La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 3130 del 9 febbraio 2021, è tornata a pronunciarsi in materia di segnalazioni alla Centrale dei Rischi gestita da Banca d’Italia e conseguenti possibilità risarcitorie per il soggetto la cui segnalazione non sia stata sufficientemente ponderata. In particolare, il pronunciamento della Suprema Corte si caratterizza questa volta per la rilevanza data al tema della valutazione, in prospettiva ex ante, delle eventuali eccezioni sollevate in buona fede dal debitore.
La vicenda
Un istituto di credito notificava atto di precetto per il pagamento dell’importo residuo di un mutuo non interamente restituito.
I debitori proponevano opposizione a precetto, eccependo, come è frequente in questi casi, la violazione del divieto di anatocismo, la nullità delle clausole disciplinanti il tasso di interesse in quanto in ipotesi indeterminate, e la violazione della legge antiusura. Assumendo quindi l’illegittimità dell’operato della Banca, ne chiedevano la condanna al risarcimento dei danni derivanti dalla segnalazione dei loro nominativi alla Centrale Rischi.
Sia il Tribunale che la Corte d’Appello rigettavano le richieste dei debitori, i quali ricorrevano in Cassazione.
La Corte di Cassazione, pur dichiarando inammissibili i motivi dedotti dai ricorrenti relativamente ad anatocismo e superamento della soglia di usura, ha ritenuto comunque fondato il terzo motivo di ricorso, con il quale era stata sostenuta la non sufficienza del mero rifiuto ad adempiere da parte del debitore per legittimarne la segnalazione alla Centrale Rischi, in particolare quando il rifiuto discenda da una contestazione alla legittimità del contratto invece che dalle condizioni economiche del debitore.
Proprio in relazione a questo aspetto si rinvengono i profili di maggior interesse dell’ordinanza in commento.
Il regime probatorio del danno ed i criteri per valutare la ‘meritevolezza’ delle eccezioni mosse dal debitore
Un cenno merita anzitutto il regime probatorio del danno da segnalazione illegittima. Se è già da tempo consolidato in giurisprudenza l’orientamento per cui detto danno non può essere ritenuto in re ipsa ma l’onere della prova grava in capo al soggetto ingiustamente segnalato (così, ex multis, Cassazione civile sez. I, 08/01/2019, n. 207), nell’ordinanza in commento la Corte esplicita, in riferimento alle eccezioni sollevate dal debitore, cosa questi dovrà effettivamente dimostrare per ottenere il risarcimento del danno da ingiusta segnalazione, e cioè “sia la propria buona fede al momento in cui sollevò l’eccezione, sia la colpa del creditore, sia l’esistenza del danno sia il nesso causale tra colpa e danno”(par. 4.4 dell’ordinanza).
Ciò detto, a caratterizzare la decisione in commento è il livello di dettaglio dell’analisi che la Corte svolge circa la relazione tra segnalazione alla Centrale Rischi e ragioni dell’inadempimento del debitore.
Muovendo dal richiamo al corpus normativo che disciplina le segnalazioni da parte degli intermediari creditizi, la Suprema Corte ha anzitutto ribadito che “non è consentito agli intermediari creditizi segnalare il proprio debitore alla Centrale dei Rischi, sol perché questi sia inadempiente” (par. 4.2). A tal riguardo solo qualche settimana fa la Cassazione aveva precisato come la segnalazione presupponga un previo esame della complessiva situazione finanziaria del cliente, da cui risulti una “valutazione negativa della situazione patrimoniale, apprezzabile come deficitaria” e corrispondente a “una grave e non transitoria difficoltà economica equiparabile, anche se non coincidente, con la condizione d’insolvenza” (così Cassazione civile sez. I, 15/12/2020, n. 28635).
Con l’ordinanza in commento la Suprema Corte aggiunge che la necessità dell’esame delle condizioni economiche del debitore permette di evitare esiti paradossali quali, ad esempio, la segnalazione alla Centrale Rischi di chi abbia sollevato una (ragionevole, come a breve vedremo) eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c., o di un debitore che abbia opposto un controcredito in compensazione ovvero invocato l’annullabilità del contratto per vizio del consenso. Da qui la considerazione che la segnalazione alla Centrale Rischi “deve restare una conseguenza giuridica dell’inadempimento colposo, e non può diventare una conseguenza giuridica dell’aver sollevato in buona fede eccezioni stragiudiziali di nullità del contratto” (par. 4.4).
In questa prospettiva la buona fede dell’eccezione/contestazione spiegata dal debitore assurge a parametro fondamentale della valutazione cui viene chiamata la Banca: al segnalando non basterà, per sottrarsi a quella conseguenza dell’inadempimento colposo che è la legittima segnalazione alla Centrale rischi (e che è un obbligo, e non una facoltà, per l’intermediario), sollevare eccezioni pretestuose o, comunque, della cui sostenibilità giuridica non si sia nemmeno preoccupato. Sotto quest’aspetto, osserva la Corte in un passaggio da tenere particolarmente presente dal punto di vista operativo, “può costituire una condotta colposa anche l’aver sollevato in sede stragiudiziale eccezioni rivelatisi infondate, senza preventivamente avere almeno acquisito il parere di un esperto” (par. 4.3).
Proprio in questo sta il principale profilo di novità dell’ordinanza in commento, in quanto la Suprema Corte fornisce una chiave di lettura utile ad individuare gli estremi della condotta colposa del debitore e, conseguentemente, a rendere legittima la segnalazione da parte della Banca. Il che, a contrario, significa marcare i confini di quel che può rendere illegittima, e quindi passibile di successivo risarcimento, la condotta dell’intermediario che abbia omesso di effettuare una diligente (anche se non necessariamente analitica) valutazione delle ragioni invocate dal debitore a fondamento del proprio rifiuto di adempiere.
Al riguardo i Giudici di legittimità rilevano che il giudizio sul modus operandi della Banca nel segnalare il debitore alla Centrale dei rischi “non può fondarsi soltanto sull’accertata infondatezza delle eccezioni sollevate dal debitore, ma deve estendersi a valutare la meritevolezza delle ragioni invocate dal debitore a fondamento del rifiuto di adempiere, e la diligenza impiegata dalla banca nel valutarle” (par. 4.4), dopo che già più di 10 anni or sono avevano sfiorato il tema della valutazione ex ante delle eccezioni eventualmente mosse dal debitore affermando che, ai fini della segnalazione alla Centrale Rischi, “nessun rilievo assume la manifestazione di volontà di non adempimento se giustificata da una seria contestazione sull’esistenza del titolo del credito vantato dalla banca” (Cassazione civile sez. I, 24/05/2010, n.12626)[1].
Possiamo quindi concludere queste righe osservando che, sulla scorta di quanto statuito dalla Suprema Corte, potrà risultare esente da responsabilità quell’intermediario che dimostri di aver approntato, ad esempio coinvolgendo la Funzione Legale o quantomeno l’Ufficio Reclami, un meccanismo interno teso a una rapida valutazione del contenuto delle eccezioni mosse da quei debitori per i quali si configurino gli estremi della segnalazione a Centrale Rischi. O che comunque abbia individuato, con specifico riferimento alla contestazione di un debitore, elementi che potremmo definire ‘segnaletici’ di una non sufficiente ponderazione delle eccezioni da questi mosse, come ad esempio lo svolgimento di censure speciose o da ritenersi ormai superate da giurisprudenza più che consolidata, ovvero ancora la proposizione di censure palesemente standard quali quelle prese da ‘format’ reperibili on line e prive di effettiva riferibilità alla situazione di specie. Mentre pare di poter dire che detta valutazione da parte dell’intermediario potrà esser condotta con minor rigore qualora le eccezioni vengano articolate dal debitore senza il supporto di un legale o comunque di un consulente (l’ ‘esperto’ cui si riferisce la Cassazione nel paragrafo 4.3 dell’ordinanza).
[1] Qualche spunto in tal senso era stato fornito anche dalla Giurisprudenza di merito v. Tribunale di Como sez. I, sentenza 10/10/2016, e ancor prima Tribunale di Pescara, sentenza 21/12/2006.