluta autonomia della azione erariale rispetto a quella civile, pur dipendendo dallo stesso fatto.

Non resta che attendere, allora, gli sviluppi della vicenda di merito.

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